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Bruno Munari: l’Arte come mestiere

Ha usato la sua creatività e la sua poesia in tantissimi ambiti della comunicazione ma, sopratutto, ci ha insegnato a guardare il mondo con gli occhi di un bambino

Nico Zardo

“Macchine inutili”, “Libri illeggibili”, “L’agitatore di coda per cani pigri”, “Fossili del 2000”, “Forchette parlanti”… rileggendo i titoli delle sue opere si potrebbe pensare all’attività di un contestatore anarchico in vena di provocazioni. In realtà il titolo si rivela come un prologo e un’estensione dei suoi lavori: una premessa stimolante per catturare l’attenzione e stabilire una base di rapporto decisamente originale con l’interlocutore.

Parliamo di Bruno Munari, un grande “operatore della comunicazione”che per essere inquadrato richiede l’attribuzione di almeno tre termini: artista, designer ed educatore. A lui sono state dedicate diverse mostre (due a Milano una a Parma) in occasione del centenario della nascita e del decennale della scomparsa.

 

“HO CERCATO DI COMUNICARE QUELLO CHE GLI ALTRI NON VEDONO AD ESEMPIO UN ARCOBALENO DI PROFILO”. “Complicare è facile, semplificare è difficile. (…) La semplificazione è il segno dell’intelligenza, un antico proverbio cinese dice: quello che non si può dire in poche parole non si può dirlo neanche con molte”.

Queste sua frasi racchiudono la sintesi della sua filosofia e lo spirito della sua opera.

Nato nel 1917 e scomparso nel 1998, Munari ha attraversato tutto il secolo passato come protagonista di cambiamenti culturali profondi e autore di proposte originali e innovative.

 

NEGLI ANNI TRENTA, dopo esperienze pittoriche nell’ambito del surrealismo di Prampolini e Marinetti, Munari sperimenta opere di taglio essenziale e geometrico che lo porteranno alla creazione delle prime “Macchine inutili” (1934): leggere sculture fatte di elementi geometrici appesi a fili e mossi dall’aria. Quest’idea di un estetica “in movimento” dove tecnica e funzione entrano in gioco nel definire un oggetto equilibrato e mutevole impronteranno molta parte della sua opera traducendosi in lavori di grafica, oggetti di design, libri per bambini.

 

IL SUO APPROCCIO AL PROGETTO È CARATTERIZZATO DA UNA SINCERA CURIOSITÀ NEL CERCARE SOLUZIONI SEMPLICI usando tecniche e strumenti nuovi o utilizzando in modo innovativo quelli già esistenti. La sua mancanza di prevenzione lo porta a reinventare le cose ripartendo dalle condizioni oggettive del suo tempo che richiedevano processi di produzione semplici, materiali tecnologicamente appropriati, idee in grado di fornire forte valore aggiunto al prodotto.

Con questo spirito progetta per Danese lampade e contenitori molti dei quali - malgrado si viva in tempi di obsolescenza brevissima dei prodotti ancora sul mercato!

Nel processo creativo Munari si lascia spesso tentare dalla sua vena artistica e poetica: progetta le “Sculture da viaggio” pieghevoli (per portasi dietro qualcosa della propria cultura), la “Sedia per visite brevissime” (Singer 5000 ancora in produzione da Zanotta) con una seduta inclinata in modo da scoraggiare interlocutori poco dediti alla sintesi; con i “Fossili del 2000” sottolinea l’obsolescenza delle tecnologie immergendo valvole termoiodiche in prismi trasparenti di resina poliestere e propone una metafora della natura che include gli insetti nell’ambra.

Munari si confronta in modo più diretto con la “quarta dimensione” progettando “Ora x” (1945 riproposto nel 1963): un orologio con le sfere fatte da semicerchi trasparenti con i colori fondamentali che sovrapponendosi compongono tutti gli altri colori. Con l’orologio da polso “Tempo libero” progettato per la Swatch suggerisce una nuova astrazione dell’idea del tempo mettendo dodici piccoli dischi con i numeri delle ore posti tra due vetri sul quadrante in modo che possano muoversi liberamente con il movimento del polso.

 

A PARTIRE DAL 1930 MUNARI SI OCCUPA DI GRAFICA EDITORIALE e progetta campagne pubblicitarie per la Campari; nel 1942 pubblica con Einaudi il libro “Le macchine di Munari” dove rappresenta improbabili meccanismi per addomesticare le sveglie, per agitare la coda dei cani pigri o per annusare i fiori finti.

Nel 1945 mette a frutto la sua esperienza di padre (il figlio Alberto nasce nel 1940) pubblicando con Mondadori una serie di libri per bambini che costituiranno la base dei principi educativi che svilupperà successivamente.

Con i “Libri illeggibili” (1950) suggerisce una idea diversa del libro proponendo una pubblicazione quadrata di 32 pagine (cm 10x10) senza parole, a parte il titolo, con pagine di colori e forme differenti, tagliate, bucate: un invito a cercare e scoprire, a fare un’esperienza percettiva elementare.

 

NEL 1954 VINCE IL COMPASSO D’ORO PER UN GIOCATTOLO IN GOMMAPIUMA (LA SCIMMIETTA ZIZI) e nel 1957 per il Secchiello portaghiaccio. Nel 1958 offre un esempio di capacità comunicativa presentando le “Forchette parlanti” dove fa assumere alle posate tradizionali una gestualità gioiosa ed espressiva.

La sua fama comincia a diffondersi anche all’estero: espone in Europa e negli Stati Uniti, inizia frequenti viaggi in Giappone ritrovando in quella cultura grande affinità col suo modo di pensare. La grafica della copertine della collana “Nuovo Politecnico” di Einaudi (1965) con il quadrato rosso su fondo bianco oltre alla secca efficace riconoscibilità dei libri fa pensare a un affettuoso tributo alla bandiera nipponica.

Tra le sue opere di grafica grande popolarità ha avuto il manifesto Campari (1960) fatto da Munari con un collage di vecchie pubblicità della ditta in modo da poter essere letto “in velocità” dagli utenti della nuova metropolitana di Milano.

Ancora una volta attratto e “provocato” dalle nuove tecnologie Munari propone nel 1964 le “Xerigrafie originali” e ribalta il modo di vedere la fotocopiatrice trasformando un mezzo di riproduzione seriale in uno strumento per opere uniche e irripetibili.

 

NEL 1967 VIENE INVITATO DALLA HARVARD UNIVERSITY a tenere un corso di comunicazione visiva presso il Carpenter Center for the Visual Art di Cambridge, nel Massachussets: da queste lezioni nasce il libro “Design e comunicazione visiva”, che si affianca a una serie di volumi in cui espone le proprie idee sul design.

 

IL SUO INTERESSE PER L’INFANZIA nato con la sua esperienza di padre lo portano a mantenere sempre viva la produzione di libri, giochi che aiutano il bambino a sviluppare la curiosità per il mondo esterno e l’affinamento delle capacità sensoriali.

I libri (come per i ”Libri illeggibili”) diventano giochi: pagine non legate con disegni a colori stampati su plastica trasparente possono essere liberamente sovrapposte per comporre storie sempre diverse, pagine di materiali differenti offrono ai bambini esperienze sensoriali nuove, pagine con forme sagomate possono essere usate come traccia per disegnare nuove forme. Sempre per i bambini nel 1971 progetta “Abitacolo” una struttura multifunzionale in acciaio che in uno spazio minimo permette al bambino di crearsi un habitat da usare e vivere in modo personale.

 

L’ATTIVITÀ DI EDUCATORE DI MUNARI SI STRUTTURA IN LABORATORI PER BAMBINI (nati ufficialmente a Brera nel 1977) e diventa un metodo pedagogico brevettato che utilizza giochi didattici e libretti con pochissime parole, che privilegia l’osservazione della natura e che considera il processo cognitivo del bambino più importante del risulto finale.

Definito un “Peter Pan di statura leonardesca”(Pierre Restany) Munari ci ha lasciato con le sue opere una eredità preziosa e un esempio di vita leggero e poetico che potrà aiutarci a “vedere l’arcobaleno di profilo”. •

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