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Piccoli grandi editori per piccoli grandi lettori

Tu faresti l’editore oggi? Evidentemente c’è ancora qualcuno che a questa domanda risponde sì. E non si capisce se in costoro prevalga l’intelligenza caparbia o la beata incoscienza.

Ferruccio Giromini

Italiani sempre più analfabeti? Di ritorno o meno, questa è la tesi che sostengono molte inchieste recenti, statistiche alla mano. Sta di fatto che l’invadente televisione, malgrado la bassa qualità delle sue proposte, tuttora avanza e sopravanza; e sempre più cittadini dello Stivale, questo Paese-dei-miei-stivali, non si vergognano di annunciare a chiarissime lettere che non amano leggere “perché gli sembra di perdere tempo”, “perché gli ricorda la scuola”, risposte che testimoniano la reale drammaticità della diffusione della cultura sul territorio fisico e mentale della nazione. La spiacevole ma inevitabile conclusione è che oggi la scuola italiana insegna a disamare la lettura, a farla sembrare un’attività triste e inutile. Non sarà affatto facile risalire questa rovinosa china. Eppure esiste ancora qualche manipolo di audaci e incoscienti guastatori di tale sconfortante status quo. Esiste ancora qualcuno che crede nel libro, nel bel libro, e segnatamente nel bel libro per bambini, lettori del domani.

 

TU FARESTI L’EDITORE OGGI? Evidentemente c’è ancora qualcuno che a questa domanda risponde sì. E non si capisce se in costoro prevalga l’intelligenza caparbia o la beata incoscienza. Noi tutti li ammiriamo, ma sotto sotto non li invidiamo. Perché deve essere vita piuttosto dura, la loro. Malgrado, certo, qualche bella soddisfazione ogni tanto. Intendiamoci, non si parla qui dei cosiddetti “grandi” editori, che oggi non sono più quelli di una volta, ovvero quelle famiglie di imprenditori della formazione intellettuale (gli Einaudi, i Mondadori, i Rizzoli, i Bompiani, i Feltrinelli, i Fabbri, i Laterza, i Rusconi…) che seppero acculturare varie generazioni di italiani fino a crescere anche troppo, per aziende a conduzione familiare, pertanto destinati a trasformarsi societariamente, e poi a dover sottostare alle regole dell’imprenditoria capitalistica che non mette più la diffusione culturale al primo posto nei propri pensieri. Non esistono più gli editori “puri”, nel feroce mercato attuale. Oggi riuscire a scavarsi una nicchietta negli scaffali delle alcune migliaia di librerie tra Val d’Aosta e Sicilia è impresa ardua come prima mai, anche per chi abbia stretto alleanze giuste, con promotori più abili di altri, con distributori meno disinvolti di altri... È anche per questo che le buone case editrici nuove non nascono come funghi, ma piuttosto si trovano di tanto in tanto, per buona ventura, nascoste, come tartufi.

 

OGNI CASO ESEMPLARE È ANCHE UN CASO ECCEZIONALE. Prendiamo per esempio, appunto, una delle casette editrici più eccezionali del momento, Topipittori (strano nome? c’è un perché: “I topi pittori” era il titolo di una fortunata storia per bambini con cui la scrittrice Giovanna Zoboli, cofondatrice dell’impresa editoriale con Paolo Canton, aveva vinto un concorso letterario anni addietro). La nascita, lieto evento, è effetto diretto dell’attività dei due genitori, copywriter di lungo corso – titolari a Milano dell’agenzia di comunicazione aziendale ed editoriale Studio Calamus – che a un certo punto decidono di non limitarsi più a sfornare prodottini belli pronti per altri, ma di confezionarseli in piena autonomia. È per questo motivo che molti testi sono firmati direttamente dalla stessa Zoboli, che gioca in casa dando libero sfogo alle sue sacrosante voglie di libertà espressiva; mentre per le illustrazioni si chiamano a raccolta collaudati artisti amici, o giovani di bellissime speranze. I risultati non si fanno attendere: libri di grande personalità, agili e innovativi, ben diversi dal museo delle cere dominato dai mastodonti dell’editoria per bambini nazionale. I faticosi problemi per imporsi non mancano, certo; né i tempi di penetrazione sul mercato sono immediati. Però l’attività costante con le librerie specializzate e le biblioteche per ragazzi, e ovviamente l’insolita qualità delle proposte, attente tanto alla scrittura quanto all’immagine, nel giro di appena tre anni fanno sì che i Topipittori diventino una realtà elegante e imprescindibile del già ingessato panorama italiano. Prova ne sono i premi e le segnalazioni ufficiali, che da subito fioccano numerosi anche all’estero. Canton & Zoboli continuano così imperterriti, però misurando con attenzione passi mai più lunghi delle loro gambe, con pochi (ma buoni) titoli all’anno, e permettendosi anche di rifiutare già un’offerta di acquisto della loro creatura da parte di un editore grosso, cui in realtà interesserebbe più lo sfruttamento del marchio benemerito che davvero l’ampliamento di quella coraggiosa linea editoriale.

 

LA CURIOSITÀ DEL PUBBLICO SI STIMOLA ANCHE COL NOME SCELTO. La riconferma arriva da un’altra piccola impresa di buon successo, nata a Roma nel 2001: Orecchio acerbo. Che una dei soci fondatori si chiami Fausta Orecchio spiega solo metà dell’arcano; l’altra metà ha origine da una famosa poesia del nume della letteratura per l’infanzia Gianni Rodari, indimenticato autore della Grammatica della fantasia, i cui versi introduttivi filastroccano: “Un giorno sul diretto Capranica-Viterbo / vidi salire un uomo con un orecchio acerbo. / Non era tanto giovane, anzi era maturato, / tutto, tranne l'orecchio, che acerbo era restato. / Cambiai subito posto per essergli vicino / e poter osservare il fenomeno per benino”… La fantasia al potere, dunque, un’altra volta. Ma in questo caso gli audaci spaccamontagne dell’editoria per bambini (l’altro genitore, quello escluso dalla denominazione della ragione sociale, è Simone Tonucci) provengono dal mondo del graphic design, e chiaramente sulla grafica originale puntano. I loro libri si caratterizzano dunque per caratteristiche progettuali e tecniche quanto mai inusuali, a partire dalla scelta dei caratteri e dalle impaginazioni particolarmente “dinamiche”, per finire con scelte raffinate di carte e soluzioni controcorrente di legatura e confezione finale. Anche qui, lodi e premi a non finire per molti titoli in catalogo, ma pure – ahi, ahi – obiettive difficoltà di sopravvivenza nella giungla cartacea corrente. I desideri si scontrano con la realtà. Se i numeri dell’editoria italiana sono quelli che sono (circa 4.500 editori, per 60.000 titoli all’anno, 160 al giorno), gli stessi orecchi acerbi sentono chiaramente che, in teoria, non c’è bisogno di una nuova casa editrice. Dichiarano con onestà che non si propongono di colmare alcun vuoto, né di fare qualcosa di nuovo.

Condensano il loro “progetto” in cinque ottimi “punti fermi” attorno a cui far girare strettamente il proprio lavoro – “1: Ci piace il nostro lavoro e ci piacciono i libri; 2: Una grafica attenta e consapevole; 3: Le illustrazioni; 4: Le storie; 5: Non abbiamo fatto ricerche di mercato” – ma evidentemente, lavorando in Italia, l’entusiasmo non basta.

 

SONO DAVVERO INDISPENSABILI LE RICERCHE DI MERCATO? Non è detto. Se ne può pure fare a meno, ma bisogna andarci molto cauti, non si può osare troppo. Sembra quasi che editare libri innovativi per bambini sia un’attività meglio sostenibile come hobby che come prima professione. Anche le più anziane Edizioni Corraini, altra punta di diamante nazionale in questo genere di produzioni, stanno in piedi perché si appoggiano altrove: nella fattispecie alla omonima galleria d’arte contemporanea, a Mantova, dove Marzia e Maurizio Corraini incrociano l’attività espositiva con quella editoriale, con un metodo da “officina” ispirato direttamente agli insegnamenti del grande designer Bruno Munari, che aveva collaborato con la casa editrice per ben vent’anni. Il metodo editoriale munariano era (e resta) essenzialmente sperimentale, un processo di design totale che coinvolge ogni fase esecutiva, fino in tipografia e legatoria; una festa per l’intelligenza, ma proprio per questo di difficile penetrazione tra il pubblico generico del Belpaese.

 

È QUASI INEVITABILE LASCIAR CADERE LE BRACCIA. Ma bisogna riconoscere che a volte, inaspettatamente, le buone proposte riescono ad avere anche buoni ritorni. La stessa Marzia Corraini, che è tra gli otto fondatori del fortunatissimo Festivaletteratura di Mantova, lo sa bene. Se appunto funzionano alla grande, richiamando vasti pubblici entusiasti, i vari festival della Scienza, della Mente, della Filosofia e dell’Eccetera, perché mai bisogna continuare a pensare che la battaglia della cultura sia sempre e comunque persa in partenza? L’Italia ha molto bisogno di eroi valorosi come questi, che si addossino l’immane e ingrato compito di educare le nuove generazioni al bello. Vanno sostenuti e incoraggiati. Ricordiamoci almeno di comprare e regalare i loro libri, anche a costo di cercarli con qualche fatica in libreria.

E scopriremo che in molti casi non sono semplici libri per bambini, né semplici bei libri per bambini, ma proprio semplici bei libri per tutti. E perché mai il libro illustrato dovrebbe restare confinato nelle mani dei piccoli? Non lasciamogli questo privilegio. 

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