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World Business Forum. Leader dai quali trarre ispirazione

8a edizione del World Business Forum che si è svolto a Milano il 9 e il 10 novembre scorso. Questo evento ha dimostrato ancora una volta di essere un'occasione unicadi contatto con un pubblico di oltre 1.500 manager, metà dei quali occupano posizioni direttive e l'altra metà arriva da aree del business quali finanza, vendite, marketing e risorse umane.

Eleni Chioutakou - Direttore Marketing - Macchinari, Fabio Perini S.p.A.

La gran parte delle aziende presenti erano medie imprese (100-400 dipendenti), attive nei servizi commerciali e nella produzione. I relatori, personalità importanti del mondo economico e politico, esprimono il loro punto di vista sulle sfide in corso, di fronte a una crisi macroeconomica che investe tutti i settori, e su come ciò influenzi le richieste dei consumatori, determinando la necessità di sviluppare nuovi modelli di business.

 

Il primo giorno ha aperto i lavori Daniel Goleman, due volte vincitore del Premio Pulitzer. Goleman, autore di "L'intelligenza emotiva", ha spiegato come le competenze emotive possano diventare un elemento basilare per il successo professionale e quali sono i modi per coltivarle. Secondo la sua teoria, il solo QI non fornisce quell'insieme di competenze che servono a raggiungere il successo, dal momento che non comprende capacità quali l'autocontrollo e il saper mettere insieme le emozioni.In vari libri, Goleman afferma che queste competenze, che tutti possono acquisire, sono applicabili sul lavoro, nella vita sociale, nel rapporto con i figli e nella vita di ogni giorno.Sfruttando la propria esperienza nel campo di psicologia e neuroscienza, Goleman ha parlato di due capi, buono e cattivo, che governano la nostra mente: il cattivo è il radar che ci mette in guardia e controlla gli ormoni dello stress che, una volta attivati, paralizzano il lato buono del nostro cervello e lo spingono a dare risposte inadeguate. Ha poi descritto l'interazione tra le menti umane per spiegare che i leader dai quali trarre ispirazione, quelli che hanno un impatto positivo sugli altri, sono coloro che fanno sentire le persone sostenute e rassicurate, che stabiliscono direttive precise e sanno ascoltare. Secondo Goleman, il 30% della business performance deriva dall'impatto emotivo, che è dunque strategico per comunicare un senso di accettazione, individuare il potenziale di una persona, mantenere la calma sotto pressione, essere coinvolgenti e accessibili per guidare la crescita all'interno di un'organizzazione.

 

Il secondo relatore è stato Sir Terry Leahy, ex-CEO della più grande catena inglese di supermercati. Sir Leahy, probabilmente il leader più apprezzato e rispettato del Regno Unito, ha spiegato come i supermercati Tesco - oltre 2.000 punti vendita! - siano diventati il terzo operatore più importante della scena nazionale e internazionale. Il suo successo è basato su soluzioni personalizzate per il cliente, su una definizione precisa della cultura aziendale e sull'impegno costante dei dipendenti rispetto a obiettivi strategici. Ha parlato al pubblico di duri momenti all'inizio della carriera, quando si è trovato davanti due colossi come Marks & Spencer e Sainsbury, che non davano spazio ai supermercati di media dimensione, descrivendo quanto ha imparato dalla sua esperienza. Sir Leahy ha spiegato come essersi reso conto della reale posizione di mercato della sua attività gli abbia permesso di sviluppare una strategia e guadagnarsi una posizione più forte. Cominciare proprio dai clienti si è rivelato elemento importantissimo poiché lo ha portato ad aprire un solido canale di comunicazione e ad acquisire una maggiore consapevolezza nonché consigli su come migliorare, conquistandosi la loro fiducia. Inoltre incitare i dipendenti a raggiungere obiettivi "impossibili" è diventato un modo per mantenere il loro impegno costante e fare di Tesco un luogo di lavoro stimolante seguendo la strategia di puntare in alto verso obiettivi apparentemente irraggiungibili quali "diventare il n. 1 nel Regno Unito", "forti sia nel no-food che nel food", "leader nella distribuzione globale". Sembra che la Clubcard Tesco, lo shopping online e il mobile commerce abbiano reso i servizi Tesco più efficienti, assicurando non solo clienti fedeli, ma anche tutti coloro che desideravano un'assistenza personalizzata, informazioni su attività promozionali per articoli che più compravano, e infine i giovani, che non hanno tempo per i supermercati. Mentre Tesco creava negli USA Fresh&Easy, catena americana in miniatura concentrata sul prodotto fresco, le iniziative "verdi" del gruppo ne hanno fatto un leader mondiale per la misurazione delle emissioni grazie al progetto "0 Carbon waste". Un intero negozio realizzato in legno, con un sistema nuovo di illuminazione, refrigerazione e ventilazione, alimentato da olio vegetale riciclato!

 

All'intervento di sir leahy è seguito quello di bracken darrell, Vice-Presidente Esecutivo di Whirlpool Corporation e Presidente di Whirlpool Europa, Medio Oriente e Africa dal 2009. Spiegando cosa ha significato per un'azienda delle dimensioni di Whirlpool creare soluzioni sostenibili negli ultimi 45 anni, Darrell ha dato al "going green" una dimensione nuova. Whirlpool ha inventato il metodo per misurare il consumo energetico e ne ha fatto uno standard per tutti gli operatori del settore elettrodomestici, e impegno e sforzi costanti hanno reso nel tempo la società un autentico leader a livello mondiale. In questo caso, essere "verdi" è decisamente più di uno slogan.

 

A seguire, il carismatico Jonas Ridderstrale e il suo approccio non convenzionale al management. Ridderstrale ha descritto un business progressista. Il suo stile e la sua energia hanno travolto il pubblico mentre le sue idee alternative su come il mondo e i clienti di oggi siano cambiati rispetto agli anni ‘80 ha evidenziato che, per creare ora un vantaggio competitivo, le aziende non possono focalizzarsi solo sull'innovazione o sulla competenza, ma su entrambe. Secondo Ridderstrale, per essere competitivi, bisogna rivoluzionare la routine consolidata o qualcun'altro lo farà al posto tuo. Naturalmente, ciò può essere un rischio per la gran parte delle aziende, ci vogliono coraggio ed esperienza nel gestire gli errori, ma se si punta a un successo mediocre, i costruttori del futuro non troveranno mai lo spazio necessario per la sperimentazione. Ha dichiarato che ciò che è "grande è sempre una sorpresa, che si tratti di una scoperta positiva o di un errore enorme". Ridderstrale indica le persone e il loro reclutamento quali fattori strategici per eccellenza, proclamando il suo slogan del "talento che fa danzare il capitale" e sottolineando che le aziende migliori sviluppano una sorta di religione aziendale, un sogno per condividere valori spingendo i loro dipendenti ad amare società e clienti.

 

Dopo l'intervento di Ridderstrale, il primo giorno si è concluso con Tal en Shahar e la psicologia positiva, ossia le ragioni per cui la felicità fa bene al business. Tal en Shahar lavora come consulente di multinazionali in aree quali leadership, formazione, etica, felicità, consapevolezza e autostima.È autore di due libri tradotti in 25 lingue, "Happier" e "Being Happy". Ma cos'è la psicologia positiva? Nella storia, la psicologia è apparsa prevalentemente ossessionata dalla debolezza umana e dalle patologie. La psicologia positiva si focalizza, invece, su come migliorare le funzioni umane e rendere soddisfacente la vita quotidiana. Dove la psicologia tradizionale tenderebbe a lavorare sulle ragioni del fallimento degli individui, quella positiva si concentra piuttosto su cosa determina il successo di alcuni individui nonostante le circostanze sfavorevoli. Shahar ha fornito alcuni esempi su come la psicologia positiva lavori in termini di resilienza - la capacità di recuperare dopo un fallimento, prefissandosi obiettivi futuri e rimanendo orientati al futuro, focalizzati sui punti di forza, senza per questo ignorare le debolezze - e ha spiegato che aspettative elevate e positività di fondo aiutano a coltivare i semi del successo con il business, i clienti, i dipendenti, i partner e noi stessi.

 

Il secondo giorno è iniziato con Larry Huston, ex-responsabile dell'innovazione di Procter&Gamble. Huston ha presentato il suo modello rivoluzionario d'innovazione aperta, adottato da oltre 100 aziende a partire dalla sua esperienza con P&G. I risultati del suo lavoro iniziale hanno portato P&G ad aumentare il vantaggio competitivo, incrementando la produttività del 60% con oltre 250 prodotti innovativi. Oggi Amministratore Delegato della sua società di consulenza, 4iNNO, Huston ha affiancato gli amministratori di più di 100 aziende in tutto il mondo nel reinventare crescita e produttività attraverso questo modello di innovazione. Huston ha descritto casi in cui l'innovazione è stata raggiunta non soltanto grazie allo staff interno, ma con altre persone, idee e risorse "pronte per l'uso" contribuivano a questo processo. Un ambiente interamente "connesso" dove, grazie al web, clienti, professionisti dello stesso settore o anche associazioni e altri soggetti disponibili possono partecipare attivamente al processo di innovazione. Ciò può incrementare il numero di persone che lavorano a nuovi prodotti e tecnologie, coinvolgere i clienti e migliorare il ritmo dell'innovazione stessa.

 

L'unico relatore italiano dell'evento, Pasquale Natuzzi, ha sorpreso il pubblico con la sua testimonianza, raccontando come sia riuscito a trasformare il Gruppo Natuzzi da piccola impresa locale a una da più di 500 milioni di euro di fatturato e 7.000 dipendenti. Natuzzi ha parlato delle difficoltà incontrate all'inizio della sua esperienza nell'avviare una nuova attività in Italia, delle lotte contro la burocrazia e della mancanza di aiuti alle aziende giovani come la sua. Ha raccontato della sua prima visita negli USA, dove in un grande magazzino scoprì che i divani di pelle erano molto più cari di quelli che lui poteva produrre nel suo piccolo stabilimento e di come abbia immediatamente interpellato un'addetta alle vendite perché lo mettesse in contatto con il buyer. In pochi anni, le vendite USA sono arrivate a rappresentare il 90% del fatturato totale. Una volta raggiunto il traguardo, Natuzzi ha iniziato a riflettere sulla dipendenza da un solo mercato e allora ha cominciato a studiare l'Europa quale secondo mercato in cui affermarsi. È stato il colore ad attirare l'attenzione di questo mercato e, nel giro di qualche anno, Natuzzi ha centrato anche questo obiettivo, suddividendo i due mercati in parti uguali, 50-50. Oggi è proprietario del Gruppo Natuzzi, che conta 4 marchi: i negozi gestiti direttamente da Natuzzi, Leather Editions per i negozi multimarca, Softaly con prodotti destinati al mercato di fascia media e ai giovani consumatori, e ItalSofa, per i canali della grande distribuzione, come IKEA. È stato capace di razionalizzare i suoi processi operativi, di offrire 6 mesi di ritorno sugli investimenti ai franchiser italiani del noto marchio "Divani&Divani", di produrre "just in time", con un ciclo di produzione totale di 3 giorni, che riduce il rischio di obsolescenza della materia prima e quello dell'immobilizzazione del prodotto finito. Natuzzi ha parlato con orgoglio del fatto che dalla sua azienda sono nati nuovi manager, che a loro volta si sono messi in proprio, ed è fermamente convinto che solo le difficoltà spingono a inventare soluzioni tattiche. Al termine del suo discorso, Natuzzi ha invitato tutti ad aderire ai valori della propria azienda e, nonostante il grave momento di crisi dell'industria, a non accettare il compromesso di soluzioni contrarie all'etica.

 

L'intervento di Tony Blair, in quanto ex-Primo Ministro di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, è stato ampiamente annunciato dai tanti giornalisti e fotografi che hanno riempito la sala. Nonostante abbia concluso da tempo l'esperienza politica, Blair è rimasto un leader influente, concentrato sui temi del clima e della povertà globale in Africa e Medio Oriente, particolarmente nelle vesti di speciale rappresentante delle Nazioni Unite. Per il suo lavoro diplomatico, teso costantemente a risolvere i conflitti, ha ricevuto il premio Liberty Medal nel 2010.Potendo disporre di una prospettiva unica sulle dinamiche economiche e politiche che stanno modellando il nostro mondo post-crisi, ha fornito il proprio punto di vista riguardo all'impatto che ciò avrà sul futuro delle attività.Blair ha dichiarato apertamente di non vedere alcun futuro per le nazioni europee prese singolarmente, che invece devono lavorare insieme per superare il momento critico. Ha anche detto che è necessario essere ottimisti sui nostri sistemi per competere con le altre nazioni, quali Cina e India, poiché parte del loro successo sta nel sapere imitare proprio il sistema europeo. Pertanto, la parola d'ordine è rivitalizzare il modo di fare business, non cambiarlo! In una breve intervista, Beppe Severgnini, noto giornalista del Corriere della Sera, scrittore e autore del blog di successo "Italiano", ha chiesto a Blair di spiegare l'atteggiamento inglese verso il resto d'Europa e di condividere alcune idee personali sui modi per superare la crisi. Blair ha risposto affermando che, alla fine, giunti nel 21° secolo, gli inglesi hanno capito di dover far parte dell'Europa: non c'è alcun futuro per loro se non si uniscono a un gruppo più vasto. Il mondo è interconnesso e, sebbene sia difficile imprimere il ritmo del cambiamento, alla fine ciò può portare vantaggi decisamente maggiori rispetto a una comoda, rassicurante staticità. Ha descritto il ritmo del cambiamento in questa sequenza:

- proposta di cambiamento = prevedere di disastri;

- implementazione del cambiamento = prevedere l'inferno;

- dopo il cambiamento = avrei dovuto farlo prima.

Riguardo ai modi per affrontare questo difficile momento, ha insistito sulle nuove generazioni, dichiarando che i leader dei vari paesi devono mostrare a queste nuove, promettenti generazioni quali vantaggi pratici può apportare loro l'Europa. Guardare agli alti ideali europei non basterà ad attrarli mentre i leader devono assicurarsi di poter condividere con loro la responsabilità, farli sentire partecipi del processo decisionale, trasformando la politica della rabbia in politica delle risposte!

 

Dopo le interessanti e dinamiche visioni politiche di Blair, è stata la volta di Charlene Li e il social networking. Charlene Li, che conta oltre 44.000 follower su twitter, è considerata una delle 50 persone più influenti della Silicon Valley. Titolare di un master della Harvard Business School, è autrice del best-seller "L'onda anomala" e del recente "Open leadership. Dirigere con successo nell'era dei social network". I social network sono diventati un'importante risorsa per il cambiamento nei settori economici, costringendo i leader a cedere sempre un po' più del loro potere. Si tratta di tecnologie che influenzano decisamente il modo in cui si utilizzano strumenti quali marketing e innovazione, ma che possono portare a un successo duraturo. Li ha illustrato i quattro obiettivi che definiscono una strategia aziendale aperta: ascoltare le persone e imparare da loro, scrivere e dialogare, supportare e innovare. Adottare una strategia aperta significa ricevere osservazioni dai clienti, ma anche consentire ai dipendenti di imparare dai clienti, mettendoli direttamente in relazione. In questo modo, per esempio, i clienti familiarizzano con il proprietario del locale negozio di alimentari o i dipendenti del negozio di articoli elettronici e ricevono coupon da utilizzare subito o chiedono di promozioni e istruzioni relative ai prodotti acquistati. Così, Secondo Li, le relazioni nascono e si espandono. I social network possono essere usati per attrarre i clienti verso futuri prodotti, per comunicare in modo proattivo attività promozionali o servizi disponibili, per fornire assistenza, prendere spunti o - come avviene quasi sempre - per far parte di un gruppo e avere fan, caricare foto di un evento e prenotarsi per qualcosa.L'elemento importante che può determinare il successo di una simile iniziativa è la disciplina! Che sia un blog o un social network, l'impegno e l'autenticità sono il solo modo per convincere gli altri, compresi i dipendenti, che si tratta di una cosa seria, che può diventare strumento di lavoro. È importante stabilire anche il tipo di informazioni che ogni azienda intende pubblicare e condividere la strategia all'interno. A parte questo, tutto ruota attorno alla creazione di una cultura della condivisione...

 

Last but not least, è stato il turno di Joseph Stiglitz, uno degli economisti più dinamici della sua generazione, Nobel per l'economia nel 2001 ed ex-Chief Economist della Banca Mondiale. Insegna alla Columbia University. Ha iniziato la sua carriera politica come consulente nel Council of Economic Advisors del Presidente Clinton e nel 2009 è stato nominato presidente della commissione ONU di esperti per la revisione del sistema monetario e finanziario internazionale, nell'ottica di sviluppare un'economia globale sostenibile. Stiglitz ha fatto un'interessante panoramica della crisi europea, rintracciabile anche nel suo recente libro "Freefall".

Stiglitz ha iniziato con le cause della crisi, che ha investito sia gli USA che l'Europa, affermando che il passaggio dall'agricoltura all'industria, quando quest'ultima si stava spostando verso l'Asia e le economie locali non ne avevano previsto le implicazioni, è stata una delle cause determinanti, seguita dalla dipendenza dal petrolio e dagli squilibri generali, dove ogni economia ha accumulato risparmi per i propri vantaggi, indebolendo l'economia globale. Nel caso dell'Europa,in particolare, quando l'Euro ha fatto la sua comparsa, ha cancellato il tasso di interesse e quello di cambio, ma non ha messo nulla al loro posto. Questo ha fatto crescere la sensazione nella gente che c'è qualcosa di sbagliato nel modo in cui vengono prese le decisioni, creando di fatto una massiccia non realizzazione di risorse ed esigenze. I mercati finanziari non sono riusciti a distribuire i risparmi in modo produttivo, 7 milioni di famiglie americane hanno perso la casa mentre altri 3-4 milioni la perderanno a breve. C'è qualcosa di scorretto, un senso di ingiusto, in quello che sta succedendo. Il sistema appare corrotto e il senso di iniquità si riflette nelle aziende. Stiglitz ha continuato evidenziando che questa è la crisi più grossa e lunga dai tempi della Grande Depressione, con tassi di disoccupazione reale che colpiscono 1 su 5 lavoratori. Correggere il sistema finanziario è necessario, ma non basta per tornare a una crescita sostanziale. I governi devono colmare il gap svolgendo un ruolo fondamentale nell'affrontare i problemi principali.

La ripresa si gioca sulle politiche fiscali, specie se centrate sugli investimenti (istruzione, infrastrutture, tecnologia), sul fatto di promuovere la transizione verso una nuova economia e su politiche ben studiate che possano effettivamente ridurre il rapporto a medio termine debito/PIL. Per l'Europa, si tratta di investire per aiutare le piccole imprese o altre forme di assistenza, così da permettere ai paesi in difficoltà di crescere. L'austerity, sottolinea Stiglitz, non può garantire l'efficienza fiscale (Asia e Argentina non ce l'hanno fatta) e soluzioni al dissesto economico. Quando è nato, l'Euro si fondava su un concetto di crescita stabile, per questo non ha tenuto. Tuttavia, dalla crisi sta emergendo un nuovo ordine globale, caratterizzato da un nuovo equilibrio globale tra poteri economici e politici, considerato che il livello e la stabilità della crescita globale dipenderanno in parte dalla capacità della comunità internazionale di attuare le riforme necessarie, esemplificate dal bisogno di creare un nuovo sistema globale di riserva. Giova rendersi conto che le risorse oggi necessarie sono le stesse - fisco, capitale di conoscenza e creatività - e il fatto che i paesi se le disputino interferisce con lo sfruttamento dei punti di forza. Insomma, se ci restituiscono le risorse per lavorare, forse possiamo ristabilire il sistema economico e il benessere connesso. La volontà politica è tutto ciò che serve!

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