PJL-31

La sostenibile leggerezza del PIL

Il carbonio è l'elemento chimico della tavola periodica degli elementi che ha come simbolo C, come numero atomico 6 e peso atomico 12,01.

É un elemento non metallico, tetravalente ed è unico nelle sue proprietà chimiche perché forma un certo numero di composti superiore al numero totale di tutti i composti che tutti gli altri elementi sono in grado di formare combinandosi tra di loro.

Nessun elemento è tanto importante per la vita quanto il carbonio, in quanto solo il carbonio forma singoli legami forti con sé stesso che sono abbastanza stabili da resistere all'attacco chimico in condizioni ambiente. Questo da al carbonio la capacità di fornire lunghe catene e anelli di atomi, che costituiscono la base strutturale di molti composti che includono le cellule viventi, il piu' importante dei quali è il DNA.

 

Il Perini Journal incontra il team di ricerca della Divisione Carbonio della Fabio Perini S.p.A.; Daniele Del Carlo Responsabile area di Produzione e l’Ing. Tiziano Fracassi Responsabile Tecnico, oltre all’Ing. Fabrizio Raffaelli Dirigente Tecnologo dell’INFN di Pisa (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) che collabora da alcuni anni con la Fabio Perini, ci introducono nel mondo del carbonio e dei materiali compositi e ci parlano delle loro applicazioni nel mondo del tissue.

 

Perini Journal

«La massa della produzione è sostanzialmente invariata rispetto a un secolo fa, mentre il valore reale del PIL, nello stesso periodo, è aumentato di 20 volte. Questo significa che il peso per unità di valore è diminuito sensibilmente.» Questa frase pronunciata da Alan Greenspan, allora governatore della Fed, nel 1996 al Conference Board di New York, evidenziava un fenomeno che, avviatosi negli anni Cinquanta, con l’adozione massiccia della plastica per la produzione di beni di consumo, negli anni Novanta aveva subito una forte accelerazione, con sviluppo delle tecnologie informatiche e di telecomunicazione.

 

CON L’AVVENTO DELLA NET ECONOMY, SI COMINCIA A FAVOLEGGIARE DELLA “DEMATERIALIZZAZIONE” DELLA PRODUZIONE. Il fenomeno ha interessanti ripercussioni in termini di ecologia e sostenibilità: realizzare gli stessi beni con un minore utilizzo di risorse e di energia significa depauperare meno le risorse del pianeta, ma anche creare opportunità nuove per le imprese. Oggi, con il petrolio che aumenta di prezzo quotidianamente, e le energie alternative che assorbono ancora più investimenti in ricerca di quanti profitti riescano a realizzare, sostenibilità ed efficienza energetica sono priorità, non solo per gli ambientalisti, ma anche per imprenditori e manager, consapevoli che il vantaggio competitivo oggi si acquisisce anche abbattendo i costi energetici.

 

PIÙ PRODUTTIVITÀ E PIÙ EFFICIENZA ENERGETICA SONO DUE OBIETTIVI IMPRESCINDIBILI PER L’IMPRESA CHE OGGI DESIDERA CONQUISTARE O MANTENERE UN VANTAGGIO COMPETITIVO. Ma sembrano essere in contrasto fra loro. Usciamo da un’epoca di energia disponibile a basso costo, e ci stiamo avviando a un periodo nel quale sarà necessario considerare l’energia come un problema, più che come un dato di fatto. E questo vale sia per chi opera nel mondo industrializzato, dove le forniture di energia saranno sempre più costose, sia nei paesi emergenti, dove il problema è – e continuerà a essere – l’affidabilità degli approvvigionamenti di energia. I due obiettivi sembrano essere in contrasto fra loro perché, fino a oggi, i progressi della produttività, in agricoltura, nell’industria e nei servizi, sono stati raggiunti grazie a innovazioni ad alta intensità di energia: i fertilizzanti di sintesi, l’automazione, lo sviluppo delle tecnologie informatiche e di telecomunicazione sono figli di uno sfruttamento intensivo degli idrocarburi, come materiali o combustibili.

 

LA SOLUZIONE DI QUESTA APPARENTE CONTRADDIZIONE PUÒ ESSERE CERCATA, ALMENO IN PARTE, NELLA SCIENZA DEI MATERIALI E, IN PARTICOLARE, NEI MATERIALI COMPOSITI. «Si tratta di materiali non presenti in natura, risultato di una combinazione di almeno due componenti in forma, proporzione, distribuzione e orientazione differenti. La combinazione opportuna dei due elementi produce un materiale che ha nuove proprietà meccaniche ottenendo prestazioni migliori per le condizioni di funzionamento richieste che non sono riscontrabili nelle singoli componenti. Ciascun costituente mantiene la propria identità nel composto finale senza dissolversi o fondersi completamente nell’altro.» spiega l’Ing. Fabrizio Raffaelli, Dirigente Tecnologo dell’INFN di Pisa (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare).

 

LA LIBERTÀ CHE I MATERIALI COMPOSITI OFFRONO al progettista è quella di poter ottimizzare il materiale per i carichi a cui è soggetto ottenendo una risposta voluta alle sollecitazioni termiche e meccaniche. Questo obbiettivo può essere raggiunto utilizzando all’interno delle strutture molti materiali in differenti posizioni spaziali. Un esempio è l’utilizzo di materiali cellulari a bassa densità (Rohacell, termanto, schiume poliuretaniche etc. che hanno densità 50-60 volte inferiore all’alluminio) accoppiati con i compositi avanzati. Il cemento armato è un’altro esempio: il tondino di ferro sopporta i carichi di tensione, mentre il cemento quelli in compressione. Quindi, per ottimizzare il suo utilizzo il progettista concentrerà il ferro nella zona spaziale in cui è presente lo stato di trazione. A un livello di maggiore sofisticazione, i materiali compositi avanzati consistono in una fibra lunga ad alta resistenza inserita in una matrice epossidica. Il risultato è un risparmio di peso ottenuto grazie al miglior rapporto peso-resistenza. Altri vantaggi rispetto ai materiali tradizionali includono l’alta resistenza alla corrosione e la resistenza alla fatica (resilienza).

 

LA MAGGIOR PARTE DEI MATERIALI COMPOSITI MODERNI COMBINANO UNA MATRICE IN RESINA TERMOINDURENTE CON RINFORZI IN FIBRA. I rinforzi più comunemente usati sono il carbonio e le fibre aramidiche. La scelta del tipo di rinforzo e della quantità di resina permettono di calibrare le caratteristiche di inerzia e resistenza su qualsiasi esigenza richiesta dall’utilizzo del prodotto finito. Oggi, i materiali compositi vengono utilizzati per realizzare prodotti di ogni genere: dalle racchette da tennis ai bastoni da golf, dagli sci alle suole di scarpe e scarponi, dalle scocche di automobili e motocicli alle carlinghe degli aeroplani, dai satelliti ai telai di biciclette.

 

IL LORO IMPIEGO NELLA PRODUZIONE DI MACCHINE UTENSILI NON È ANCORA DIFFUSO. La ragione? In primo luogo, i costi. Ma anche l’idea che si tratti di materiali estremamente specializzati, soggetti ancora a problemi di affidabilità, adatti ad applicazioni sperimentali. Come vedremo, molte di queste preoccupazioni si fondano più sul mito che sulla realtà: i processi produttivi sono ormai affidabili e sicuri; e la progettazione sta integrando questi componenti nella macchine attualmente sul mercato. E questo vale anche per gli impianti per la trasformazione del tissue. «La ricerca sui materiali compositi, in Fabio Perini S.p.A., è cominciata con il progetto XXL nel 1995: le dimensioni stesse della macchina (larghezza 5500 mm) imponevano, con la necessità di limitare i pesi, il ricorso a materiali innovativi che garantissero la stessa rigidità dell’acciaio con una densità del materiale (e quindi un peso) inferiore,» ricorda Daniele Del Carlo, Responsabile area di Produzione, della Divisione Carbonio. Da principio, la Fabio Perini S.p.A. si è rivolta a fornitori esterni, la consapevolezza di quanto possa essere strategico, per il futuro, uno specifico know-how ha suggerito all’azienda di avviare, tre anni fa, la produzione di cinematismi in carbonio al proprio interno.

 

«QUESTA SCELTA È STATA DETTATA ANCHE DA LOGICHE DI RISPARMIO E DI RIDUZIONE DEL RISCHIO,» CONTINUA DEL CARLO. «La produzione di manufatti in materiali compositi, infatti, è spesso legata a procedimenti artigianali, che non consentono di garantire un’uniformità del prodotto alle caratteristiche richieste. La scelta della Fabio Perini S.p.A. è stata così orientata allo sviluppo di tecnologie produttive di provata efficacia e di caratteristiche industriali, che si avvalgono del supporto del controllo numerico per realizzare rulli di caratteristiche uniformi, anche in grandi quantità.»

La tecnologia produttiva adottata alla Fabio Perini S.p.A. è il filament winding, che consiste nella deposizione controllata e automatizzata di materiale composito, intorno a un mandrino rotante, sagomato a seconda della geometria desiderata del prodotto finito. Le caratteristiche del prodotto finito sono determinate dall’orientamento delle fibre (il tutto controllato da un software), dal materiale utilizzato (che può essere preimpregnato o con impregnazione durante il processo) e dalla tensione della fibra. Questa tecnica garantisce un’elevata produttività, precisione nel posizionamento delle fibre e nel controllo delle quantità di resina che può essere variata durante il processo produttivo, minimizza l’intervento umano e permette di evitare l’autoclave per la polimerizzazione delle resine.

 

DAL 2006 A OGGI, SONO STATI GIÀ PRODOTTI CIRCA 2000 RULLI IN MATERIALE COMPOSITO, utilizzati principalmente come rulli folli, quelli che per la propria funzione sono scarsamente sollecitati durante il funzionamento dell’impianto. Ma la sperimentazione non si ferma. Già si parla di rulli goffratori in materiali compositi e, soprattutto, si comincia a pensare a un impianto per la trasformazione del tissue completamente riprogettato per sfruttare al meglio le caratteristiche dei compositi.

L’obiettivo? «Possiamo immaginare, per il futuro, di sfruttare tutti i benefici che i materiali compositi, con la loro specializzazione funzionale, ci possono offrire,» spiega l’Ing. Tiziano Fracassi, Responsabile Tecnico della Divisione Carbonio della Fabio Perini S.p.A. Alcuni esempi? «Rulli più piccoli permettono di costruire macchine più compatte, che possano essere ospitate in spazi più ridotti, con la conseguente riduzione dell’investimento in immobili strumentali alla produzione o una compressione dei canoni di affitto e gestione. E poi, rulli più piccoli e leggeri riducono le sollecitazioni sulla struttura della macchina e possono permettere di ridurne le dimensioni e il peso. Macchine più leggere comportano minori costi e tempi di trasporto, montaggio, collaudo, con una riduzione del tempo che intercorre fra l’acquisto e la messa in produzione dell’impianto. In questo caso, il beneficio non è solo finanziario, ma anche operativo.» Ma, se è evidente che la riprogettazione integrale di un impianto può essere un obiettivo solo di medio termine, non si può immaginare che la sperimentazione non proceda lungo percorsi di più piccolo cabotaggio, alla ricerca di benefici economici e tecnologici immediati.

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