PJL-36

Manutenzione nel comparto del tissue

Come noto la legislazione europea in materia di sicurezza e salute sul lavoro deriva ormai da una unica fonte comunitaria.

Rossano Rossetti - MECQ S.r.l. 

E il tema della manutenzione trova sempre maggiore evidenza, sia nella legislazione che nella propaganda a favore della sicurezza (è il tema per questo biennio della settimana europea sulla sicurezza). Peraltro i principi stabiliti dal legislatore europeo hanno valenza assolutamente generale, quindi le considerazioni che seguono valgono per qualunque azienda di converting nel settore tissue.

 

L'intento di questo breve articolo è quello di riflettere su quanto necessario in termini di manutenzione per garantire la sicurezza dei lavoratori, relativamente ad alcune attrezzature di lavoro (macchine, impianti ecc.) nel comparto del tissue. Nel corso di questi ultimi anni, spinti dalle direttive europee e dalla giurisprudenza, ci siamo trovati impegnati sulla tematica manutentiva sotto un'ottica diversa da quella che solitamente viene considerata nel settore, oggi infatti si parla di manutenzione come mantenimento della conformità e si intuisce che il legislatore con il termine manutenzione identifica il mantenimento nel tempo dei requisiti di sicurezza di quelle attrezzature di lavoro soggette a influssi che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a situazioni pericolose.

Tramite le prescrizioni delle direttive, l'Unione Europea indica di fatto una procedura da seguire per garantire tale requisito, ovvero:

 

-definizione di intervalli di verifica in accordo alle indicazioni dei fabbricanti o in loro assenza dalle norme di buona prassi;
-registrazione delle verifiche da tenere a disposizione delle autorità competenti;
-livello di preparazione del personale che effettua e registra tali verifiche.

 

Questo essendo sicuramente una chiara guida per la gestione è anche un forte vincolo per alcune situazioni aziendali che si trovano di fatto impossibilitate a rispettare tali requisiti.

Stiamo parlando di attrezzature di lavoro soggette a influssi che possono provocare deterioramenti, quali ad esempio: funi, braghe, grilli, golfari, punzoni, scale, carrelli elevatori, carroponte, etc.

Nella nostra esperienza, seguendo le indicazioni delle direttive abbiamo applicato alla lettera il processo indicato seguendo i seguenti passaggi:

 

-verifica di quali attrezzature di lavoro siano presenti in azienda (tramite censimento e analisi);
-raccolta delle informazioni dei fabbricanti (manuali di uso e manutenzione);
-realizzazione di un piano di verifiche sulla base delle informazioni estratte dai Manuali dei Fabbricanti;
-realizzazione delle Check list per la registrazione da tenere a disposizione delle autorità competenti;
-individuazione del personale idoneo per tali verifiche (interno e esterno);
-altro (puramente attività a lato che consentono però la corretta gestione del processo).

 

Conclusa la fase di progettazione siamo passati a quella di applicazione, e in questa fase ci siamo accorti (anche se avevamo forti sentori già nella fase della mera raccolta delle informazioni) di quanto sia improponibile seguire alla lettera questi requisiti.

Un esempio che vale per tutti gli altri, ma che ovviamente cambia in funzione dell'organizzazione aziendale, potrebbe essere ad esempio quello di un operatore che deve movimentare una bobina di carta per posizionarla su uno svolgitore (operazione che si presume accada con un alta frequenza durante la giornata lavorativa), questo si trova ad utilizzare le seguenti attrezzature di lavoro: carroponte, punzoni, bilancino.

Ovviamente queste attrezzature devono essere oggetto di verifica e le verifiche devono essere registrate.

 

Dunque il nostro operatore prende le check list e inizia le verifiche (se fate caso ai manuali dei fabbricanti una serie di verifiche visive sono da effettuarsi prima di ogni utilizzo); quando termina le verifiche ci rendiamo conto che ha riempito 4 fogli e nella migliore delle ipotesi non ne deve riempire altri se lui è colui che muoverà le altre bobine con le stesse attrezzature durante tutto il turno, con il risultato che lavorando su 3 turni di lavoro ogni giornata produce 12 registrazioni per le sole attrezzature indicate che fanno un totale di circa 2500 registrazioni in un anno (tralasciando le verifiche periodiche che si effettuano trimestralmente). Questa è la condizione più favorevole, pensate al risultato che si ottiene se l'operatore che effettua questa operazione cambia nell'arco di un turno.

Con queste evidenze, e tenendo conto dei requisiti delle direttive, come ci comportiamo?

La soluzione adottata, che a nostro parere è la più perseguibile, è stata quella di fare una valutazione dei rischi dell'attività di movimentazione in oggetto, con l'obiettivo di identificare situazioni che possono provocare deterioramenti suscettibili di dare origine a attività pericolose e per queste definire delle azioni di mitigazione del rischio che non si basino esclusivamente su misure organizzative ma anche tecniche.

 

Inoltre devono essere ridotte le periodicità dei controlli fatti da personale qualificato (trimestrali) a settimanali per quelle attrezzature particolarmente critiche utilizzando però il personale aziendale che deve essere formato sulle verifiche da effettuare, magari in affiancamento con il personale di ditte specializzate e seguendo istruzioni aziendali che contengano i criteri oggettivi di verifica.

Il complesso delle azioni messe in atto deve essere indicato nel documento di valutazione dei rischi sotto la responsabilità del Datore di Lavoro realizzato con il coinvolgimento dei Lavoratori e dei Dirigenti Prevenzionistici.

La conclusione è che sicuramente quello che verrà fatto è un forte passo avanti rispetto a quando non esistevano regolamentazioni in materia (solo 2 anni fa), anche se non paga alla lettera il requisito di legge.

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