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La crescita dei discount e delle private label in Germania

Nell’ambito dei prodotti consumer, i produttori seguono attentamente la propria quota di mercato per monitorare successi e insuccessi degli sforzi di marketing compiuti. Diamo uno sguardo ad alcune regole e ai dati del market share del grande mercato tedesco, dove i consumatori consapevoli si sono orientati in massa verso prodotti private label.

Hugh O’Brian


Per capire meglio in che modo sia monitorato il comportamento dei consumatori, il Perini Journal ha visitato la GFK Panel Services di Norimberga, in Germania. Il gruppo, che nel 2002 ha fatturato 559 milioni di Euro, è la quinta organizzazione di ricerche di mercato. Consta di 5 divisioni dedicate a studi sulle abitudini del consumatore, studi sul settore sanitario, sui prodotti no-food, sui media e infine studi specifici. Oltre alle 15 filiali in Germania, la società ne conta oltre 120 in 50 paesi; impiega attualmente circa 5.000 persone, di cui il 30% in Germania.

Helmut Hübsch lavora in Germania nell’ambito dello studio delle abitudini del consumatore; è responsabile di divisione per il settore “prodotti per la cura della persona e della casa”. Hübsch, che ha una esperienza ultraventennale nel campo delle ricerche di mercato, ci offre una interpretazione delle recenti tendenze del comportamento di acquisto del consumatore tedesco e del crescente uso di prodotti a marchio del produttore, preferiti ai prodotti di marca.


PJL: PUÒ DESCRIVERCI I METODI CHE UTILIZZATE PER RACCOGLIERE DATI SULLE ABITUDINI DEI CONSUMATORI?

Hübsch: “Siamo una società di studio sulle abitudini del consumatore, non un servizio di indagine sulla distribuzione. Le due cose sono ben diverse. Noi ci basiamo su dati diretti provenienti da 13.000 famiglie in tutta la Germania. Poiché il dato è fornito direttamente dal consumatore, riteniamo sia molto più affidabile di altri servizi di ricerca sulla distribuzione. In questo modo possiamo offrire un’informazione più attendibile sulle preferenze del consumatore nell’intero mercato, piuttosto che rilevare cosa accade ai grandi distributori”.

“Inoltre i dati degli studi sulla distribuzione non sempre sono basati su tutti i distributori. Ad esempio, in Germania una delle maggiori catene di distribuzione è il discount Aldi. Stranamente i dati relativi ad Aldi non compaiono nelle indagini standard sulla distribuzione, il che dimostra una notevole zona d’ombra in corrispondenza di un’ importante fetta di mercato”.


PJL: IN CHE MODO LE 13.000 FAMIGLIE VI FORNISCONO I DATI RELATIVI AI LORO ACQUISTI?

Hübsch: “Ogni famiglia dispone di un lettore che utilizza ogni volta che fa un acquisto: i dati sono inseriti in un modem che passa a noi le informazioni. Così sappiamo cosa entra in casa e da dove proviene. Poiché conosciamo il profilo di ogni famiglia - numero di componenti, età, entrate, ecc., - possiamo avere un’idea chiara delle tendenze sul mercato”.


PJL: COSA SPINGE LE FAMIGLIE A PARTECIPARE ALLE VOSTRE INDAGINI? RICEVONO UN COMPENSO?

Hübsch: “No, perché offrire loro un compenso potrebbe in qualche modo alterare i risultati. Partecipano un po’ come concorrenti di un gioco televisivo, gratificati dall’idea di potersi rendere utili per migliorare l’offerta di prodotti sul mercato e influenzare le grandi aziende e le catene di distribuzione”.


PJL: COSA MOSTRANO I VOSTRI DATI A PROPOSITO DELLE TENDENZE DEL MERCATO DELLA DISTRIBUZIONE TEDESCO?

Hübsch: “Sembra chiaro che i discount stanno guadagnando mercato a spese sia dei grandi distributori che dei piccoli rivenditori.

Il maggior discount è Aldi, che in questi ultimi anni ha conosciuto una crescita notevole (figura1). Considerando il mercato nel suo complesso, i discount detengono circa il 37% del volume di vendite. Una notevole impennata se consideriamo che appena 5 anni fa detenevano poco meno del 30%”.

“Aldi è un vero fenomeno in Germania: offre prezzi molto bassi ed ha acquisito quasi una fama da Robin Hood. Vende soltanto prodotti a marchio del distributore, nessun prodotto di marca: dunque chi frequenta Aldi è un consumatore di prodotti private label. Aldi rappresenta una forza tanto influente sul mercato che dividiamo i dati in tre categorie: marchi, private label e Aldi”.


PJL: COSA STA ACCADENDO NELLA LOTTA TRA PRODOTTI DI MARCA E PRODOTTI A MARCHIO DEL DISTRIBUTORE?

Hübsch: “In tutte le categorie di beni di consumo che studiamo, si osserva chiaramente una tendenza verso i prodotti a Marchio Del Distributore. Il fenomeno va avanti da molti anni. Nel 1999, ad esempio, la quota totale di mercato delle private label dal punto di vista del valore era del 23,4% (figure 2 e 3).

I recenti dati relativi alla prima metà del 2003 indicano che la quota è salita ora al 32,1%, con un incremento del 3% annuo negli ultimi 5 anni. Alcuni dati del 2003 indicano che la crescita potrebbe rallentare.”


PJL: CHE RUOLO HA GIOCATO ALDI IN QUESTA CORSA ALLE PRIVATE LABEL? HA INFLUITO CON LA PROPRIA CRESCITA?

Hübsch: “No, non direi. La divisione tra la crescita delle private label presso Aldi e delle private label presso altri distributori è abbastanza netta. Entrambe comunque hanno strappato quote di mercato ai marchi in quasi tutte le categorie”.


PJL: COME È CRESCIUTO IL MERCATO DELLE PRIVATE LABEL NELL’AMBITO TISSUE?

Hübsch: “I nostri dati indicano che il settore private label nei prodotti tissue - come i rotoli igienici, asciugatutto e veline - ha già raggiunto il massimo livello tra tutte le categorie di beni di consumo che seguiamo (figura 4). I dati più recenti relativi alla prima metà del 2003 indicano che le private label attualmente costituiscono il 64% del mercato del tissue, mentre per tutto il 2002 rappresentavano soltanto il 62,6%. Per fare un confronto, consideriamo che nel 1999 il tissue private label deteneva una quota pari al 53% del mercato; ciò indica una crescita notevole negli ultimi anni” (figura 5).

“In ogni categoria di prodotti tissue le private label detengono una quota importante e in crescita. Non credo che marchi come Bounty e Charmin possano invertire questa tendenza. Abbiamo assistito ad un considerevole sforzo di marketing da parte della Procter&Gamble al momento del lancio di Bounty e Charmin. I marchi sono stati posizionati sul mercato con successo, a scapito più degli altri marchi che dei prodotti private label. La tendenza a lungo termine in Germania è verso le private labels.”

“In ogni categoria di carta la quota delle private label è molto forte. La Procter&Gamble ha spinto molto l’asciugatutto e l’igienico TAD di alta qualità. Questo significa un ritorno verso i prodotti di marca? E’ difficile a dirsi. Abbiamo alcune indicazioni che mostrano un rallentamento della crescita delle private labels. Il ritmo di crescita nel 2003, infatti, è assai moderato rispetto al passato: 6,3% nel periodo giugno 2002 - luglio 2003 rispetto al 12,7% del periodo luglio 2001 - giugno 2002”.


PJL: QUALE CREDE CHE SIA IL MOTIVO PER CUI IL TISSUE È IL BENE DI CONSUMO A MAGGIOR DIFFUSIONE DI PRIVATE LABEL?

Hübsch: “Penso che ci siano tre motivi principali: innanzitutto direi che questi prodotti suscitano un basso coinvolgimento, a differenza di altri prodotti quali uno champagne o un profumo ad esempio. Di conseguenza anche dal punto di vista della pubblicità è difficile attuare un richiamo emotivo.

In secondo luogo, i progressi tecnici sono facilmente copiati o imitati dai produttori di private labels. Ad esempio, quando fu lanciato il TAD Charmin, Aldi ribatté immediatamente con un rotolo igienico a 4 veli. Quindi i vantaggi tecnici percepiti hanno breve durata.

Terzo, credo che la differenza di qualità percepita tra un prodotto di marca ed uno private label non sia tale da giustificare la differenza di prezzo. Il dislivello di valore che si percepisce rispetto ad altri prodotti non è facile da colmare. Ad esempio, in occasione di una festa probabilmente preferiamo servire champagne di marca perché uno champagne a marchio del distributore potrebbe comportare rischi troppo elevati. Se lo champagne private label che serviamo si rivela non buono faremo una brutta figura. Ma alla stessa festa potremmo avere asciugatutto o carta igienica private label con un rischio molto scarso che si rivelino di bassa qualità o che siano oggetto di discussione.”


PERCHÉ NON METTERE IL MARCHIO SUL PRODOTTO?

A proposito delle difficoltà legate al marchio che i produttori di tissue stanno affrontando, Hübsch non ha particolari soluzioni da proporre. Un aspetto che ha considerato è che generalmente i produttori di tissue non pongono il nome sul prodotto stesso.

“Perché il nome Bounty, o Charmin o Zewa non è scritto su ogni strappo del prodotto? E’ scritto sulla confezione, la quale però é eliminata prima dell’utilizzo del prodotto. Se il marchio fosse più visibile al consumatore si otterrebbe una maggiore fidelizzazione. Non ho mai capito il motivo per cui i marchi non siano direttamente stampati o goffrati sui prodotti tissue”.

Riguardo le ragioni del netto orientamento del mercato tedesco verso i prodotti private label, Hübsch ritiene che sia conseguenza dei cambiamenti dello stile di vita e, naturalmente, di scelte di vita. “In Germania sembra che ogni decade sia caratterizzata da tendenze o stili di vita particolari. Gli anni ‘60 erano caratterizzati dalla riorganizzazione post bellica e le necessità erano quelle basilari: cibo e birra. Negli anni ’70 si sviluppò una tendenza all’agio sostenuta dalla sensazione che le cose cominciassero nuovamente ad andare. Il decennio ’80 fu orientato alla carriera e gli anni ’90 orientati all’individuo”.

“Ora, nella prima decade del 2000, sembra che si attribuisca molta importanza a risparmiare soldi o almeno a spenderli con attenzione. Forse si deve all’economia o alla disoccupazione, o semplicemente al desiderio di far fruttare bene il proprio denaro.

Qui abbiamo una catena di elettrodomestici che ha lanciato lo slogan: ”Non sono stupido!”. Credo che sia proprio questo uno dei motivi per cui i discount ed i prodotti a marchio del produttore sono cresciuti tanto in questi ultimi anni. La gente è molto più attenta a spendere bene e i discount danno la sensazione di spendere bene e risparmiare allo stesso tempo. Trent’anni fa era quasi imbarazzante fare la spesa da Aldi, perché tradiva l’esigenza di risparmiare. Oggi nei parcheggi vediamo auto come Porsche e Ferrari e questo dimostra che i discount sono frequentati da tutti.


GLI AMANTI DELLA BIRRA SONO LA CATEGORIA PIÙ FEDELE.

Se osserviamo i dati relativi alla diffusione di prodotti private label per categoria, un aspetto che salta all’occhio è la minima diffusione nel settore della birra: soltanto il 3,8% del mercato. Spiega Hübsch: “I tedeschi che bevono birra sono fedeli al produttore locale. Inoltre esiste una tale quantità di tipi diversi di birra che non c’è spazio per le private label. A quanto pare ai tedeschi non dispiace spendere sulla birra!”•

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