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Quando Lucca era meta di pellegrini, mercanti e viaggiatori

Simboli, reliquie e opere d'arte raccontano la storia di una Cattedrale.

Lucia Maffei


“Lucca antica è una delle più straordinarie città, un coacervo di chiese torri campanili palazzi, distribuiti in vie sinuose e bellissime, in piazze che si contengono in una mano”1.

Lucca, città dalle cento chiese, repubblica dal cuore indipendente, libera e fiera per oltre 400 anni, raccoglie nel suo Duomo, cuore religioso della città, i simboli di una cultura antichissima che ne hanno fatto, da sempre, una tappa obbligata per chi attraversava l'Italia per le più diverse ragioni. Devoti pellegrini, ricchi mercanti, instancabili viaggiatori, tutti hanno reso omaggio ai preziosi simboli e ammirato la limpida bellezza della città e dei candidi e delicati marmi che ornano le facciate delle sue chiese.


IL MEDIOEVO, LA VIA FRANCIGENA ED IL PELLEGRINAGGIO VERSO ROMA.

Lucca, tappa fondamentale dei medievali pellegrinaggi che dal nord dell'Europa si dirigevano prima a Roma e poi verso la Terra Santa, era collocata sul tracciato della via Francigena che, nata ricalcando antichi percorsi romani, si sviluppò a tal punto da divenire la più importante arteria dell'Europa medievale. La città vede dunque la sosta di molti protagonisti della storia medievale e diviene fulcro, in particolare tra l'XI e il XIII secolo, del continuo passaggio di una moltitudine di pellegrini diretti a Roma.

Lucca assume in breve tempo una dimensione cosmopolita e si arricchisce di chiese, di numerosi ospitali, e di ricoveri dove i pellegrini venivano sfamati, annotano i cronisti medievali, con cereali, farina, frutta, olio e vino. Nella piazza del Duomo, dedicato a San Martino, cuore pulsante della città, essi trovavano i cambiavalute, gli artigiani, i medici, le guide, i menestrelli e gli artisti di strada. Una curiosa lapide posta nel Duomo riporta il giuramento col quale, nel 1111, i commercianti e i cambiavalute si impegnavano a comportarsi in modo onesto con i pellegrini.


PER I PENITENTI DIRETTI IN TERRA SANTA IL DUOMO OSPITAVA MOLTI SIMBOLI E RELIQUIE ALLE QUALI RENDERE OMAGGIO: il Labirinto scolpito nella pietra che, ancora oggi, si trova sotto il porticato della cattedrale, ormai consumato da mani che, nei secoli, ne hanno percorso la “retta via” per devozione o per curiosità, rappresentava, secondo la tradizione medievale, il simbolo visivo del tortuoso cammino dell'anima verso Dio. Ma questo stesso Labirinto rispondeva anche ad una funzione di segno o meglio di vera e propria segnaletica “stradale” per il viandante: lo informava infatti che aveva raggiunto, seguendo la Francigena, uno dei luoghi previsti dal cammino rituale del suo pellegrinaggio verso la purificazione.

Ma la tappa lucchese più ambita, per i pellegrini, era, da sempre, la visita alla “veneratissima reliquia, del Volto Santo, consistente in un Crocifisso che, “come racconta la leggenda”pare sia stato dipinto da Nicodemo il quale, giunto alla testa e trovandosi incapace di esprimere il volto del Cristo, si sarebbe addormentato dal dispiacere”2 ma “era stato soccorso dagli angeli che lo guardavano. Questi gli tolsero il pennello di mano e portarono a termine l'opera”3.. Conservato all'interno di una cappella, questo imponente crocifisso che “indossa, come un signore, una bella redingote di velluto rosso, con in capo una corona di pietre preziose”4 , è simbolo religioso e oggetto di devozione conosciuto in tutta l'Europa medievale.

Viaggiatori di ogni epoca e di ogni nazione hanno raccontato la leggenda del Volto Santo e di come fosse misteriosamente approdato a Luni, dalla Terrasanta, e condotto a Lucca, nell'anno del Signore 782, su un carro guidato da soli buoi.


I PELLEGRINI NON CI HANNO LASCIATO TESTIMONIANZE SCRITTE, così come imponeva loro la ferrea regola del pellegrinaggio, e i mercanti, troppo occupati a registrare gli affari, hanno tralasciato di raccontare le impressioni lasciate da questa città medievale ricchissima di torri, di campanili traforati, di palazzi rossi e di chiese candide. Saranno dunque solo i primi viaggiatori di professione, i grandi intellettuali europei, geografi, artisti, gli studenti di nobili famiglie e i loro precettori, verso la fine del Cinquecento, a tratteggiare i primi ritratti della città e dei suoi abitanti.

A partire dal Cinquecento infatti non c'è viaggiatore europeo che non esalti l'abilità mercantile dei lucchesi e la prosperità della città e della campagna. Lo scrittore francese Michel de Montaigne, a Lucca nel 1581, racconta che “la città è popolosa, specialmente di setaioli… Qua nobili e uomini d'arme sono tutti mercanti”. Le strade percorse da nord a sud dai pellegrini, sono battute già nel Trecento, in senso opposto dai mercanti lucchesi che, invocata la protezione del Volto Santo, effigiato per altro anche sulle monete, partivano alla volta del nord Europa per conquistare i mercati stranieri e le fiere nelle Fiandre, in Francia e in Germania.


LUCCA, PICCOLA GRANDE CITTÀ DI MERCANTI, ottiene il rispetto e l'ammirazione anche dell'imperatore Carlo V “questa città non mi pare una piccola villa” afferma “come mi era stata disegnata”. Nel Settecento, il secolo d'oro dei viaggi, di una cultura europea cosmopolita e itinerante, la Repubblica Lucchese, dove si stampa l'edizione italiana dell'Enciclopedia, è tappa degli itinerari del Grand Tour. Moltissime le relazioni di viaggio da Addison al Barone di Montesquieu, dal padre di Goethe a Gibbon, tutte attente ad “osservare costumi e maniere diverse”. E Lucca affascina i viaggiatori settecenteschi dell'età dei Lumi per il suo modo di governo, per la forza delle istituzioni e per la sua indipendenza.


CON L'OTTOCENTO, IL VIAGGIATORE ROMANTICO SARÀ DI NUOVO AFFASCINATO DALLE “PIETRE DI LUCCA” ed in particolare dal capolavoro scultoreo che dal Quattrocento è gelosamente racchiuso nella Cattedrale: la tomba di Ilaria del Carretto, realizzata da Iacopo della Quercia. Viaggiatori e poeti, fino ai giorni nostri, hanno scritto pagine emozionanti su questa mirabile ed eterea figura femminile che ha il dono dell'eternità.

La sera del 6 maggio 1845 John Ruskin5, critico d'arte e saggista inglese, scriveva al padre: “Nel Duomo di Lucca, accanto al portone del transetto settentrionale, si trova il monumento di Jacopo Della Quercia a Ilaria Del Carretto, moglie di Paolo Guinigi. […] Ella è stesa su un semplice giaciglio, con un cagnolino ai piedi[…] I capelli sono cinti da una semplice fascia che incorona la bella fronte; gli occhi dolci dalle palpebre arcuate sono chiusi. Le amorevoli labbra hanno una tenerezza immobile e quieta: c’è qualcosa in loro che impedisce il respiro, qualcosa che non è morte né sonno, ma la pura immagine di entrambi. Le mani non sono giunte in preghiera, nè chiuse; le braccia si adagiano sul corpo e le mani, come abbandonate, si incrociano.”


E UN GRANDE POETA ITALIANO DEL NOVECENTO, PIER PAOLO PASOLINI, rende omaggio ad Ilaria con questi versi: “Dentro nel claustrale transetto/come dentro un acquario, son di marmo/rassegnato le palpebre, il petto/dove giunge le mani in una calma/lontananza.”

E Lucca, ancora nel Novecento, non cessa di essere raccontata da scrittori e poeti per i suoi incantesimi e le sue atmosfere magiche come quando “ci si imbatte nella cattedrale con il suo campanile a giorno, in una piazzetta deserta ove sonnecchiano al sole uno o due antichi palazzi di mattoni scuri e ben cotti” e “l'intelletto viene offuscato dalle voluttà della fantasia”6.•


1 Cesare Brandi, (1906-1988) il massimo teorico italiano dell'arte del restauro.

2 Georg Christoph Martini, Viaggio in Italia (1725 - 1745)

3 François Maximilen Misson, Nouveau Voyage d'Italie, 1687 - 1688

4 Charles De Brosses, Lettres familières écrits d'Italie, 1739

5 John Ruskin, Modern Painters II

6 Felix André-Yves Scantrel, Voyage du Condottière, 1932 •

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