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Mercato europeo ancora nel caos

Guy Goldstein è uno dei nomi più noti nel settore tissue. Il Perini Journal ha recentemente parlato con lui del mercato europeo del tissue e di altri possibili sviluppi.

Perini Journal


Perini Journal: Se guardiamo al mercato europeo, quali sono i principali trend o cambiamenti in corso?

Guy Goldstein: Credo che dovremmo preoccuparci seriamente del fatto che la quota di mercato dei brand stia diminuendo senza sosta. Tutti i dati evidenziano che i prodotti in tissue a marchio privato continuano a erodere quote di mercato e ogni anno le cifre migliorano per i marchi privati mentre peggiorano per i brand. In Europa occidentale questo è un dato di fatto.

Per esempio, in Germania, la quota di mercato dei marchi privati nel tissue si aggira intorno al 60% mentre in Francia, Spagna e nel Regno Unito è del 50% e in Italia del 35% circa. E la tendenza si è manifestata in modo assai netto. Per la carta igienica, la quota dei marchi privati era del 40% nel 2001 e del 45% nel 2006. Lo stesso dicasi per gli asciugatutto, passati in Europa da una quota pari al 41% nel 2001 a una del 50% circa nel 2006.


PJL: E cosa succede nell'Europa orientale? La situazione dei brand è migliore?

GG: Sì, i marchi privati registrano percentuali inferiori in Europa orientale. Ma direi che questo avviene solo perché gli ipermercati e gli hard discount hanno appena iniziato a insediarsi in questi paesi. È evidente che le grandi catene stanno facendo rotta sull'Europa orientale e dunque anche questi mercati si troveranno presto ad affrontare una situazione simile. Ora i marchi privati detengono qui solo il 7% del mercato della carta igienica e il 3% del mercato degli asciugatutto, quindi è chiaro che si tratta di quote destinate ad aumentare.


PJL: Qual è la minaccia più grande per i brand in futuro?

GG: Secondo me, i veri nemici dei brand sono gli hard discount, che si stanno espandendo ulteriormente in Europa.

Catene come Aldi, Lidl, Leader Price e molte altre (le prime due hanno iniziato in Germania) continueranno a espandersi ancora in tutta Europa. Faranno in modo di portare con sé il concetto di acquisto attento ai costi tipico del marchio privato e di diffonderlo in un numero crescente di paesi nonché di aumentare la penetrazione dei mercati. È proprio in Germania, dove queste catene sono davvero molto grosse, che i marchi privati hanno la quota più alta. Sembra quasi incredibile che i tedeschi, famosi per la loro attenzione alla qualità e l'attaccamento ai brand, si siano spostati verso i marchi privati. Ma l'hanno fatto per i prezzi bassi degli hard discount. E diffondendosi sempre più in Europa, le cifre dei marchi privati sono destinate ad aumentare. Questi distributori hanno anche modificato la loro filosofia e cercano ora di fornire più qualità per competere in termini di “comfort” con i prodotti premium.

Ricordo che alcuni anni fa mi trovavo a Helsinki, Finlandia, e mi dissero che aveva aperto un negozio Lidl. I finlandesi ridevano di questo perché pensavano che un'idea del genere non potesse attecchire in un paese così attento alla qualità. A distanza di un anno, i negozi Lidl erano già 45 in quel mercato piuttosto ristretto. Gli hard discount sono concorrenti agguerriti e pervadono tutto il mercato con un atteggiamento di forte attenzione ai costi.

Ciò non avviene solo per il tissue, ma per tutti i beni di consumo.

Sono decisamente competitivi in tutte le gamme di prodotti. Recentemente ho acquistato un paio di bilance elettroniche a €4,99; la pila alcalina che mi serviva per farle funzionare costava €6,00. Mi chiedo proprio fin dove arriveranno. In realtà, mi pare che molto spesso gli hard discount puntano unicamente a un unico brand e al loro marchio privato, quindi, se si vuole rimanere sul mercato, sarebbe meglio accaparrarsi il primo posto con un brand globale.


PJL: Ma le aziende dei grandi brand saranno in grado di competere?

GG: Difficile rispondere a questa domanda. L'evoluzione del mercato costituisce chiaramente una notevole preoccupazione per grandi aziende come Kimberly-Clark e Procter & Gamble, Georgia Pacific e SCA, che per alcuni sono sostanzialmente e integralmente sinonimo di brand. Per esempio, in Francia il brand Charmin, che veniva prodotto nello stabilimento di Orleans, è stato praticamente estromesso dal mercato. Il TAD prodotto in questa sede viene ora inviato in Germania, il che non ha molto senso. Il TAD è in difficoltà e sappiamo tutti che in Europa vi sono macchine TAD che non funzionano a pieno regime semplicemente perché il mercato non è in grado di assorbire l'intero quantitativo.

Per giunta, alcuni produttori italiani di tissue, dediti in precedenza ai marchi privati, stanno ora iniziando a creare ed espandere marchi propri. Sofidel, per esempio, sta spingendo con forza il suo marchio Regina su molti mercati europei e con successo. Anche Tronchetti sta iniziando a espandere il suo marchio Foxy.

Francamente, credo che i supermarket siano contenti della cosa. Vogliono un'alternativa ai fornitori dei grandi brand.

Stanno cercando di far competere il maggior numero di fornitori possibile tra loro e naturalmente questo comporta una spirale al ribasso nei prezzi. I marchi privati hanno avuto un ruolo importante in questo e credo che anche i nuovi marchi emergenti andranno a rafforzare le catene di distribuzione, le quali, a mio parere, non hanno alcun rapporto di fidelizzazione con i produttori di brand.


PJL: Quali altri fattori sono in gioco?

GG: Un altro tema importante riguarda l'elevato livello qualitativo di risorse e macchinari costruito nel tempo dai produttori di marchi privati. Oggi non ci sono vere e proprie differenze tra grandi multinazionali e molti degli operatori più piccoli nel settore del tissue tradizionale. Sofidel rappresenta un buon esempio di azienda che dispone di risorse produttive incredibilmente moderne ed efficienti, la quale ha davvero superato molte, se non tutte, le multinazionali in termini di qualità dei macchinari. Nel 2006 Sofidel ha avviato capacità produttive di tissue per 150.000 tonnellate, incrementando del 35% la sua produzione. Di conseguenza, l'invecchiamento delle risorse dei grandi produttori, unito alle difficoltà dei brand e alla crescita degli ex-piccoli produttori, sta a indicare una dura battaglia per alcuni dei produttori tradizionalmente più importanti.

Si tratta, dunque, di una situazione piuttosto caotica sul mercato europeo, che soffre a causa di prezzi bassi e di una distribuzione fortemente concentrata come pure degli scarsi investimenti da parte delle aziende più grandi mentre gli outsider sono riusciti ad avviare stabilimenti modernissimi, creando un eccesso di capacità produttive.

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