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Andrea Palladio, 500 anni di architettura

La vita, l’architettura e l’eredità di Andrea Palladio sono i tre nuclei tematici presenti dal 20 settembre a Vicenza in una grande mostra: Palladio 500 anni. La manifestazione si sposterà a Londra nel febbraio 2009 e si concluderà - a maggio - negli Stati uniti.

Rita El Asmar

Nella storia dell’Architettura la figura di Andrea Palladio occupa una posizione preminente: egli appartiene, infatti, a quella ristretta cerchia di eletti il cui solo nome è sufficiente a definire i caratteri di un’intera epoca.

L’efficacia divulgativa del suo Trattato, la profondità di analisi della lezione classica e la capacità di rielaborarla facendosi interprete dello spirito del tempo hanno fatto della sua attività un episodio esemplare che ha avuto conseguenze di enorme portata sul modo di fare e pensare l’architettura, avvicinabile alla grande svolta determinata dalle straordinarie intuizioni di Le Corbusier.

 

ANDREA DI PIETRO DELLA GONDOLA (1508-1580), apprendista in una bottega di tagliapietre di Vicenza, viene iniziato all’architettura dall’umanista vicentino Giangiorgio Trissino, che lo introduce nei circoli culturali dell’epoca. La sua formazione procede lungo le due direttrici principali dell’approfondimento teorico, affinato dal confronto con intellettuali quali Daniele Barbaro, e dell’esperienza diretta: essa si esplica da un lato nell’instancabile attività di rilievo delle rovine romane, che gli consente un accesso privilegiato alle forme dell’antichità, dall’altro nel progetto e nella realizzazione di nuovi edifici, nei quali trasferisce e rielabora le conoscenze che sta via via acquisendo.

Le prestigiose frequentazioni gli procurano numerosi incarichi. I committenti appartengono alla potente oligarchia veneziana, che nelle sue architetture vede soddisfatta la propria esigenza di rappresentatività e decoro, e che attraverso esse suggella il suo controllo sullo Stato da terra nel momento in cui l’economia della Serenissima richiede un’alternativa ai commerci via mare. I rapporti con la committenza non scadono comunque mai in clientelismo, e non lo distolgono dal suo intento principale: ogni incarico è per lui un'occasione per integrare le sue ricerche con la sperimentazione sulla ”fabbrica” – un modello a scala reale – dell’attendibilità di quelle norme che stava elaborando e che avrebbero trovato espressione nei Quattro Libri.

 

LA RICERCA DI PALLADIO PARTE DAL RILIEVO DI FRAMMENTI DELLE ROVINE ROMANE, CHE ATTRAVERSO IL DISEGNO EGLI TENTA DI RESTITUIRE ALLA FORMA E AL CONTESTO ORIGINALI.

Questo sforzo di ricostruzione lo porta a constatare che “la vera bellezza e leggiadria degli antichi” non è solo determinata da dettagli stilistici ma anche da un insieme di proporzioni: per questo nel suo trattato, che raccoglie una riflessione maturata in trent’anni di attività, egli propone modelli che consentano di costruire secondo rapporti proporzionali di corrispondenza delle parti al tutto e del tutto alle parti. L’ideale di bellezza proposto rientra dunque all’interno della visione cosmica di matrice platonica dell’armonia dell’universo, adottata dai principali teorici del Rinascimento e a lui pervenuta grazie all’edizione critica del Barbaro del trattato vitruviano sull’architettura, di cui Palladio cura le illustrazioni.

 

LA FAMA E IL SUCCESSO DELL'OPERA DI PALLADIO SONO LEGATE TANTO ALLA FORZA DELLE SUE IDEE quanto all’efficacia con cui riuscì ad esprimerle nel suo trattato. La possibilità di restituire l’antico attraverso una serie di rapporti armonici e di declinarlo in una molteplicità di variazioni vicine al gusto e alla sensibilità locali hanno senz’altro consentito l’esportabilità del sistema palladiano, come dimostrano la sua diffusione in tutta Europa e l’influsso sull’architettura americana; tuttavia, la conoscenza del suo modo di fare architettura in un’epoca in cui a pochi era possibile prendere visione diretta delle sue opere, è certamente merito del suo trattato: sfruttando al meglio le potenzialità del più innovativo mezzo di comunicazione dell’epoca, egli elabora un’opera profondamente coerente, nella quale il testo è strettamente legato alle immagini, che riportano esempi di architetture concrete, rappresentate schematicamente e nel dettaglio con un linguaggio universalmente comprensibile (pianta, alzato, sezione), corredato di misure.

 

LA VITA, L’ARCHITETTURA E L’EREDITÀ DI ANDREA PALLADIO sono appunto i tre nuclei tematici rispetto ai quali si articolerà la grande mostra Palladio 500 anni, fulcro di una serie di iniziative sul piano locale, nazionale ed internazionale che il Comitato per le celebrazioni del V° centenario della nascita del celebre architetto sta promovendo e realizzando.

La mostra, prodotta dal CISA (Centro Internazionale Studi di Architettura Andrea Palladio) dalla Royal Academy of Arts e dal Royal Institute of British Architects di Londra, e curata da Guido Beltramini e Howard Burns, si inaugurerà a Vicenza a Palazzo Barbaran da Porto il prossimo 20 settembre 2008, si sposterà a Londra nel febbraio 2009 e si concluderà negli Stati Uniti nel maggio dello stesso anno.

Tra le circa trecento opere presenti in mostra saranno compresi disegni autografi di Palladio, disegni di architettura di una scelta di grandi maestri che lo hanno preceduto e seguito, dipinti, sculture, medaglie, libri e manoscritti provenienti da oltre cinquanta musei europei e americani, ai quali si aggiungeranno trenta modelli architettonici, metà dei quali costruiti appositamente per la mostra.

Il contesto culturale dell’epoca sarà ulteriormente approfondito dalle attività espositive collaterali proposte dalle città di Bassano del Grappa e Verona, che svilupperanno l’una il tema dei ponti, l’altra i temi dei monumenti antichi della città studiati da Palladio e dagli artisti, pittori e scultori che lavorarono con il grande architetto, a partire dal Veronese.

In Italia, e soprattutto nel Veneto, l’anniversario ha permesso di puntare l’attenzione sul delicato problema del recupero e della valorizzazione dell’immenso patrimonio artistico costituito dai palazzi e dai complessi storico–artistici realizzati da Andrea Palladio, che ne costituiscono il lascito più significativo: grazie all’azione delle Amministrazioni interessate, il recupero di palazzo Chiericati, la Basilica palladiana e il Teatro Olimpico a Vicenza e dei ponti di Bassano e Torri di Quartesolo sarà realizzato con una logica unitaria, nella prospettiva di una qualificazione e di una valorizzazione complessiva.

 

L’ANNO PALLADIANO SARÀ INOLTRE OCCASIONE DI MOMENTI DI APPROFONDIMENTO E DIVULGAZIONE, con progetti di ricerca, mostre, percorsi e itinerari di visita agli edifici palladiani del Veneto.

Sul fronte della ricerca e della formazione, la pluriennale attività promossa dal CISA per la diffusione della conoscenza di Palladio e della sua opera troverà un punto d’arrivo nella pubblicazione on-line di una innovativa banca dati che metterà a disposizione degli studiosi e degli appassionati tutti i documenti testuali e grafici relativi alla vita e all’opera di Palladio; esso costituisce uno strumento indispensabile per orientare la ricerca tra gli ingiustificabili vuoti che ancora esistono in materia, come ha rilevato la recente iniziativa dell’Università IUAV di Venezia che in collaborazione con la Fondazione Venezia Nuova ha avviato un progetto di ricerca nel tentativo di ricostruire l’attività del Palladio a Venezia, attraverso il rilievo di tutte le chiese da lui realizzate nella città lagunare: non esiste infatti ad oggi un rilievo completo e aggiornato, nonostante l’importanza che una simile documentazione riveste nell’ambito di interventi di conservazione e restauro, oltre che di studio.

 

GIUNGERÀ INFINE A COMPIMENTO IL PROGETTO PALLADIO SCRITTORE che a testimonianza della poliedricità dell’autore e del suo profondo legame con la cultura classica, prevede la pubblicazione di tutte le opere letterarie di Andrea Palladio, da I Quattro Libri dell’Architet-tura all’edizione illustrata del “De bello Gallico” di Giulio Cesare.

A questo proposito, risale a poche settimane fa la notizia dell’identificazione ad opera del direttore del CISA Beltramini, di un’opera rimasta inedita in seguito alla morte dell’autore, nel 1580, e di cui si erano perse le tracce. Le note autografe del maestro, sfuggite in passato, hanno oggi permesso di identificare nell’edizione cinquecentesca di 43 stampe con legende manoscritte sul retro conservata presso la British Library di Londra la bozza delle Storie di Polibio. “Come ogni uomo molto impegnato – commenta Beltramini – Palladio ha fatto stendere le legende da un assistente, ma poi ha riveduto le bozze. E dove l’assistente sbaglia, Palladio corregge con la sua inconfondibile calligrafia […]”.

Le preziose informazioni che si possono dedurre dal documento ritrovato confermano che gli studi su Palladio sono tutt’altro che conclusi, soprattutto rispetto agli aspetti meno conosciuti della sua opera, che l’eccellenza del costruttore ha contribuito a velare e che la perizia degli studiosi dovrà sviscerare. •

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