Abbiamo chiamato questa rubrica con un neologismo che unisce le parole packaging & advertising legandole assieme per suggerire che la prima può far parte facilmente del mondo della seconda. Dopo quasi 4 annidi argomentazioni varie sul mondo della comunicazione e non solo (Packvertising è nata con il n. 29 - Agosto 2007), vogliamo proprio approfondire questo concetto e capire se qualcosa sta cambiando nel mondo del tissue.
Paola Pellegrini
Qualche settimana fa, in un supermercato qualunque, una giovane coppia vagliava la scelta d'acquisto di un pezzo di parmigiano: qualità del prodotto, stagionalità, offerte, costi al kg... Ci potreste credere che nessuna di queste variabili fondamentali ha vinto sull'altra, a dispetto di una caratteristica apparentemente secondaria che ha decisamente orientato la loro scelta? Cosa!? Il packaging! Potreste credere che rispetto ad un marchio in offerta con un prezzo originario più caro (per cui un'ottima offerta), confezionato in PVC trasparente, hanno preferito un trancio, non in offerta, per cui alla fine spendendo anche di più, ma confezionato in carta rustica con un'etichetta in cartoncino grezzo e un lettering molto tradizionale?! È andata proprio così. Questo è il potere del packaging ben fatto. Un prodotto tradizionale, confezionato con un sapore antico, con materiali rustici, è in grado di trasmettere quindi qualcosa di più dello stesso prodotto confezionato con anonimo PVC: un'immagine di qualità e di naturalezza che può manipolare emotivamente la scelta d'acquisto, facilitandola.
Secondo la normativa legale e regolamentare italiana, il packaging, termine con cui si traduce imballaggio, è di base un prodotto, creato con materiali di qualsiasi natura, adibito a contenere e a proteggere determinate merci, dalle materie prime ai prodotti finiti, a consentire la loro manipolazione e la loro consegna dal produttore al consumatore o all'utilizzatore, e ad assicurare la loro presentazione,... (art. 35, lett. a, ex decreto legislativo 22/97, ora art. 218 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 recante Norme in materia ambientale.). Sempre secondo il decreto italiano, gli imballaggi si possono classificare in tre diverse categorie funzionali: imballo primario, secondario e terziario. Il primario (o imballaggio per la vendita) è, ad esempio nel caso dei beni di largo consumo, l'unità di vendita destinata al consumatore finale: una bottiglia, una lattina o il pacchetto di sigarette. Il secondario (o anche imballaggio multiplo) accorpa più unità di vendita presentandole sugli scaffali "in gruppo". È l'imballo destinato ai rivenditori; può anche essere rimosso, vendendo i prodotti singoli, utile al trasporto e al rifornimento, non si intromette nella volontà d'acquisto del consumatore finale il quale può comunque decidere di quante unità ha bisogno. Gli esempi sono banali: confezione di bottiglie, 6 lattine legate, una stecca di sigarette. Il terziario, (o per il trasporto) è concepito in modo da facilitare la manipolazione ed il trasporto di un certo numero di unità di vendita oppure di imballaggi multipli per evitare la loro manipolazione ed i danni connessi al trasporto... I pallet e gli scatoloni contenenti n.X di confezioni sono un esempio di quest'ultima categoria che,nel caso dei beni di consumo, è utilizzata esclusivamente dal distributore e non arriva mai al consumatore finale.
In un mondo che è sempre più internazionale, il termine imballaggio viene genericamente tradotto con quello più globale di packaging ampliandone notevolmente il concetto oltre gli aspetti materiali, come quelli funzionali, toccando gli aspetti immateriali, che più ci interessano in questa sede, tra i quali quelli estetico-comunicativi. Ciò può riguardare più o meno le tre categorie ma in particolar modo l'imballo primario destinato appunto alla vetrina più importante: la vendita al consumatore finale.
Il packaging può essere definito come una "terra di confine" le cui attività si mescolano e dialogano, invadendo spesso campi particolari e articolati come il design, l'ergonomia, la logistica, le tecnologia dei materiali, nonché la comunicazione, la psicologia e la semiotica. È evidente che ha quindi diversi scopi a cui mirare. Il primo, quello principale, è di proteggere la merce, che rappresenta senza dubbio la sua funzione d'uso. Ma ci sono altrettanti target a corredo da non sottovalutare e altre problematiche da monitorare sempre: il fattore economico, quello prestazionale, nonché quello ecologico, diventato ultimamente sempre più importante. La funzione comunicativa si fonde con quella di utilizzo e invade un altro mondo, quello emotivo e semantico che fanno del packaging un oggetto di senso che produce non solo informazione (ad esempio gli ingredienti o la data di scadenza per un alimento) ma anche significato grazie all'impiego di elementi iconici, componenti verbali, colori, forme e materiali. Tutto ciò genera un significato strettamente legato al prodotto: un messaggio, un concetto, un'immagine.
È per ciò che un packaging non può essere progettato a caso ma è spesso risultato di ampi studi dai quali esce la formula ideale individuata da un designer esperto che lavora a stretto contatto con un team di persone le quali, unendo le loro competenze disciplinari, garantiscono che l'oggetto "involucro" parli, non a sproposito, ma racconti proprio quello che vogliamo! Bisogni e necessità progettuali e intenzioni comunicazionali legate all'immagine convergono quindi in un unico progetto dove le tecnologie dei materiali si uniscono alla semiotica e il designer strutturale lavora con il grafico realizzando un dispositivo unico, un supporto di messaggi/informazioni che fa scattare una relazione di comunicazione tra l'utente e l'oggetto che ha di fronte, il quale sembra magicamente trasmettere qualcosa di intrinseco.
Gli aspetti comunicativi diventano quindi fondamentali se l'intento è, come di solito accade nella GDO, quello di emergere dalla folla degli scaffali, e si traducono in una serie di funzionalità pratiche e segnaletiche, che fanno di una semplice e banale confezione un medium di messaggi di base informativi, appellativi o persuasivi. Il packaging diventa quindi la prima "vetrina" di un prodotto e di un brand; lo presenta, lo racconta e lo può pubblicizzare. Il rapporto tra "involucro" e pubblicità diventa forte come quello tra il prodotto stesso e la pubblicità. Questo legame rappresenta, nell'epoca del sovraffollamento, una vera e propria dipendenza che è sfociata in casi limite, nei quali l'azione pubblicitaria ha come protagonista il solo packaging: ad esempio la campagna Vodka Absolut, che ha reso famosissime le proprie bottiglie (imballaggio primario), efficaci come dei veri "testimonial", eleggendole simbolo indiscusso del prodotto stesso.
Se è vero che il packaging è la prima interfaccia di comunicazione tra l'utente e il prodotto non solo possiamo giustificare campagne di questo tipo, ma anzi dobbiamo sottolineare l'importanza di investimenti a lui dedicati: l'involucro diventa una trappola psicologica e cognitiva nella quale il cervello cade a causa di automatismi, parametri e condizioni, valutando e decidendo anche il più banale degli acquisti, uno "specchietto per le allodole" con cui si cerca di raggiungere uno scopo. Poiché oggi noi tutti siamo "vittime" dell'affollamento visivo all'interno di ogni punto vendita, lo sviluppo di un packaging vincente che lo possa contrastare sembra seguire delle regole di comunicazione visiva che tendenzialmente cercano di sottrarre e trasformare l'assenza di elementi iconici, o semplicemente la loro razionalizzazione, in un valore vincente. Si segue quindi uno stile di linguaggio dove non necessariamente il concetto di riduzione coincide con il concetto di perdita ma anzi è vicino a quello di vincita!
In comunicazione visiva gli elementi cardine della composizione grafica sono i colori ed i segni che vanno a generare un messaggio, forme e parole che raccontano qualcosa a qualcuno: il marchio e il logo, la composizione, la presenza delle immagini, il colore, il lettering. Una sapiente coordinazione di questi elementi può caratterizzare con profitto lo spazio comunicativo della confezione e la scelta degli accostamenti, come ad esempio l'uso di un particolare colore o di una font, fa assumere connotazioni e significati forti con una valenza psicologica importante nei confronti di chi li osserva durante la fase di acquisto.
Da quando abbiamo iniziato a proporvi questa rubrica che definiamo in modo riduttivo di "comunicazione" (... e sono quasi 4 anni) anche il settore del tissue si è notevolmente evoluto percorrendo questa strada di "razionalizzazione" applicata ai prodotti e anche alla grafica dei loro packaging riconoscendogli la funzione non solo di involucro ma anche di vero e proprio mezzo di comunicazione. Ultimamente sfogliando le pagine del PJL non è raro poter riconoscere un prodotto "vincente" in questi termini, dal quale traspare lo studio articolato a livello di immagine e di branding, progetti ben fatti, packaging che si distinguono e che ottengono ottimi risultati in termini di comunicazione. Non più solo esempi isolati ma una vera e propria tendenza che sembra aver coinvolto anche il mondo del tissue: brand strutturati che con una linea e uno stile deciso si distinguono sugli scaffali di tutto il mondo per il loro design moderno ed intelligente e per il messaggio che riescono magicamente a trasmettere (vedi Satino Black - PJL n. 35).
Un packaging funzionale è anche vincente nell'ottica del mercato, del punto vendita e del branding, quando ha uno stile comunicativo che equilibri e sintetizzi i concetti base legati al prodotto e all'azienda anche sulla superficie dell'imballo.
Semplice a dirlo!
Il rapporto visivo che si instaura tra potenziale consumatore e merce esposta è uno degli elementi determinanti dell'esperienza d'acquisto e il packaging deve essere quindi in possesso di una forte personalità, di identità, di fascino. Doti non da tutti!
NEL MONDO DEL TISSUE
1. Il packaging-regalo: studiare una confezione regalo per la carta igienica è solo una delle tante soluzioni innovative ideate da Renova. Il gift pack è un semplice cilindro di cartone dai colori forti decorato con eleganti scritte in argento. La forma di questo tubo sembra proprio un abito cucito su misura per il rotolo di carta igienica!
2. Il packaging-vetrina: ancora un buon esempio da Renova che per i suoi prodotti super colorati, novità assoluta nel mondo del tissue, utilizza esclusivamente confezioni trasparenti grazie alle quali gli stessi rotoli sono praticamente in vetrina. Il nuovo Crystal (confezione da 2 rotoli) è una soluzione d'imballaggio copiata da altri mercati: un pacchetto ermetico in plastica rigida e trasparente dal quale i rotoli sono facilmente estraibili e che mantiene al pubblico il piacere della visibilità dei colori.
3. Il packaging che parla: nata nel 1979 per contrastare la povertà, Traidcraft è la principale organizzazione di commercio equo e solidale del Regno Unito. I fumetti sui loro prodotti tissue sono un modo eccellente per comunicare direttamente con i consumatori ed informarli esattamente di cosa sarà possibile realizzare grazie al loro acquisto.
4. La "forma" e il "nome" del packaging: le scatoline Kleenex "Slice of Summer" presentate qualche anno fa da K-C USA hanno vinto anche il Diamond Pentaward, nel 2009 e il primo premio al The Dieline Awards nel 2010. K-C è sicuramente un attivo protagonista nel mercato tissue per quanto riguarda lo studio dei prodotti: niente viene mai fatto a caso, a cominciare dalla scelta dei nomi fino appunto a quella del packaging. Con questo box il codice "formale" classico della scatole di veline facciali viene completamente rinnovato riuscendo ad ottenere un articolo vincente, fresco e appetitoso... perfettamente in armonia con il suo nome: "spicchi di estate"!
5. La visibilità del packaging: disegnato da Ekta Mody, creativa indiana che vive negli Stati Uniti, questo progetto è molto interessante. Le informazioni base che guidano il consumatore nell'acquisto di questo tipo di prodotto - la qualità e lo spessore della carta - sono lo spunto per lo studio del nome, del brand e del packaging. Gli elementi grafici sottolineano il n. di veli, il colore distingue le diverse qualità (1 velo, 2 veli, 3 veli) il nome (multyply) si sposa perfettamente con la tipologia di prodotto e il font è studiato ad hoc. Grazie al linguaggio visivo si può facilmente identificare e riconoscere il prodotto sugli scaffali e tutte le informazioni si traducono in elementi grafici e decorativi che trasmettono un messaggio chiaro fin dalla prima occhiata! - © Copyright: progettato da Ekta Mody, All Rights Reserved.