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Il ruolo della GDO nell’industria del tissue

Il Perini Journal, ormai da qualche edizione attento alle dinamiche che regolano i rapporti tra l’industria del tissue e la GDO, ha intervistato Massimo Gai, Direttore Commerciale Consumer Italia di Lucart.

Perini Journal


PJL: L’ascesa in termini di quote di mercato dei prodotti a marchio del distributore ha ridisegnato i rapporti tra industria e trade. In che modo l’industria di trasformazione ha reagito a questo nuovo scenario?

Massimo Gai: L’evoluzione del Brand all’interno degli assortimenti della GDA (Grande Distribuzione Associata) ha avuto il suo naturale sviluppo nelle Private Label. Il ruolo che esse ricoprono è quello di proporre al consumatore beni e prodotti a Marchio Del Distributore con caratteristiche simili alle varie categorie offerte dall’Industria di Marca, legandole alla “promessa” dei benefici che l’Insegna di appartenenza propone ai propri clienti abituali. L’industria del tissue, nello specifico, deve essere in grado di gestire i diversi posizionamenti di proposta di prodotto, per evitare sovrapposizioni dispersive tra Brand e Private Label e sempre in linea con le potenzialità di mercato.


PJL: La competizione sul prezzo, un aspetto caratterizzante della politica commerciale negli ultimi tempi, ha determinato una riduzione dei margini e di riflesso un aumento delle richieste di contribuzione dell’industria. Le aziende che operano nel mondo del tissue come hanno reagito e come possono reagire a questa nuova situazione?

Massimo Gai: Bisogna conoscere in maniera approfondita le variabili del mercato di riferimento partendo dall’individuazione delle corrette, reali ed efficaci azioni o risorse necessarie per il trade in modo tale da poter essere presenti sullo scaffale di un ipermercato o supermercato. Parallelamente occorre progettare ed individuare un’efficace ed efficiente strategia di marketing (comunicazione, innovazione, qualità, pricing) per arrivare ad esaudire i bisogni del nostro unico elemento di valore: il consumatore.


PJL: Quali sono, secondo lei, i principali strumenti che oggi mancano all’industria di trasformazione per aumentare la visibilità dei prodotti tissue?

Massimo Gai: L’industria del tissue ha un eredità molto forte di competenza tecnica e produttiva ed è detentrice dell’ “arte di lavorazione della carta”. I processi evolutivi di comportamento all’acquisto devono portarci a rendere sempre meno banale il valore del prodotto, pur appartenendo ad una categoria “commodity” per eccellenza. Infatti, sono comunque molto importanti l’innovazione, la caratterizzazione, la personalità ed il valore aggiunto che deve giungere al nostro consumatore, per soddisfarne i bisogni apparentemente inconsci e guidarlo nella scelta corretta di gratificazione all’uso oltre che all’acquisto. Tutto ciò vale sia nella progettazione del Brand, sia nella sofisticazione ed eventuale evoluzione dell’offerta di Marca Commerciale.


PJL: Qual è il ruolo e l’approccio della GDO, oggi, per i prodotti tissue?

Massimo Gai: Il mercato moderno rappresenta oltre l’80% dell’assorbimento dei consumi di prodotti tissue. Lo stesso mercato è caratterizzato da una fortissima pressione promozionale, alimentata soprattutto dalle varie catene concorrenti fra loro, per l’accaparramento dei clienti. I prodotti che più evidenziano la convenienza e la qualità di un’insegna partono dalle categorie di uso quotidiano (pasta, acqua, detergenti casa e carta tissue). Il ruolo di questi canali di vendita è determinante per il mercato e solo in una chiave di continua partnership tra industria e grande distribuzione si possono trovare efficienze, sinergie, evoluzioni e crescita, nella creazione del valore per entrambi.


PJL: In che modo le industrie che producono prodotti brand e allo stesso tempo sono fornitori della GDO possono coniugare questo duplice ruolo, considerando che qualità e giusto prezzo sono i cavalli di battaglia di entrambe?

Massimo Gai: In realtà la progettualità di un Brand tiene conto di tutte le variabili del marketing mix, tra cui il prezzo. Con il Brand di riferimento del proprio portafoglio prodotti l’industria rappresenta le proprie mission, potenzialità, innovazione e qualità, differenziandosi sul mercato per lo specifico posizionamento. Le esigenze delle referenze Private Label partono da una considerazione di prezzo, che spesso offusca le peculiarità di innovazione e qualità. Per non banalizzare il confronto – industria e trade – su una valutazione quantitativa, l’industria deve accompagnare il trade in scelte per categoria e quindi promuovere anche l’aspetto di marketing, oltre che produttivo, in modo coerente con il proprio e specifico posizionamento. Il mercato si può sviluppare solo ed esclusivamente con l’azione pro-attiva di entrambi i protagonisti, industria e trade, in chiave di partnership.


PJL: In che modo le aziende tissue presenti sul mercato con i propri “marchi” possono contrastare gli effetti di crescita delle quote di mercato dei prodotti a marchio della GDO?

Massimo Gai: Gli indicatori di mercato evidenziano un consolidamento delle varie posizioni a livello Europeo e un peso determinante dei volumi d’affari delle PL. In Italia la situazione è inversa dettata fondamentalmente dalla polverizzazione del trade e dalla forte presenza di Brand storici importanti. L’industria deve investire a supporto del Brand per svilupparlo in termini di quote di mercato, aumentandone la distribuzione e la visibilità, favorendo la crescita del mercato stesso. Un mercato in crescita permette un’evoluzione anche delle Private Label, comunque auspicata, se la tendenza è innovazione/sofisticazione e non quindi banalizzazione o svilimento sul prezzo.


PJL: In che modo, a suo avviso, è possibile creare valore nell’industria del tissue?

Massimo Gai: L’innovazione e la qualità, sono determinanti in tutti i loro aspetti: a livello tecnologico, di marketing, dei servizi, della logistica. Oggi ci troviamo all’inizio dell’adeguamento di fondamenti del rapporto previsto da ECR (Efficient Consumer Response) tra industria, distribuzione, e consumatore. Il valore di tutte le categorie di mercato può essere sviluppato e perseguito anche come obiettivo nel tissue, attraverso: le sinergie, le ottimizzazioni, la ricerca della migliore efficienza, il dimensionamento delle aziende con professionalità specifiche che presidino funzioni chiave all’interno dell’organizzazione aziendale unite ad una chiara strategia di sviluppo promotrice di una crescita dei consumi sfruttando l’enorme know-how (tecnico-produttivo) che abbiamo nel settore - e non per apparire campanilisti - di grande valore nazionale, che esportiamo in tutta Europa. Lo sforzo comune è non rendere banale un settore di consumo che apparentemente lo è per definizione.

Possiamo provocare scelte d’acquisto che possono essere dettate anche da una soddisfazione inconscia, gratificando l’ego che è in ognuno di noi; un decoro, una goffratura, un messaggio, un formato, una profumazione partecipano alla differenziazione della categoria ed a posizionamenti diversi per target diversi.


PJL: Quali sono le principali difficoltà o gap nella gestione dei rapporti con la GDO da parte dell’industria di trasformazione?

Massimo Gai: Sicuramente da quando si è sviluppata la fornitura di Private Label il trade ha avuto la possibilità di avere una chiave di lettura più approfondita dei conti economici del settore. L’errata convinzione da parte dei non addetti ai lavori che i Brand Commerciali costano di meno perché non fruiscono di pubblicità è molto ingannevole. In realtà il trade esplica la sua convenienza proprio sui prodotti a marchio, come scelta obbligata, in quanto il prodotto non puo’ competere con i Brand di successo. D’altro canto la negoziazione dei contratti di fornitura, le risorse per le attività sui pdv, le scontistiche per le promozioni hanno raggiunto livelli cosi’ importanti che diventa un grosso sacrificio per l’industria individuare risorse residue per la comunicazione, l’innovazione, la ricerca e sviluppo e conseguentemente, la crescita. La partnership significa altro: collaborazione, sviluppo, progettualità. Alimentare i consumi per far crescere il mercato è un must nostro e del trade. Non tutti, sia nell’industria sia in alcuni ruoli della distribuzione, hanno questa convinzione, dettata magari da obiettivi specifici a breve periodo. Noi abbiamo pero’ una forte responsabilità, quella di trasmettere ed applicare cultura nel settore per favorirne la crescita. Questo però spesso non avviene.


PJL: Uno sguardo al futuro: quali saranno gli sviluppi e le prospettive del mercato del tissue?

Massimo Gai: I macrodati della logica della domanda e dell’offerta sono noti a tutti. Quando ho iniziato la mia esperienza in questo settore ho scoperto con grande sorpresa quali potenzialità il “made in Italy” vale anche per il tissue. Senza nulla togliere a realtà Multinazionali di casa madre estera possiamo essere veramente orgogliosi delle nostre organizzazioni e competenze esportate in tutta Europa. Se l’indiscussa professionalità e la nostra tipica creatività fossero “guidate” dalla specializzazione di ogni singola Azienda al fine di presidiare e sviluppare ogni segmentazione del mercato, ci porterebbero ad una sana competizione basata sull’innovazione, la qualità e quindi “l’apprezzamento” della categoria, assorbibile dal consumatore come tutti i generi di mercato che evolvono, si rinnovano e si attualizzano con la ricerca, la scienza ed il progresso. Ad ognuno, inoltre, il proprio ruolo e mestiere: non dimentichiamo l’indotto, la piccola e media trasformazione e la sofisticazione tecnologica applicabile alle macchine. Infatti, comprendendo il proprio ruolo ed il proprio posizionamento chiave sul mercato, diventa più concreta la strategia da perseguire. E’ solo attraverso una maggiore apertura del “nostro mondo” verso l’esterno che si potranno ottenere benefici di lungo periodo. Dobbiamo “uscire dalla mentalità provinciale” per avere un ruolo anche “politico – economico” importante nel contesto nazionale e dell’Europa. Così come in altre categorie produttive primarie, le nostre necessità devono essere più approfondite, coordinate, rappresentate e rese pro-attive all’insegna dello sviluppo e della tutela delle realtà consolidate. Credo che in futuro si verificherà, comunque, una selezione naturale dettata dalla trasformazione del trade e dall’evoluzione del consumatore: noi dobbiamo essere pronti e guidare l’evoluzione in un ottica di sana e solida creazione del valore. Il consumatore aumenterà l’acquisto dei nostri prodotti solo se saremo in grado di incrementarne il valore percepito, guidando il consumatore stesso ad un’abitudine di consumo sempre più evoluta per come si svilupperanno gli stili, gli ideali ed i modelli di vita quotidiana. Ovviamente tutto ciò sarà possibile motivando un giusto rapporto qualità/prezzo, che ci permetterà di crescere valorizzando i nostri bilanci e la nostra importante realtà economico-sociale •

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