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Il lungo viaggio della carta a mano

Raccontare la storia della carta equivale a percorrere un viaggio nei paesi del mondo e fra gli usi e i costumi dei popoli che ne hanno determinato la nascita e lo sviluppo.

Luisa Canovi


La prima cosa curiosa da scoprire è perché la carta si chiama carta. Quando, tra l’anno 1000 e il 1100, la carta arrivò nel bacino del Mediterraneo si pensò che fosse un materiale simile al papiro, famoso da millenni come supporto per la scrittura, e le parole “paper” (inglese), “papier” (francese e tedesco), “papel” (spagnolo) ne furono la conseguenza diretta, mentre la parola italiana carta venne ispirata dal greco “chartes”, la parte più interna e più morbida del papiro, quella che dava origine ai fogli più pregiati. Per contro la carta presterà il suo nome alla pergamena, pelle di quadrupede trattata in modo tale da renderla adatta alla scrittura. La pergamena, (dalla città di Pergamo in Asia Minore), veniva accomunata alla carta col nome di carta pecora. Per bilanciare le cose un tipo particolare di carta prenderà il nome di velina dalla parola latina velinum, l’agnellino nato morto con cui si fabbricavano le pergamene più delicate.


IN CINA INVECE LA CARTA SI CHIAMÒ “ZHI” A SOMIGLIANZA DI “SI”, SETA: di nuovo quindi la parentela era costituita da un materiale per la scrittura. Il Giappone mantenne l’ideogramma ispirato al filo della seta e aggiunse alla parola “zhi” un’altra pronuncia, “kami”, questa volta ispirandosi allo stesso nome degli dei della religione Shinto. Racconta la leggenda che fu proprio una dea a regalare la carta agli uomini come una cosa buona da fare con le piante, l’acqua, l’aria e le loro mani. Gli “dei” di altre religioni la pensavano diversamente e in Europa la carta trovò infatti molti ostacoli alla sua diffusione.

In Spagna e in Italia soprattutto la Chiesa considerava la carta opera del demonio per la sua facilità di fabbricazione alla portata di tutti e la conseguente possibilità di scrivere e diffondere idee pericolose. Caratteristica della carta è assumere forme e significati diversi nelle varie culture e nei tempi in cui si è diffusa, a volte adagiandosi ad usi preesistenti a volte rivoluzionando costumi radicati.


NATA IN CINA NEL 105 D.C., DIFFUSA POI ATTRAVERSO L’ASIA, L’AFRICA SETTENTRIONALE E IL MEDITERRANEO, la carta impiegò parecchio tempo prima di assumere una personalità propria: ad esempio, rimase a lungo arrotolata come si faceva con la seta, il papiro e la pergamena prima di essere usata in fogli piani.

Spetta al Giappone diffondere la piegatura della carta che diventerà famosa col nome origami. Rispetto alla seta che non tiene la piega, al papiro che si spezza e alla pergamena troppo dura, la carta si prestava meravigliosamente alle pieghe che ne modificavano la forma, trasformandola in figure, oggetti, animali ecc.

Nei primi secoli dopo l’anno 1000, i Cinesi usavano carte ritagliate per accompagnare i defunti nel loro ultimo viaggio e in Giappone si piegavano barchette per trasportare sull’acqua le anime degli antenati o si attaccavano striscioline di carta per delimitare gli spazi sacri o ancora si appendevano all’albero del tempio altre strisce con scritto i propri desideri. Ai kami (dei) si offrivano riso, sale, frutta e altri semplici alimenti dentro contenitori realizzati piegando fogli di carta (kami). Questa sovrapposizione tra divinità e carta fa si che ancora ai giorni nostri impacchettare un dono nella carta ha il significato di avvolgere nel sacro.


CON LA CARTA, GIÀ DAL 250 D.C., IN TUTTO L’ORIENTE SI COSTRUIVANO GLI AQUILONI, CONSIDERATI MESSAGGERI DEGLI UOMINI VERSO GLI DEI. Il primo giorno dell’anno si lasciavano volare gli aquiloni dall’alba al tramonto e la sera, dopo averne tagliato i fili, si abbandonavano al loro destino lasciando che si portassero via tutte le cose negative accumulate nei mesi passati. Con gli aquiloni si combattevano anche i nemici facendo credere loro che fossero grandi spiriti minacciosi a volare sugli accampamenti.

Durante le seconda guerra furono le mongolfiere di carta usate dal Giappone contro l’America a diventare armi di combattimento, anche se in realtà il progetto di sganciare bombe dai palloni alla fine fallì. Anticamente semplici foglietti di carta washi (carta giapponese) particolarmente resistente venivano usati per soffocare il nemico nel sonno. La carta washi, che significa anche carta della pace, deve la sua perfezione a una legge severa dell’epoca feudale quando i contadini fabbricanti di carta pagavano le imposte tramite le washi: in caso di carte difettose era previsto il taglio della testa.

Usi meno drammatici si diffusero in Cina e in Giappone per fare della carta un elemento quotidiano. Dalle suppellettili in cartapesta laccata ai complementi d’arredo quali lampade, paraventi, pareti scorrevoli ed oggetti come ombrelli, ventagli, fazzoletti ecc. Con la carta ci si poteva anche vestire e si usava la carta in cucina per bollire, friggere e grigliare. Sembra che, ridotta in cenere, servisse anche come medicina per alcune malattie.


SEMPRE IN CINA NACQUE L’USO DELLA CARTA IGIENICA, DELLA CARTA MONETA, CHIAMATA ARGENTO VOLANTE CHE AFFASCINÒ MARCO POLO, E DELLE CARTE DA GIOCO favorite dalla Corte cinese come stimolo all’intelligenza.

Fu però in ambito letterario e artistico che si ebbero i più importanti cambiamenti nella vita quotidiana. La carta, infatti, permetteva, rispetto alla seta, una più ampia e veloce diffusione delle idee e della cultura.

In Asia Minore, quando la tecnica della carta arrivò a Samarcanda nel 751 d.C. incentivò scambi commerciali e culturali grazie anche alla crisi del papiro, che non veniva più esportato dall’Egitto per timore che si costituisse una biblioteca più grande di quella di Alessandria.

Gli arabi modificarono le ricette cartarie orientali adattando le materie prime indigene e fabbricando carte eccezionalmente robuste, ma creando anche la carta più leggera del mondo per i piccioni viaggiatori che trasportavano le belle e le brutte notizie in ogni angolo dell’impero. Nella cultura Islamica la dimensione dei fogli e della scrittura era direttamente proporzionale all’importanza dei rapporti interpersonali e l’uso sconsiderato di carta portò a una crisi e al bisogno di risparmiare sul numero di fogli usati. Nascono così i famosi piccoli libri scritti nei minuscoli caratteri persiani.


AGLI ARABI ERA PROIBITO RICICLARE LA CARTA PER IL RISCHIO DI DISTRUGGERE IL NOME DI DIO. In Giappone, invece si riciclava per la ragione contraria: il nome di Dio sarebbe rimasto col suo spirito dentro il nuovo foglio.

Al contrario però delle severissime leggi giapponesi i fogli di carta prodotti nei paesi arabi potevano avere macchie e imperfezioni che venivano coperte con la marmorizzazione (ebru),che diventerà vera e propria tecnica decorativa.

Da necessità virtù quindi, e dalla necessità di fabbricare libri senza sprechi di carta nacquero a Baghdad le prime forme di razionalizzazione dei formati con misure compatibili fra loro.


SARÀ L’OCCIDENTE, IN TEMPI RECENTI, A RAZIONALIZZARE LE MISURE E LE GRAMMATURE DELLA CARTA. Sempre occidentale l’invenzione della filigrana, scoperta casualmente da un filo caduto nel foglio ancora bagnato.

Quando arrivò in Egitto e successivamente in Italia, la tecnica della carta si adattò a ciò che si trovava in loco e cioè il lino e il cotone, così come altrove si era adattata al gelso e ad altre fibre. Come spesso succede, l’abbondanza di un materiale si trasforma in carenza quando l’uso si diffonde in modo rapido e crescente. In Egitto, ad esempio si arrivò a defraudare le mummie delle loro fasciature per fornire il lino alle cartiere, col risultato che se ne proibì l’uso nella carta.

In Italia, dal 1700, la moda di indossare biancheria intima di cotone favorì l’utilizzo di fibre di stracci nella fabbricazione dei fogli; ma di nuovo, quando la richiesta diventò pressante, gli straccivendoli andarono a rubare lenzuola negli ospedali e sudari negli obitori. In questo caso si proibì di coprire i morti col cotone proprio per impedirne i furti.


IN EUROPA LA CARTA DI COTONE CAMBIÒ IL MODO DI VIVERE. Dopo il 1450, infatti, con l’introduzione delle tecnica della stampa, la cultura dai monaci amanuensi iniziò a trasferirsi a tutta la popolazione. Se pochi potevano permettersi una costosa pergamena, meno ancora erano in grado di leggere e scrivere, ma con l’arrivo della carta e della stampa, più semplici ed economiche, la diffusione della cultura venne favorita in modo rapido e capillare.

La richiesta di quantità sempre maggiori di carta per l’editoria, e non solo, porterà alla ricerca di altre fibre sostitutive quali la cellulosa di legno e soprattutto alle innovazioni tecnologiche per trasformare la fabbricazione della carta da manuale a meccanica. Da quel momento la storia della carta a mano si trasforma in storia industriale. •

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