Non è letteratura, ne esibizione d’immagine. Presentano un prodotto all’origine poco appariscente ma con una sua storia millenaria, necessario e di moderna attualità. I cataloghi della carta che illustrano le tipologie, i colori, la consistenza, la resa tipografica del mezzo, sono oggi artefatti progettati come vere e proprie opere di design grafico, se non addirittura artistico.
Davide Lorenzon
Viviamo in un mondo di carta! Intorno a noi, non tutto, ma tanto è progettato e costruito sulla carta. La semplice scelta della lettura di questo numero di “Perini Journal” ci fa toccare carta, di grammatura consistenza, qualità diversa.
Un panorama edificante, fisico-tattile, sviluppato su un elemento da sempre neutrale, ma da qualche tempo anche con svariate personalità di rilievo, sempre comunque manipolabile e inteso a supporto del progetto.
La trasformazione della carta in “qualcos’altro” è ininterrottamente un gusto per gli occhi, positivo in genere, necessario alla cultura che nel ripresentarsi e diffondersi attraverso questa materia, ne esalta la millenaria scoperta e ne storicizza l’eterna utilità.
LA METAMORFOSI DELLA CARTA in certe creazioni, trasforma l’elemento in meta-linguaggio. Da foglio in piano stampato in bianca, otteniamo con le giuste pieghe una “bag” di moda, contenitiva e robusta che veicola brand e messaggi a loro volta indicatori di un probabile percorso d’acquisto.
Diverse carte accoppiate, fustellate, sovra o sotto impresse, esaltano i nostri gusti e la curiosità verso certo packaging e il suo contenuto. Un foglio dietro l’altro pieni di fitte lettere stampate in nero è un libro, senza parole un quaderno, solo ad immagini un catalogo, con spazi cadenzati un’agenda, mentre con carta pergamena si premia. Etichette, denaro, poltrone, matite, coriandoli, rivestimento estetico, isolante acustico, fino ad esserci indispensabile nei posti più intimi con le sue morbidezze.
La si ricicla e ritorna in un gioco creativo ancora più sofisticato ed eco-compatibile. La si assembla con tutto: stracci, paglia, alghe, plastica, fiori, polveri minerali, chimica da laboratorio…
Dopo una qualsiasi manifestazione popolare ci si cammina sopra e si appiattiscono le mille forme in cui l’abbiamo usata. La si scambia sotto forma di biglietto da visita e gira per posta, in loop, intorno al mondo. La si piega simbolicamente in origami, la si assembla in 3D, la si colleziona in moltissimi artefatti. La si fa poeticamente volare, e ancora nulla, come una nostra firma sopra un contratto stampato su carta, ci dà la sicurezza di un accordo decisivo e sempre verificabile anche legalmente. Non si mangia ma è utile per proteggere e contenere cibo caldo, freddo, unto, morto o vivo.
Si sprecano i modi di dire, le frasi fatte e i detti popolari che la includono: essersi incartato; …rimasto sulla carta; carta canta; essere uomo di carta. E, forse, più che l’occidente, l’oriente da sempre ne fa una filosofia. Per certe persone è un leit motiv educativo, professionale, artistico per tutta la vita.
In sostanza, un po’ per tutti, vale il concetto “che non si può farne a meno”, sia per i bassi costi di produzione, sia per il suo impiego scontato. Per questo, in un modo o nell’altro, il nostro quotidiano è pieno di carta e inconsciamente non ce ne accorgiamo.
Goffrature e marcature con timbri a secco, dorature, opalescenze, iridescenze, metallizzazioni, tutto è sulla carta una selezione creativa connessa a significati, ma anche il supporto stesso si propone oggi con alla base le stesse matrici, in una continua ricerca di logiche commerciali ed estetiche non secondarie.
LA CARTA DUNQUE È UNA SCELTA, da operare con attenzione per il progettista di comunicazione e di servizi, ed è per l’utente un’alleata con cui ci si ritrova spessissimo in ottimo accordo, sia fisico che intellettuale.
Senza esagerare si può definire un elemento etico come pochi, un prodotto dall’aspetto pulito con una sua leggerezza e una sua raffinatezza, di grande utilità per i singoli individui a cui sottende il suo “spessore” per la costruzione delle idee.
Per tutte queste caratteristiche, immobili prima della scelta, esaltate dopo il suo utilizzo, la carta viene posta nella modernità al centro di una continua progettazione e moltiplicazione di se stessa, distribuita in una miriade di formati, gradazioni, sostanze, grammature, consistenze, riflessioni di luce.
La ricerca industriale arrivata ai modelli depositati e alla filigrana personalizzata per l’utente, offre al creativo che inventa, come all’azienda che produce merci da veicolare, una infinita quantità di requisiti cartacei adatti ad ogni sfumatura macro e micro operativa sia grafica che cartotecnica.
Ma la scelta di questa materia a supporto dell’idea, necessaria alla distinzione progettuale del prodotto, tra effetto estetico e uso pratico, come avviene? Come si decide il supporto che valorizzerà il pensiero che si fa oggetto, merce di scambio, involucro a valore aggiunto con prestigiose prerogative?
LA CARTA SI SPIEGA E SI SCEGLIE, TOCCANDOLA, GUARDANDOLA ATTRAVERSO RACCOGLITORI VIRTUOSI, CAMPIONARI O MEGLIO, CATALOGHI utili a diffondere l’oggetto/concetto, diventando essi stessi veicolo indispensabile allo sviluppo della proposta creativa e di comunicazione.
Anch’essi costruiti su e per la carta, con finiture e consistenze al rialzo che contribuiscono al diffondersi in maniera ordinata ed esplicativa di un messaggio culturale, pur essendo mezzi di servizio e strumenti di lavoro.
Per ispirare le scelte del progettista anticipando tendenze di graphic design o abbinamenti tra diversi supporti poco scontati, i cataloghi della carta si trasformano per eccesso, in vere e proprie opere editoriali o preziosi volumi. Una logica inventiva che attraverso l’esempio di “cosa si potrebbe fare”, o “cosa si potrebbe ottenere”, se non “come si può stampare”, tende al distacco del supporto dal prodotto finale, con soluzioni a volte supreme.
Ma la carta che copre una vasta gamma delle attività umane che entra nella filosofia d’impiego quando la società diventa civile e protesa allo scambio di informazioni, immagini, servizi, non può essere contenuta, per le sue tante tipologie, in un’unica presentazione d’uso. Ecco che la diversificazione del supporto per il diverso utilizzo, artistico, di pregio, per il packaging, da corrispondenza, viene espressa a tema o ad hoc in distinti cataloghi dal diverso valore intrinseco. Alcuni anche numerati.
ESSENDO POI UNA PRESENTAZIONE DI PECULIARITÀ I CATALOGHI PORTANO IN SÉ TUTTE LE CARATTERISTICHE DI UN CONTENITORE DI DESIGN MOLTO ARTICOLATO, spesso ambivalente tra esempi d’impiego e neutra esposizione del mezzo. Bianchi, colori e spessori sono raggruppati ed espressi in logiche sequenze definite “collezioni” quasi ad aumentarne la preziosità, aggiornate frequentemente secondo tendenze cromatiche dettate dalla moda. Guide tecniche, tabelle grafiche, schede informative e legenda di simboli, completano un impaginato serio e professionale, a volte quasi scientifico.
Offset, tipografia, serigrafia, termografia, marcature a caldo, tagli, cordonature, fustellature e incollaggi vengono usati anche per i cataloghi della carta come per i prodotti a cui è destinata, per modellarne la sostanza, un’idea per presentarne le potenzialità con Cd-Rom allegati che propongono all’utente percorsi multimediali in questo specifico mondo.
Ed anche per le metodiche digitali c’è carta e carta. In sostanza un design della comunicazione, per un mezzo in cui si distende o si distingue l’espressione umana che va oltre la semplice informazione del contenuto.
Se pur il ricambio di gusti e modalità operative portino anche questi strumenti di lavoro ad essere continuamente sotto i riflettori del perfezionismo, in evoluzione per forme e materiali, certe opere restano anche se in usura e datate, sulle librerie di un’infinità di luoghi più o meno creativi, a riprova del fatto che oltre all’utilità e alla continuità d’impiego di certa tipologia di carta, rimangono opere di stile.
Proprio su stile e contenuti sembra essersi rivolta la strategia delle cartiere che da una parte producono supporti utili all’espansione del prodotto, e dall’altra sponsorizzano o inglobano l‘operato di organizzazioni culturali e creative che si occupano della tracciabilità della moderna comunicazione visiva. Assumendosi in questo modo la responsabilità e il difficile compito della spinta all’innovativo per informazione e concretezza dell’uso, ambedue i concetti passanti inevitabilmente per questo bene di consumo.
GLI ARTEFATTI DELLA E SULLA CARTA SONO ASSUNTI A MODELLO DI RICERCA PER LA DIFFUSIONE DEL MEZZO: opere di noti artisti o solo di emergenti designer stampati “sull’ultima nata”… con forte ricerca industriale; riproduzioni di libri storici su supporto il più possibile vicino all’originale; sponsorizzazione di riviste periodiche a tema, stampate su carte sempre diverse che richiamano la tematica; mailing e gadget cartaceo che presenta se stesso “parlando” d’altro; pubblicità che definisce “sartorializzazione” l’offerta fatta su misura per ogni esigenza; boutique a tema aperte nelle capitali Europee; concorsi under trenta, per la creazione di un brand e l’immagine pubblica di un nuovo prodotto.
Non più solo l’editore, l’agenzia creativa, il singolo artista, la tipografia a tiratura limitata ma proprio chi produce carta la esalta, la sponsorizza, la usa riempiendola di contenuti e ne diffonde il pregio attraverso i cataloghi. Punta di un iceberg che affiora in un mercato colossale.
Con novità di prodotto e varietà di presentazione è chiaro che ogni merce abbia una sua continuità sociale ed economica ma se pur “leggero” il mondo fatto di carta aggiunge ed assorbe i riflessi dei nostri gusti intellettuali, di costume e di utilità, quasi che sulla sua superficie finisse e si spandesse tutto quello che siamo o saremo e attraverso di essa, lo assimilassimo gradualmente.
Ecco perché spiegare l’impiego del mezzo e delle sue forme di diffusione che mediano e sorreggono le idee, resta un esercizio utile a capire una millenaria invenzione mai fine a se stessa, anche quando è una velatura protettiva, ammiccante anche se stropicciata. •