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Il settore tissue e le sue prospettive secondo l’ETS Symposium

Il Perini Journal da sempre attento alle dinamiche che muovono il mercato del Tissue ha incontrato Roberto Berardi, dal 2005 Chairman dell’European Tissue Symposium (ETS) promotore e responsabile del Tissue Growth Task Force, il gruppo di lavoro formato dai direttori di marketing delle principali aziende di trasformazione europee.

Maura Leonardi

 

PERINI JOURNAL: QUAL È LA SUA OPINIONE IN MERITO AL MERCATO DEL TISSUE E ALL’INDUSTRIA DI TRASFORMAZIONE? QUALI SONO A SUO AVVISO GLI ELEMENTI DI CRITICITÀ DEL MERCATO E LA CONSEGUENTE RISPOSTA DELLE AZIENDE PRODUTTRICI?

ROBERTO BERARDI: Negli ultimi anni settori come il Tissue (ed anche altri come detersivi, cibi in scatola, snacks, etc.) sono stati fortemente caratterizzati da fenomeni di polarizzazione verso gli estremi. La quota dei classici prodotti “mainstream”1– nel cuore del mercato – si va indebolendo, perché alcuni consumatori preferiscono oggi in queste categorie il “down-trading” (ovvero accontentarsi di prodotti accettabili, che costano meno), anche per la propensione del sistema distributivo a seguire troppo nei suoi assortimenti l’esempio degli Hard Discount, enfatizzando troppo i prodotti di primo prezzo.

In altri casi invece (per esempio in Inghilterra) i distributori, pur offrendo anche dei prodotti economici, danno spazio e supporto promozionale ai prodotti più innovativi ed a maggiore valore aggiunto, e la crescita “a valore” della categoria ne beneficia, mentre un importante numero di famiglie attua “l’up-trading” (ovvero si permette prodotti di più elevata qualità).

La risposta della Georgia Pacific negli Stati Uniti di fronte a questi fenomeni sono prodotti “quilted” che invitano esplicitamente al “Trade Up” ed altri no frills2, strettamente value oriented (Angel soft).

Da uno studio svolto da Boston Consulting Group è emerso che in Italia accade esattamente lo stesso, anche per il Tissue. Comunque, fino al 2004, la crescita dei mercati tissue in Europa è stata piuttosto robusta, attorno al 3,5% in volume all’anno, con livelli ancora più alti per i rotoli per cucina. Crescite particolarmente accentuate si erano manifestate in Francia, Spagna, Portogallo, Irlanda e più modeste nei paesi Nordici, Germania e Italia. Il 2005 è stato un anno di notevole appiattimento nella crescita del mercato soprattutto a valore, mentre il 2006 è stato migliore, in particolare in paesi come l’Inghilterra, ma anche Italia e Spagna sono tornate a crescere a valore. Da sottolineare che la categoria dei rotoli per cucina è cresciuta attorno al 4% a valore nel 2006 in Italia, probabilmente proprio grazie allo sforzo di innovazione compiuto dai leader di mercato. Alla domanda cosa possono/devono fare le aziende produttrici, posso affermare che la risposta al down-trading si può sintetizzare nella formula “BLCR”: “Basic, Low-Cost, Reliable”. Il prodotto deve contenere “solo” quegli elementi tecnici e funzionali che sono rilevanti per i consumatori orientati al risparmio. Vince chi ha costi più bassi, quindi garantire la qualità necessaria e poi efficienza, efficienza, efficienza! Per il segmento up-trading la formula segreta è invece “DSPD”: “Demonstrably Superior and Pleasingly Different”. I prodotti devono offrire vantaggi tecnici, funzionali ed anche emozionali tali da meritarsi un premium price. Ovviamente per questo segmento la formula è: innovazione e differenziazione!

 

PJL: DAL 2005 LEI È ATTIVAMENTE IMPEGNATO NELL’ETS, A DISTANZA DI DUE ANNI QUALI SONO LE ATTIVITÀ POSTE IN ESSERE E GLI OBIETTIVI RAGGIUNTI E QUELLI ANCORA DA RAGGIUNGERE?

RB: L’European Tissue Symposium ha seguito negli ultimi due anni due filoni fondamentali di attività: uno orientato ad aspetti regulatory ed ambientali, uno rivolto alla promozione del mercato. Del primo è responsabile Reinhold Schadler, il secondo aspetto è sotto la mia diretta responsabilità. Dal primo luglio 2007 ho assunto l’incarico di Chairman dell’ETS, con il compito anche di valutare quali azioni negli scopi ed attività della associazione potrebbero essere auspicabili a fronte dei numerosi cambiamenti che stanno intervenendo sia a livello legislativo che di mercato. Ricordo che all’ETS sono associate Aziende del settore Tissue che rappresentano circa il 90% della capacità produttiva Europea, eppure mancano ancora parecchie aziende, soprattutto Italiane.

Il gruppo che si occupa di aspetti regulatory ed ambientali ha ottenuto importanti risultati in aree come: l’ottenimento di una maggiore chiarezza sulla regolamentazione REACH3 per i prodotti chimici, anche per gli aspetti più rilevanti per il tissue, come per esempio fibre vergini e riciclato; la realizzazione ed approvazione di linee guida relative a prodotti destinati ad un breve contatto con gli alimenti; lavoro su certificazione forestale, che ha portato l’ETS ad essere membro straordinario del PEFC4 e ad intrattenere analoghe discussioni con l’FSC; lavoro su opportunità e rischi presentati da utilizzi energetici delle biomasse.

Per quanto riguarda il gruppo che ho presieduto, chiamato Tissue Growth Task Force, ad esso partecipano le maggiori aziende Europee, con l’obiettivo di promuovere la crescita della domanda e la differenziazione nella categoria, sviluppando una migliore conoscenza delle categorie tissue da parte dei clienti in 15 paesi Europei. Sono stati già effettuati tre mailing ai 500 più importanti clienti Europei, affrontando le categorie della carta igienica, dei fazzoletti e recentemente anche dei rotoli per cucina e dei tovaglioli, mostrando esempi specifici di innovazioni, attuate dai diversi produttori, che hanno determinato in Europa e nel mondo crescite significative della intera categoria o dei segmenti a maggior valore aggiunto.

E’ un’area di lavoro potenzialmente molto vasta ed importante e la definizione di ulteriori iniziative volte alla promozione del mercato fa proprio parte del lavoro che mi appresto a svolgere. Si è già comunque deciso di avviare una iniziativa in campo AFH volta a fare conoscere al mercato i vantaggi offerti, anche dal punto di vista igienico, dagli asciugamani di carta rispetto a soluzioni alternative come l’aria calda o la stoffa. Questa iniziativa si svolgerà in Autunno.

 

PJL: NEL CONTESTO ATTUALE STANNO ASSUMENDO NOTEVOLE IMPORTANZA LA DIFFERENZIAZIONE E LA VALORIZZAZIONE DEL “PRODOTTO TISSUE” DA SEMPLICE COMMODITY A PRODOTTO DI NICCHIA. QUALI SONO ANCORA GLI OSTACOLI CHE DETERMINANO UNA CONDIZIONE DI “CENERENTOLA” DI QUESTI PRODOTTI SULLO SCAFFALE?

RB: Il fatto è che i prodotti tissue possono dare grandi soddisfazioni ai produttori ed ai distributori o possono diventare prodotti commodity, con tassi di crescita modesti ed anche margini ridotti all’osso.

Che diano l’uno o l’altro risultato dipende in larga misura da come vengono gestiti, si può parlare di “profezia auto-avverante” o self-fulfilling prophecy come dicono in America. Gli Hard Discount sono in crescita in molti paesi Europei ed attuano, non solo per i prodotti tissue, strategie di gamma molto ristretta e costi strutturali ridotti all’osso. E’ una strategia che ha senso per loro, data la loro struttura e le loro scelte di fondo, anche se a dire il vero sempre di più si comincia a notare l’apparire, anche negli Hard Discount, dei più importanti prodotti di marca. Il problema è che anche distributori strutturalmente assai lontani dagli Hard Discount ne copiano a volte la strategia e questo ha assai poco senso. Chi va all’Hard Discount si aspetta una scelta limitata, ci va per fare del down-trading; ma chi va in un bel Supermercato si aspetta un assortimento più ricco, con una esposizione che rispecchi correttamente “l’albero delle decisioni” compiute dal consumatore, chiare indicazioni sullo scaffale, i prodotti innovativi ben presentati, etc. In un bel Supermercato ci si aspetta anche di vedere promozionati e messi in primo piano prodotti di alta qualità, e non prodotti di primo prezzo, come spesso accade, altrimenti tanto vale andare all’Hard Discount! Dunque è essenziale che produttori e distributori collaborino a definire per le diverse categorie (e per il tissue in particolare) la migliore segmentazione degli scaffali, quella che porta al massimo valore della categoria (che spesso coincide anche con il miglior profitto per il distributore stesso). Inoltre è importante che le innovazioni introdotte sul mercato non vengano gravate da eccessivi “listing fees”, che finiscono col ridurre le risorse disponibili per fare conoscere questi prodotti innovativi ai Consumatori.

Generalizzando forse un po’ troppo, direi che i distributori anglosassoni (sia in USA che in UK) supportano maggiormente il decollo di prodotti innovativi, mentre nell’Europa continentale si frappongono spesso maggiori ostacoli distributivi ai nuovi prodotti. Comunque, come accennato nella prima risposta, per ciascuno dei loro prodotti le aziende produttrici devono chiedersi se la loro natura è “BLCR”: “Basic, Low-Cost, Reliable” o “DSPD”: “Demonstrably Superior and Pleasingly Different” ed agire coerentemente di conseguenza su tutti gli elementi del marketing mix, compresa qualità di prodotto, look della carta, packaging, comunicazione, promozione.

 

PJL: IN MERITO AL PROBLEMA ENERGETICO E ALLE NECESSITÀ DI TROVARE FONTI DI ENERGIA ALTERNATIVA QUALI SONO A SUO AVVISO LE PROSPETTIVE FUTURE DELL’INDUSTRIA DI TRASFORMAZIONE? IN CHE MODO IL SETTORE PUÒ FAR FRONTE A QUESTO IMPORTANTE PROBLEMA? IL RICICLATO PUÒ DIVENTARE UN’ALTERNATIVA O I COSTI SONO ANCORA TROPPO ELEVATI?

RB: Con la scarsità di petrolio presente ed annunciata, esiste un qualche rischio che l’uso energetico di biomasse, come per esempio il legname, le renda più care per altri usi, come per esempio per la produzione della carta.

Va comunque considerato che non sembra molto intelligente fare crescere alberi per poi bruciarli immediatamente. E’ vero che, diversamente dal petrolio, rappresentano comunque una fonte energetica rigenerabile, ma c’è di meglio che liberare subito attraverso la CO2 il carbonio che hanno accumulato negli anni. Sembra molto più ragionevole usare gli alberi per produrre oggetti in legno e prodotti in carta, che in effetti diventano “magazzini” che trattengono imprigionato il carbonio nel tempo (che poi diventerà CO2) e quindi ne ritardano il rilascio nella atmosfera.

Ed alla fine della loro vita utile queste fibre saranno anche utilmente bruciate, trasformandole in energia e c’è poco da scegliere… anche CO2!

Questo vale sia per i prodotti in carta realizzati con fibre vergini che per quelli fatti con fibre provenienti da riciclo. Il riciclo, pur rincarato a fronte della grande domanda cinese, è una alternativa già oggi per alcune tipologie di prodotto: non si deve chiedergli la massima morbidezza o assorbenza, ma per certe applicazioni va benissimo. Per massimizzare la possibilità di aumentare la vita utile delle fibre, il punto è quello di massimizzare ed ottimizzare la raccolta differenziata, implementata bene in alcune zone d’Europa e anche d’Italia, ma ahimè ancora molto carente in altre!

Per quanto riguarda l’industria di trasformazione la tecnologia, in particolare i controlli elettronici, possono certamente aumentare le rese energetiche e quindi contribuire a ridurre i consumi.

 

PJL: PRIVATE LABEL. RISCHIO O OPPORTUNITÀ PER LE AZIENDE CHE PRODUCONO TISSUE? E PER I BRAND UNA SFIDA O UN OSTACOLO?

RB: Anche per le Private Labels è necessaria una visione articolata, che posizioni chiaramente ciascuna di esse nei segmenti Up-trading o Down-trading. In alcuni settori, per esempio di cibi pronti, alcune aziende della distribuzione, soprattutto in Nord America ed in Inghilterra, hanno sviluppato delle Private Labels talmente Premium da essere il meglio assoluto disponibile in quel mercato, superiori alle migliori marche nazionali. Tale è l’esempio della linea “President Choice”, che, nata come marca privata della catena Canadese Loblaw, viene ora venduta anche da altre catene o di alcuni prodotti Tesco Finest. Per i prodotti Tissue forse è difficile arrivare allo stesso punto, dati gli enormi investimenti per produrre per esempio prodotti TAD, ma comunque i distributori possono ben usare la loro forza in termini di location e gestione degli scaffali per promuovere delle Marche Private di qualità alta e differenziata, che li distinguano da altri distributori meno in grado di seguirli su quel terreno. Possono affiancare ad esse, magari con un ruolo complementare, offerte “value”, orientate ai consumatori propensi al down-trading. Direi che per l’Europa Tesco fa scuola in questo. Mi sembra si possa dire che anche per le Marche Private, almeno per negozi di una certa metratura, si deve andare verso un’offerta articolata, che preveda almeno due livelli qualitativi, con l’obiettivo di coprire segmenti di mercato diversi.

 

PJL: UNO SGUARDO AD ORIENTE: IL FENOMENO CINESE CREDE CHE POSSA DIVENTARE UN PERICOLO PER LE AZIENDE EUROPEE? (IN TERMINI DI PRODUZIONE E DI TECNOLOGIA).

RB: C’è un importante scambio di prodotti dentro l’Europa, globalmente le importazioni da paesi extra Europei sono assai modeste, come ha dimostrato anche lo studio su capacità e produzione che l’ETS svolge da tre anni. E’ quindi molto improbabile che veniamo invasi da prodotti finiti tissue Cinesi, non solo perché la Cina deve comunque comperare altrove le sue materie prime (per inciso: compra molta carta da riciclare proprio in Europa!), ma soprattutto perchè i costi di trasporto su tale scala sono proibitivi per prodotti finiti di valore intrinseco relativamente modesto, con limitata incidenza dei costi del personale, e parecchio voluminosi. Detto questo, va sottolineato che è in atto qualche prova di esportazione verso gli Stati Uniti di produzioni Cinesi ed Indonesiane di buona qualità, fatte su grandi macchine continue moderne. Una possibilità è che vengano create delle fabbriche di trasformazione negli Stati Uniti, che usino rotoloni Asiatici, visto che è più economico trasportare i rotoloni che il prodotto finito. Tuttavia sembra che il governo cinese stia decidendo un’imposta del 17% (non recuperabile all’export) sull’importazione di cellulosa, perché sembra non interessi loro favorire un settore che utilizza una quantità di manodopera limitata, ma ha importanti fabbisogni energetici.

 

PJL: MERCATI DELL’EST. QUALI SONO LE POSSIBILITÀ DI SVILUPPO?

RB: Non c’è dubbio che i paesi emergenti Europei mostrano tassi di crescita notevoli nel tissue. Per esempio l’attesa di crescita a volume per i prossimi anni nei paesi dell’Europa occidentale è non lontana dal 3% annuale (una crescita niente male considerando che certe altre categorie merceologiche sarebbero ben liete di crescere così), ma quella prevista per l’Europa Orientale è attorno al 7% annuale. É indubbio quindi che una parte considerevole dei futuri investimenti nel tissue sarà coerentemente localizzata in tali paesi, per aiutarli a portare gradualmente il loro consumo pro capite dagli attuali circa 3 kg (peraltro attualmente con grandi escursioni rispetto a questa media) verso valori più simili a quelli dell’ Europa occidentale, che sono attorno ai 15 kg pro capite. Se poi vogliamo dare uno sguardo fugace a paesi come la Cina, negli ultimi anni il tasso di crescita del tissue è stato di circa l’8% annuo ed è probabile che si mantenga su questi valori per diversi anni a venire, cosa del tutto logica considerando il tasso di crescita del GDP ed il modesto consumo pro capite attuale (sui 2,8 kg).

 

PJL: LOGISTICA E TRASPORTI. COME SI POSSONO MIGLIORARE?

RB: Un importante progetto recentemente implementato dall’ETS è quello di cercare di diffondere l’utilizzo di pallet doppi sovrapposti anche in Germania, in modo da utilizzare meglio la cubatura dei camion, come già avviene in diversi altri paesi Europei. Si stanno quantificando i risparmi che questa soluzione genererà ed anche gli investimenti necessari per produttori e distributori per realizzarla, collaborando anche con due tra le più importanti catene della distribuzione.

Anche attività di benchmarking sui costi di trasporto, attuate dentro l’ETS, possono dare un importante contributo di ottimizzazione. Questi studi di ottimizzazione ed anche le altre attività descritte sopra vengono svolti utilizzando soprattutto risorse interne aziendali, stando attenti a tenere bassi i costi organizzativi dell’ ETS o di consulenti esterni.

Anche per questo mi sembra auspicabile una sempre più larga partecipazione all’ETS ed alle sue attività da parte delle Aziende del settore anche di dimensioni medie o anche piccole, sicuro che possono trarne vantaggi che superano di gran lunga la modesta quota associativa. •

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