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La sicurezza del lavoro nel settore tissue: alcuni elementi di base

La sicurezza del lavoro è oggetto di una ampia legislazione specifica che stabilisce le regole che tutte le aziende devono rispettare per garantire ai lavoratori il miglior livello di sicurezza possibile.

Ing. A. Mazzeranghi


Tale impianto legislativo, per i paesi dell’Unione Europea, è di origine comune, quindi possiamo tranquillamente affermare che tutti i paesi dell’Unione garantiscono ai lavoratori un livello minimo di sicurezza simile. I principi, poi, mediante i quali si perseguono gli obiettivi di sicurezza sono gli stessi anche al di fuori dei confini comunitari, sebbene le disposizioni legislative possano presentare differenze marcate.

In ogni caso in materia di sicurezza sul lavoro esistono leggi e norme che approfondiscono aspetti di interesse generale, che potremmo definire in qualche maniera trasversali, ovvero che si riferiscono a più comparti industriali.

Come esempi potremmo citare il rischio chimico, il rischio derivante dall’esposizione al rumore o il rischio associato all’utilizzo di attrezzature di lavoro. Mancano, invece, documenti specifici per singoli settori industriali, a meno che non si tratti di settori molto particolari o fortemente soggetti a situazioni di rischio quali le miniere, i cantieri edili o i cantieri navali.

Quindi spetta alle aziende, col supporto delle associazioni di settore e di chi ha maturato esperienze specifiche, il compito di interpretare leggi e norme in relazione alle proprie specifiche problematiche di sicurezza. In questo articolo ci proponiamo di dare una prima panoramica generale sulla sicurezza nel settore della produzione tissue volta a mettere in luce le maggiori criticità e indicare quali potrebbero essere i metodi da adottare e le possibili soluzioni, nella speranza di approfondire meglio i singoli aspetti nei prossimi numeri della rivista.


LE FONTI DI RISCHIO NEL SETTORE TISSUE. Ogni settore industriale, quale più, quale meno, presenta rischi di infortuni o di malattie professionali per i lavoratori: non esistono situazioni lavorative a rischio zero. Certamente l’entità di questi rischi varia sensibilmente: è intuitivo pensare che in una fonderia vi siano rischi maggiori che in un ufficio pubblico …

Il settore tissue si pone ad un livello intermedio: gli infortuni purtroppo accadono, anche se non con la frequenza e la gravità che si riscontrano in altri settori. Quindi è comunque necessario operare con forza per migliorare la sicurezza del lavoro nel settore, puntando ad un obiettivo a lungo termine di zero infortuni, che non sarà facile da raggiungere senza il reale coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, dai lavoratori ai datori di lavoro, senza escludere i consigli di amministrazione dei gruppi più grandi.

Per dare inizio al ragionamento dobbiamo focalizzare l’attenzione sui rischi caratteristici del settore, ovvero su quegli elementi insiti nel processo industriale del settore che sono, necessariamente, fonte di rischi anche significativi. Tali rischi possono essere mitigati e controllati con opportune misure, ma il primo passo deve comunque essere la loro precisa identificazione. Per dar ragione di questa “priorità logica” è riportato un possibile flusso della attività di valutazione del rischio e di identificazione delle misure di sicurezza, liberamente rielaborato sulla base della UNI EN 1050.

Dunque la domanda che ci poniamo è: quali sono le principali fonti di rischio, e i relativi pericoli, presenti nel settore tissue? Oppure: quali sono le fasi del processo produttivo globale ove sono presenti fonti di rischio significative?

Purtroppo quasi tutte le fasi del processo produttivo che trasformano la materia prima in carta tissue sono oggetto di rischi. Proviamo, quindi, a percorrere il processo produttivo, partendo dallo scarico e dall’immagazzinamento della materia prima per arrivare alla spedizione del prodotto finito. In questo flusso troviamo due fasi produttive propriamente dette, evidenziate in corsivo, fra le quali sono interposte fasi di movimentazione dei carichi e di immagazzinamento.

In sostanza il flusso per fasi di processo è il seguente:


1. ricevimento e immagazzinamento della materia prima

2. trasferimento della materia prima al processo di produzione della carta

3. produzione della carta

4. trasferimento delle bobine a magazzino e immagazzinamento delle stesse

5. trasferimento delle bobine alle linee di trasformazione (rotoli, tovaglioli, fazzoletti o interfogliato)

6. trasformazione della carta e confezionamento del prodotto (inclusa la pallettizzazione)

7. trasferimento del prodotto finito a magazzino

8. spedizione (carico del prodotto finito sui mezzi di trasporto)


Prendendo in esame l’insieme delle fasi di movimentazione e immagazzinamento riscontriamo fonti di rischio storicamente note e molto significative per numero di incidenti avvenuti anche in tempi recenti. I temi principali sono due: modalità di immagazzinamento dei carichi e modalità di movimentazione dei medesimi.


PER ESEMPIO UNA FONTE RIPETUTA DI GRAVI INCIDENTI È STATA LA CELLULOSA IMMAGAZZINATA IN BALLE SUI PIAZZALI; per quanto si possa fare per impedire che l’umidità raggiunga le balle facendole gonfiare, e rendendo così instabili le stive, il rischio di ribaltamento della stiva continua a sussistere a meno che non se ne contenga la altezza. Ma il problema non si ferma lì; chi scrive conosce alcuni casi di ribaltamento di pile in magazzino, per banali problemi di perdite d’acqua che hanno, anche in questo caso, inumidito le balle alla base della pila. Insomma, la questione per quanto apparentemente banale deve essere oggetto di attenzione ricordando anche che nei magazzini di materie prime circolano persone a piedi, per quanto non numerose. Un problema del tutto analogo, naturalmente, si riscontra per la materia prima riciclata.

Situazione diversa per i magazzini intermedi di bobine ove il ribaltamento del materiale è piuttosto raro, salvo nel caso di errori di manovra con carrello elevatore o carroponte. Certo è, che in caso di caduta di una bobina posta in seconda o terza posizione di una pila, l’eventuale danno per le persone può essere gravissimo.

Il rischio, invece, è nuovamente presente in forma più frequente dove il prodotto finito viene immagazzinato su pallet sovrapposti; in questo caso se nel prodotto è presente “molta aria” può accadere che il prodotto pallettizzato sul pallet inferiore della pila ceda rendendo instabile la pila medesima. Qui non sono necessarie particolari condizioni aggiuntive, a differenza del caso della cellulosa, ma tutto dipende dalla costituzione del pallet. Anche in questo caso non si può escludere che nei magazzini di prodotto finito transitino persone a piedi, salvo i casi del tutto eccezionali di prodotto stoccato in magazzini automatici, soluzione pochissimo praticata nel settore.


UN ALTRO ELEMENTO CHE HA CAUSATO NUMEROSI PROBLEMI DI SICUREZZA è stata la movimentazione meccanica dei carichi, sia mediante carrello che mediante carroponte. Nel settore specifico prevalgono le criticità di sicurezza causate dal carrello, anche per il maggiore utilizzo di questo mezzo di movimentazione dei carichi. Uno degli aspetti più critici è legato al fatto che spesso la visibilità anteriore è limitata dal carico (balle di materia prima, bobine o pallett di prodotto finito), perciò si deve ovviare a una condizione di visibilità precaria. Per quanto riguarda l’impiego del carroponte, invece, gli incidenti noti sono pochi ma le potenzialità di rischio sono elevate: cosa potrebbe succedere se si perdesse una bobina nel tragitto dalla continua alla ribobinatrice? Spesso durante la manovra vi sono persone che operano nell’area, esposte all’eventuale incidente.

Se potessimo fare una statistica degli incidenti e dei mancati incidenti nel settore ci renderemo conto che oggi molti di essi sono accaduti in relazione alle situazioni sopra esposte. Quanto meno a livello italiano, tali incidenti prevalgono per numero, ma anche per gravità, su quelli derivanti dall’impiego e dalla manutenzione delle macchine, che pure sono macchine caratterizzate da considerevoli fonti di rischio. Questo lascia intendere come nel corso degli ultimi dieci anni la sicurezza dei macchinari abbia conseguito miglioramenti davvero significativi.


MA VEDIAMO NEL DETTAGLIO ANCHE QUESTO SECONDO ASPETTO DELLA SICUREZZA. Come detto sia le macchine continue che quelle da trasformazione presentano fonti di rischio non indifferenti: rischi dovuti a organi meccanici in movimento (principalmente rulli in rotazione), a elementi taglienti (basta pensare alle lame delle troncatrici), a fluidi in pressione (principalmente vapore nel monolucido), a energie residue in caso di manutenzione (pneumatica e/o idraulica) ecc. Per non dimenticare il rischio elettrico che è comunque presente anche se, con un corretto esercizio degli impianti, a tale rischio dovrebbero essere esposti solo gli addetti alla manutenzione, che si presume siano persone adeguatamente formate e addestrate.

Storicamente gli incidenti più importanti sulle macchine continue sono avvenuti durante le operazioni di grande manutenzione o durante interventi come cambio tela o cambio feltro che comportano comunque una fortissima interazione uomo - macchina associata ad operazioni di movimentazione dei carichi e a lavori eseguiti in quota.

Durante il normale esercizio l’elemento di macchina più pericoloso è il “pope” che essendo parzialmente accessibile può dare luogo a incidenti gravi qualora una persona sia presente all’interno della zona in oggetto al momento del rilascio della bobina. Ancora sulle macchine continue ci preme osservare che gli incidenti con danni alle persone legati al collasso del monolucido, evento già di per sé piuttosto raro, sono stati fortunatamente molto pochi, vista quale sarebbe potuta essere la gravità. Ma proprio in virtù di questa è importante non trascurare mai tale fonte di rischio.

Sulle macchine da trasformazione, invece, gli incidenti più frequenti sono stati quelli sugli organi in movimento durante il funzionamento o la preparazione, o su organi di macchina che hanno avuto movimenti intempestivi derivanti da errori umani o dallo scarico di energie residue. Molti degli incidenti sulle macchine, legati agli organi in movimento, sono stati di scarsa rilevanza ma alcuni hanno avuto conseguenze gravi. Questo ha spinto i costruttori di tutte le tipologie di macchine destinate al settore ad adottare soluzioni sempre più efficaci per ridurre le possibilità di interazione fra gli elementi pericolosi e i lavoratori addetti alla conduzione delle macchine. I risultati sono stati ottimi per le normali operazioni di conduzione ma, date le caratteristiche dei prodotti lavorati, non è stato possibile ridurre a zero il livello di interazione uomo – macchina durante le fasi di preparazione e di regolazione; per non parlare della manutenzione. E poi non dimentichiamo le operazioni di cambio lama delle troncatrici.


IL COMPORTAMENTO UMANO È FRA LE CAUSE PRINCIPALI DEGLI INCIDENTI. Se andiamo a esaminare gli incidenti noti, avvenuti nel settore tissue in questi ultimi anni, possiamo osservare come nella maggior parte dei casi vi sia stato un importante influsso della componente umana. Spesso si può affermare che se le persone coinvolte avessero tutte tenuto un comportamento corretto, nel rispetto della buona pratica anti infortunistica e delle procedure aziendali, gli incidenti sarebbero stati evitati o le conseguenze sarebbero state meno gravi.

Queste considerazioni, rafforzate dalle dinamiche dei mancati incidenti e/o dei casi conclusisi con semplici medicazioni in azienda, di cui chi scrive è a conoscenza, non devono stupire in quanto dotte ricerche svolte in molti altri e diversi settori hanno portato ad attribuire al fattore umano un valore preponderante negli eventi pericolosi.

Questa considerazione nasce da una premessa ovvia che esprimeremo con alcuni esempi:


• fino a che la cellulosa dovrà essere scaricata dai camion mediante carrello elevatore ci sarà sempre la possibilità di incidenti fra mezzi o di nocumento di persone a piedi;

• fino a che le bobine verranno caricate sulle macchine da trasformazione mediante carroponte a guida manuale esisteranno sempre problemi legati a una eventuale perdita di controllo del carico;

• fino a che le macchine da trasformazione non opereranno in modo assolutamente automatico, la residua interazione uomo macchina sarà comunque fonte di rischio per le persone;

• fino a che alle spedizioni i camion verranno caricati mediante carrelli elevatori sussisterà anche qui il rischio di investimento di persone o di incidente fra mezzi.


Come appare evidente a tutti coloro che operano nel settore quelle descritte sono situazioni destinate a protrarsi nel tempo, quindi una volta fatto tutto quanto tecnicamente possibile per eliminare o ridurre i rischi, resterà sempre una considerevole parte della sicurezza affidata al comportamento umano.


LAVORARE SULLE/CON LE PERSONE. Domandiamoci dunque quale è il livello di comprensione e “metabolizzazione” del proprio ruolo nella sicurezza da parte del personale addetto, col che intendo l’intera catena che dal datore di lavoro arriva ai lavoratori.

Chi scrive ritiene di aver rilevato una situazione di scarsa conoscenza del problema, sotto tutti i suoi aspetti, da parte di molti degli protagonisti più direttamente coinvolti: lavoratori, preposti e, spesso, anche dirigenti. Se il datore di lavoro oggi potrebbe in alcuni casi ritenersi a posto dal punto di vista degli adeguamenti tecnici più importanti, certamente per la sicurezza diventa fondamentale il modo di agire degli altri soggetti indicati. In questo contesto al datore di lavoro spetta uno sforzo per informare, formare e addestrare tutte le persone che operano nella sua azienda in relazione al ruolo svolto.

Ma quale formazione? Vediamo quali sono le carenze che più spesso si riscontrano:


• scarsa comprensione del proprio ruolo all’interno della organizzazione della sicurezza aziendale. Si tratta di un aspetto che deve essere visto indipendentemente da eventuali responsabilità legali. Per evitare gli incidenti, o per mitigarne le conseguenze, deve essere chiara la catena decisionale dell’azienda in modo che l’insieme delle persone direttamente coinvolte nella situazione critica operi in forma coordinata. Altrimenti le decisioni sbagliate o semplicemente contrastanti mettono in crisi l’intero sistema;

• scarsa capacità da parte dei preposti di riconoscere il rischio e di valutarlo. È vero che per legge la valutazione dei rischi spetta al datore di lavoro, ma chiunque operi sul campo con un ruolo intermedio, quale la funzione di preposto, deve prendere continuamente decisioni che comprendono anche aspetti di sicurezza; un errore su questo aspetto, commesso quando si indica a un gruppo di lavoratori una attività da eseguire, può comportare serie conseguenze in termini di sicurezza. Per esempio chiediamoci quanto, nel settore tissue, si conosca il problema della potenziale esplosività delle nuvole di polvere di carta …

• scarsa sensibilità al rischio da parte dei lavoratori, forse derivante anche da uno scarso livello di coinvolgimento degli stessi nel “fare sicurezza” della azienda. In pratica anche a fronte di una informazione precisa accade che i lavoratori ignorino o sottovalutino i rischi a cui sono oggettivamente esposti; un caso emblematico è il comportamento di molti lavoratori a fronte di una esposizione personale al rumore.


NON VORREMMO DARE UNA FALSA IMPRESSIONE. Pur indicando il fattore umano come elemento oggi fondamentale per la sicurezza, non dobbiamo dimenticare che le aziende produttrici, i costruttori di macchine, i costruttori di altri mezzi di lavoro quali carrelli e carroponte, hanno davvero fatto moltissimo in questi ultimi dieci anni, ma ancora parecchio devono fare per raggiungere un livello di assoluta eccellenza.

Non dobbiamo inoltre trascurare il fatto che i provvedimenti tecnici adottati per la sicurezza devono essere mantenuti nel tempo: questo significa verificare ciò che appare integro e funzionante, riparare e sostituire ciò che è guasto ecc. In altri termini impostare un’ attività continua di mantenimento della sicurezza che, a avviso di chi scrive, oggi non è attuata in maniera sufficientemente decisa ed efficace.

Quindi dove si chiede uno sforzo al personale operativo per migliorare la sicurezza di tutti tramite il proprio modo di lavorare e i comportamenti, bisogna anche rispondere dando garanzie da parte della azienda sul mantenimento e/o miglioramento della parte tecnica della sicurezza. Solo su una base del genere si può concordare un vero piano di miglioramento accettabile per tutte le parti coinvolte. In futuro potremmo approfondire insieme questo aspetto che oggi è al centro di innumerevoli discussioni: quello che chi scrive spesso ha definito la “manutenzione della sicurezza”.


DUNQUE: COME MIGLIORARE? Sembra facile dire che si deve migliorare l’informazione, la formazione e l’addestramento delle persone. È vero che si tratta di una grande opportunità di miglioramento che oggettivamente è possibile cogliere, ma non è affatto semplice arrivare al risultato voluto. Non è moltiplicando le ore di formazione che si può migliorare la situazione; oltre un certo livello non è più possibile mantenere una concentrazione adeguata e di conseguenza non si percepiscono più i messaggi, né tanto meno si fanno propri.

Quindi l’unico modo è procedere per gradi, riconoscendo fin da subito il ruolo centrale degli intermedi nel fare sicurezza in azienda. I preposti (capi squadra, capi turno o capi reparto a seconda delle organizzazioni) sono i soggetti autorevoli sempre presenti sul luogo delle operazioni; quindi vedono, dirigono, insegnano, guidano il personale e, anche, lo gratificano sia direttamente che tramite l’azienda (p. es. possono proporre premi o altre forme di riconoscimento per i lavoratori più attivi in materia di sicurezza).

Quindi, vogliamo provare ad indicare in modo sommario alcune idee per migliorare l’operato dei preposti sul tema della sicurezza. Alcune proposte possono essere alternative fra loro, tutte sono state provate con successo in contesti diversi; è comunque necessario che ogni azienda stabilisca una propria strategia coerente con la propria organizzazione interna.

Vediamo nel dettaglio alcune possibilità:


• definire univocamente (e pubblicamente) l’organigramma aziendale, i ruoli e i compiti di ognuno; questa è una premessa indispensabile per ogni successiva azione di miglioramento in quanto consente a tutti gli interessati di riconoscere immediatamente la catena di responsabilità a cui si devono riferire;

• informare e formare i preposti sulle fonti di rischio presenti in azienda e sull’approccio alla valutazione del rischio: il preposto deve essere il primo a saper riconoscere il rischio e deve saperlo valutare sommariamente per poter prendere decisioni rapide su basi corrette. Questo tipo di formazione può avvenire parte in aula e parte sul campo tramite visite “accompagnate” da un valutatore esperto che poi discuterà con i preposti quanto da loro osservato; propedeutica ad ogni formazione sui rischi e sulla loro valutazione deve essere la conoscenza precisa delle fonti di rischio che spesso, in particolare per le macchine, richiede competenze che solo il costruttore può avere. Alcune fonti di rischio su cui è importante discutere nel dettaglio possono essere: rischi specifici di macchine e impianti, rischi delle attività di manutenzione, rischi elettrici, rischi legati a lavori in quota ecc.

• formare i preposti sulla comunicazione del rischio ai lavoratori: è il passo successivo, altrettanto importante, per garantire l’efficacia dell’operato dei preposti; una cattiva comunicazione del rischio ai lavoratori può essere fonte di incidenti. Ricordiamo che formare alla comunicazione è una impresa non semplice che richiede un forte adattamento a soggetti che possono avere scarse attitudini di base;

• formare i preposti sulla valutazione delle capacità e delle competenze dei lavoratori assegnati: spesso chi, come il preposto, affida un compito a un lavoratore, tiene conto delle competenze del lavoratore ma non delle capacità e delle attitudini che invece svolgono un ruolo fondamentale per gli aspetti di sicurezza; bisogna fare capire che un certo lavoratore può essere comunque inadatto a certi lavori se ha una bassa soglia di percezione del rischio;

• organizzare un sistema di raccolta delle informazioni relative alla sicurezza che faccia convergere sui preposti le indicazioni dei lavoratori; i preposti giudicheranno le indicazioni ricevute, porranno rimedio a quelle di loro diretta competenza, passeranno ai loro superiori quelle valide a cui essi stessi non sono in grado di porre rimedio.


Chi scrive ha voluto dare esempi essenzialmente relativi ai preposti, o che comunque li vedono in un ruolo centrale, perché ritiene che siano loro la chiave di tutto il sistema. Naturalmente la questione della informazione / formazione / addestramento si deve estendere ai lavoratori. In questo caso si può pensare a una formazione base sulle fonti di rischio, simile a quella dei preposti, dopo di che il ruolo principale di formatori “al lavoro” e “sul lavoro” deve essere assunto proprio dai preposti che dovranno svolgere una funzione di “tutor” del personale a loro assegnato.


CONCLUSIONI. Sembrano diverse pagine di articolo, ma in relazione all’ampiezza dell’argomento sono poche righe. Abbiamo parlato di sicurezza senza nominare leggi; è stata una scelta volontaria perché la sicurezza ha un valore sociale e aziendale che supera ampiamente le leggi. L’obiettivo di una organizzazione aziendale non deve essere la conformità legislativa ma la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Ragionando in questi termini la centralità della persona umana diventa evidente, sia in quanto portatrice di diritti, sia in quanto soggetto che deve attivamente collaborare agli sforzi della organizzazione avendo come fine ultimo il bene di tutti.

Non siamo ancora del tutto maturi per questi ragionamenti, nel settore tissue come in tanti altri settori dell’industria; per renderli parte del patrimonio delle organizzazioni aziendali del settore occorreranno anni, ma l’esperienza di pochi pionieri ci dice chiaramente che gli obiettivi descritti possono essere raggiunti. Ed è dovere di tutti, come esseri umani ancor prima che come lavoratori, collaborare a questa impresa. •

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