PJL-31

Un aeroplanino di carta

Verso la fine di ottobre qualcuno nel mondo si troverà a raccogliere per caso un aeroplano di carta e ad alzare la testa per cercare il bambino che l'ha scagliato, per renderglielo o dirgli che non si fa, a seconda dell'umore della giornata. Non troverà nessuno, però, cui dare la colpa o cui sorridere.

Perini Journal

Quel pezzo di carta piegata e sagomata come uno Shuttle è davvero, di fatto, uno Shuttle. A lanciarlo è stato un bambino di quarantacinque anni, giapponese, di nome Koichi Wakata, che da circa 350 km sopra le nostre teste, durante una passeggiata (spaziale) nei dintorni del suo scarno appartamento (che viaggia a 27743,8 km/h) ha compiuto il semplice gesto di lasciar decollare il sogno cartaceo di un bel po' di serissimi professori dell'Università di Tokyo. Sopra quei 20 cm di ingegneria aerospaziale povera ci sarà scritto, anche nella lingua di chi li raccoglierà da terra, che: “Questo aereo viene direttamente dalla Stazione Spaziale Internazionale. Per favore, restituitelo all'Associazione Giapponese Aeroplanini di Carta.”

 

FORSE È DA QUESTA ASSOCIAZIONE SUI GENERIS CHE SI DOVREBBE PARTIRE A RACCONTARE LA STORIA DELL'ESPERIMENTO GUIDATO DAL PROFESSOR SHINJI SUZUKI, un ingegnere che solitamente si occupa di cose più noiose al Dipartimento di Aeronautica e Astronautica dell'Università di Tokyo. I giapponesi la chiamano Associazione degli Origami fatti come un Aereo, definizione che conferisce una sensazione di maggior tradizione e fascino culturale e dà meno l'idea di gioco. Origami significa arte di piegare (ori) la carta (kami) ed è un passatempo con cui ognuno si è misurato almeno una volta. Non tutti arrivano a pensare di fondare un circolo di appassionati del genere, però; Takuo Toda sì (e Takuo Toda ha anche scritto un libro, Paper Airplane, del 2003, su questi leggerissimi aeromodelli). Fino a che, nel 1999, ha incontrato il Professor Suzuki. Non si può negare che avessero la comune passione del volo, pertanto la sfida di lanciare un origami dall'apertura alare di 3 m è stato naturale concepirla, affrontarla e vincerla insieme (in diretta TV, probabilmente durante lo “Scommettiamo che...?” orientale).

Quando si accorsero che assomigliava vagamente a uno Space Shuttle, si riconobbero l'uno negli occhi dell'altro: le basi del progetto Re-entry Flight erano state gettate.

 

IL PROFESSOR SHINJI CI RACCONTA CON PAROLE SCIENTIFICHE E ACCURATE COM'È CHE QUEST'IDEA, CHE DEVE SUONARE STRAVAGANTE SOLO ALL'APPARENZA, POTRÀ AVERE DEI RISVOLTI DI UTILITÀ PRATICA per l'intera comunità scientifica e quindi per l'avanzamento della conoscenza umana. Progettare ultraleggeri che siano in grado di rientrare nell'atmosfera terrestre senza subire danni fornirà utili informazioni sull'atmosfera stessa e sulle condizioni del nostro pianeta. Inoltre può dare spunti per la progettazione di nuovi metodi di protezione dei veicoli spaziali; e sicuramente avvicinerà i bambini alla scienza e i giovani alla cultura del progetto e alla tecnologia. Ci spiega che la carta che costituisce l'aeroplanino è carta comune; solamente è trattata chimicamente per migliorare la resistenza al calore e la forza della struttura, visto che deve resistere a una velocità di decollo di Mach 20 (venti volte la velocità del suono, cioè quasi 7000 m/s). Fortuna che ha una superficie (molto ampia) e un peso (molto basso) tali da indurre l'intero origami a ridurre la sua velocità gradatamente: quando si troverà a 80 km di altezza, la sua velocità sarà di circa Mach 7 (un terzo rispetto alla partenza). La scommessa più complessa è quella di assicurarsi che l'aeroplano non prenda fuoco come un meteorite che tenti di eliminare ogni forma di vita dalla Terra, riassume l'ingegner Suzuki. In effetti 200°C non sono pochi, per un pezzo di carta.

 

LA SOLUZIONE È ARRIVATA NEL 2007: un trattamento che rende la carta simile a una lastra di vetro, aumentandone la resistenza al fuoco come quella all'acqua. Bastava una galleria del vento, un supporto simile a una spatola da muratori da infilare dentro l'aereo e tutto poteva essere dimostrato vero e funzionante: il primo aereo supersonico di carta (è qui che Neil Armstrong aggiungerebbe una frase sui passi da gigante).

 

MANCAVA UN PILOTA PER TUTTO QUESTO: alla JAXA, la Japan Aerospace Exploration Agency (no, non torna; meglio chiamarla come fanno alla sede di Chōfu: Uchū-Kōkū-Kenkyū-Kaihatsu-Kikō) ce n'erano tanti, e tutti molto bravi. Ma chi a Houston, Texas, chi già in giro sull'International Space Station, era difficile reclutarne di disponibili. Ci penserà Koichi Wakata, veterano di due missioni NASA, a dare il via all'esperimento, nell'ottobre del 2008. Forte delle prove che il Kashiwa Campus dell'Università di Tokyo ha condotto su un prototipo: il 17 gennaio scorso un aereo origami di 8 cm di lunghezza è stato testato con successo per dieci secondi dentro un tunnel supersonico che simulava la velocità di Mach 7. Missione compiuta, almeno qui a terra.

Shinji Suzuki conclude augurandosi che sempre più spesso la scienza sappia porsi obiettivi lungimiranti e ambiziosi in modi sempre più originali e coinvolgenti. È anche così che l'uomo indaga e scoprirà sempre di più se stesso. •

 

I fatti

L'Università di Tokyo, in collaborazione con l'Agenzia di Esplorazione Aerospaziale Giapponese (JAXA) e la Japan Origami Airplane Association, progetta di lanciare dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS) uno speciale aeroplano di carta: rinforzato e chimicamente trattato per resistere alle alte temperature e alle difficili condizioni di rientro nell'atmosfera terrestre, sarà lanciato a fine ottobre da un astronauta giapponese, Koichi Wakata, durante una passeggiata intorno allo Shuttle. A guidare l'impresa, da terra, il Professor Shinji Suzuki.

 

Le cifre

Quota di decollo: 350 km.

Velocità della ISS: 27743,8 km/h.

Velocità di decollo: Mach 20 (circa 7000 m/s).

Velocità a quota 80 km: Mach 7.

Temperatura massima raggiunta durante il volo: 200 °C.

Lunghezza dell'aeroplano: 20 cm.

Data dell'esperimento (Re-entry Flight): ottobre 2008.

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