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Cucire l'invisibile, un lavoro fatto a mano... è l'arte secondo Jum Nakao!

Di origini giapponesi ma nato e cresciuto a San Paolo, Jum Nakao è un artista dal profilo internazionale che unisce il suo spirito brasiliano alla filosofia orientale. Un connubio perfetto che si respira dalle sue opere stravaganti e originali ma pensate e concepite per trasmettere dei messaggi profondi che fanno riflettere sul valore dell'invisibile.

Maura Leonardi 

"Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi"... "L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupery.

 

Il Perini Journal ha intervistato l'artista nel suo atelier di San Paolo, un incontro che ci ha trasportato per qualche ora in una dimensione diversa in cui il valore dell'invisibile ha preso forma.

 

Perini Journal (PJL): Cosa significa per lei creatività?

Jum Nakao (JN): La creatività è la capacità di mescolare l'influenza di ciò che ci circonda, dell'ambiente, delle persone, dei comportamenti. È come guardarsi allo specchio per un momento e cogliere l'emozione di quel momento stesso. Essere creativi significa essere connessi non con i materiali ma con le persone; con coloro che osservano le tue opere. Fondamentale è l'interazione con gli osservatori, con le persone, con il loro stato d'animo, altrimenti la creatività diventa niente. Essere creativi significa ascoltare, interagire, avere un atteggiamento empatico verso il mondo e la società. La sensibilità è uno degli elementi chiave. Ci sono molte opere importanti esteticamente, molto belle, e dal punto di vista architettonico uniche, ma magari non riescono a trasmettere emozioni perché sono fredde. Credo, e questa è la mia filosofia concettuale, che la creatività sia strettamente connessa al feeling delle persone, alla loro percezione, alle emozioni e non semplicemente all'utilizzo di materiali particolari o ricercati. La creazione di un'opera ti porta a ricercare l'interazione con le persone, l'aspetto umano dell'opera stessa, le emozioni e il significato della tua arte. È come l'utilizzo delle parole e il significato di quello che vogliamo esprimere.

Il contenuto della nostra comunicazione è l'essenza della comunicazione stessa, quando decidi cosa vuoi comunicare scegli le parole più adatte e lo stesso è per me il concetto di arte creativa: la strada attraverso la quale deve essere condotta è quella di uno stretto rapporto con gli umani.

 

PJL: Per lei quanto è importante sperimentare, mescolare e utilizzare materiali alternativi per la creazione dei suoi modelli?

JN: Il linguaggio trasversale e interattivo rappresenta per me una fonte inesauribile e indispensabile nell'ambito delle mie creazioni. L'ibrido è per me una componente fondamentale della mia arte. Mescolare le lingue, le abitudini e le culture è essenziale, è uno strumento che porta le persone a toccare il vero senso delle cose. La capacità umana della comprensione non è solo indirizzata verso un unico concetto, focus, ma ci sono diversi modi di interpretare, capire le cose che ci accadono, le opere. Un esempio è la mia natura e la mia esperienza di vita, le mie origini. Io sono giapponese ma nato e cresciuto in Brasile. I mie nonni arrivarono nel 1920 e io diciamo che posso essere considerato un prodotto giapponese nato in Brasile! Mi sento molto più brasiliano che giapponese, anche se il mio aspetto conferma le miei origini asiatiche ed ho avuto un'educazione di base e di principi giapponesi influenzata dalla cultura brasiliana. L'istinto giapponese viene fuori in molte situazioni ma il mio bacino principale di cultura è stato il Brasile. Per questo penso che la contaminazione, le mescolanze, l'unione di culture, l'essere multimediale, multiculturale e multilinguistico sia l'essenza dell'arte. In ogni lavoro, in ogni momento artistico le persone devono essere influenzate da differenti sensazioni. Quando beviamo il caffè, per esempio, sentiamo il gusto, il calore, ne vediamo il colore e ci ricordiamo del suo sapore e del momento in cui l'abbiamo bevuto. Percepiamo diverse emozioni in un unico momento. Per questo nelle mie creazioni il concetto di interazione diventa fondamentale e predominante. L'interazione è il fattore chiave della nostra vita, per me cruciale: quando cucino, quando guido in ogni mia installazione. Quando lavoro ad una nuova installazione cerco e provo di coinvolgere e riprodurre tutte le percezioni dell'uomo. Per questo motivo amo sperimentare sempre nuovi materiali e mettere in collegamento le persone con qualcosa che cerchi di suscitare delle emozioni, facendogli scoprire o riscoprire cose che magari circondano quotidianamente la loro vita ma che non riescono a vedere perché il loro occhio non è curioso. Nelle mie opere cerco di svegliare chi le osserva facendo in modo che le guardino con un occhio diverso, come un bambino che ha voglia di scoprire. I bambini sono curiosi di natura e guardano tutto con occhio attento sempre pronti a scoprire, cercare ed amano tutto ciò che è nuovo e non si annoiano mai sorprendendosi sempre per qualsiasi cosa che vedono. Purtroppo crescendo si perde la capacità di scoprire e di sorprenderci... perché la nostra sensibilità verso il mondo esterno si riduce.

 

PJL: Lei ha collaborato con la Nike e con la Nespresso. Cosa ne pensa di questa esperienza di combinare, unire l'arte con un prodotto industriale, o meglio con due brands?

JN: È stata una piacevole avventura che è iniziata per loro volontà, in quanto entrambi mi hanno invitato a sviluppare una nuova relazione tra prodotto e cliente attraverso la mia arte. Per Nespresso ho creato un grande window display dove le immagini erano costruite attraverso dei pixel colorati; pixel unici e non tradizionali perché si trattava delle capsule di caffè. L'essenza del display è che si basava sul concetto digitale costruito però attraverso un sistema meccanico. Le immagini cambiavano continuamente e l'approccio meccanico era la vera novità. La filosofia alla base della mia opera era l'utilizzo delle immagini digitali ma costruite in modo meccanico utilizzando le capsule di caffè che quotidianamente sono davanti agli occhi dei consumatori attribuendo un valore diverso alle capsule stesse dopo il loro uso. Ho voluto mostrare ai consumatori che anche dopo l'uso le capsule hanno una vita, non sono inutili e possono avere anche un'altra funzione, un alto potenziale di utilizzo. Per la Nike, ho creato una collezione in cui cercavo di collegare le diverse metodologie di fabbricazione dei materiali. La Nike è conosciuta per essere sempre all'avanguardia nella ricerca di nuovi materiali perfetti per chi fa sport e per la sua capacità e attitudine di innovare nell'ambito del prodotto finito, offrendo sempre prodotti nuovi e unici. Partendo da queste basi ho cercato, attraverso la mia opera di unire il concetto di Nike non solo al messaggio di avanguardia e capacità di innovazione ma anche alla capacità di conoscere le persone cercando di avvicinarle a questo nome importante. Un aspetto indiscusso della cultura brasiliana è la capacità di essere creativi e trovare in modo veloce e autonomo le soluzioni ai problemi. In Brasile c'è una parola "ginga", che identifica uno swing brasiliano in cui il movimento del corpo è molto istintivo, ed il movimento è dato dall'intuito; il linguaggio del corpo è predominante. Ed appunto il linguaggio del corpo assume un'importanza tale che sintetizza come il processo possa essere umanizzato. Ginga è un esempio, una metafora di come i brasiliani riescono a trovare una soluzione giusta sempre, in modo istintivo. Così come il processo industriale può essere umanizzato. Negli ultimi anni l'uso dei macchinari ha portato ad automatizzare tutto con il vantaggio di essere sicuramente più veloci, efficienti e produttivi. Le macchine ci garantiscono ottimi risultati ma producono senza anima. Ovvero i prodotti non hanno più un'anima. L'uomo invece personalizza ciò che fa. L'elevato sviluppo tecnologico ci ha portato a prodotti di serie, tutti uguali, privi della propria personalità, mentre gli uomini sono capaci di umanizzare e personalizzare la produzione. Questo è stato il mio obiettivo. Attraverso le creazioni che ho confezionato per Nike, e per Nespresso, è stato vitale sviluppare i progetti come momenti di rottura in cui ho fatto interagire queste due industrie con la vita quotidiana delle persone creando un messaggio chiaro in cui le persone rendono migliori le macchine, valorizzando non l'aspetto della produttività o dell'efficienza, ma l'aspetto emozionale del lavoro dell'uomo. Walter Benjamin disse che "gli uomini non possono rendere umane le macchine". Io non sono d'accordo, perché penso che si possa rendere umano la relazione tra brand e consumatori attraverso un contatto tra queste due entità e attraverso una comunicazione che abbia un'anima. Tutti i miei lavori, le mie installazioni cercano di trasmettere ai miei osservatori che il lavoro che stanno guardando è un lavoro fatto a mano, per questo non è perfetto... così come non può essere perfetta la natura umana. Credo per questo motivo che le mie opere trasmettano emozioni che danno forma all'invisibile.

 

PJL: Qual è stato lo spirito con il quale è stata creata l'opera "A costura do Invisível"?

JN: A costura do Invisível, ovvero l'arte di cucire l'invisibile è un'opera che nasce dalla riflessione sulla società in cui viviamo. Una società sicuramente veloce e frenetica dove tutti corrono! Stiamo perdendo il significato e l'essenza del concetto che sta dietro ad ogni cosa. Le persone non si chiedono quali sono i concetti che stanno dietro alla creazione delle cose, hanno perso il concetto dell'invisibile di ciò che non vediamo, del lavoro che ha portato a quel determinato risultato. Per questo ho deciso di creare qualcosa che facesse riflettere sull'importanza dell'invisibile, su ciò che non vediamo e che allo stesso tempo fosse capace di trasmettere dei valori. Ho scelto la carta perché è un materiale familiare a tutti, diventa gialla con il passare del tempo, è facilmente reperibile e soprattutto può assumere un significato. Un foglio di carta bianco non ha un grande significato ma se iniziamo a scriverci sopra, a disegnarci, assume per noi un significato unico, simbolico. Con la carta possiamo fare ciò che vogliamo, dalla carta nascono i progetti ma nessuno può leggere ciò che non c'è scritto. La carta è anche un materiale effimero che si presta per la creazione di una collezione di abiti. Nessuno si aspettava di vedere una collezione di vestiti di carta durante la settimana dedicata alla Moda (Fashion Week 2004, a San Paolo) e che venisse distrutta a fine dei lavori.

Per me è stata un'emozione unica e le reazioni sono state inaspettate. Nella vita ci sono molte cose alle quali non diamo valore ma ci rendiamo conto della loro importanza nel momento in cui le perdiamo, capendone il loro valore intrinseco, invisibile al quale non abbiamo mai prestato attenzione e capendo cosa c'è dietro ad ogni singola cosa. È così anche nelle relazioni umane.

Ci accorgiamo di quanto vale una persona solo nel momento in cui la perdiamo. Lo stesso è stato per me durante questa installazione. Alla fine della sfilata sono stato fermato dai giornalisti che non si spiegavano il perché avessi distrutto questi lavori bellissimi. Quello che è visibile è importante ma ancor di più quello che è invisibile. La mia opera è stata un esempio di stile per valorizzare l'importanza di quello che c'è dietro alle cose, utilizzando un linguaggio semplice anche per le persone che non hanno una cultura ma capiscono il linguaggio internazionale, non scritto. Il titolo della mia opera era ed è una semplice provocazione che pone l'accento sulla necessità di fermarsi un attimo a riflettere sull'importanza di ciò che ci circonda.

 

PJL: Questo progetto sembra esprimere come la carta possa essere un mezzo per cambiare alcune cose del mondo.

JN: La carta è un materiale duttile e flessibile che permette molte possibilità di utilizzo per gli artisti, per l'industria, per l'architettura ecc.Si può disegnare, scrivere i progetti sulla carta. Con la carta si può condividere la propria immaginazione con gli altri, i propri progetti e idee.Tutto inizia per me dalla carta che è uno strumento utilizzato e capito da tutti. Tutti i progetti partono dalla carta

 

.PJL: Qual è il significato dell'utilizzo delle parrucche dei personaggi della Playmobil per la sua installazione?

JN: Quando da bambini giochiamo con i Playmobil possiamo essere principi, principesse, pompieri. Possiamo giocare con la nostra immaginazione ed essere tutto ciò che vogliamo. I giochi ci trasportano in altri mondi, dove non siamo mai stati e possiamo giocare con l'immaginazione, possiamo essere ciò che vogliamo. Per me i Playmobil sono stati un key point per poter accedere alla favola. Nella mia installazione ho voluto giocare; volevo che le persone giocassero con la loro immaginazione e venissero trasportate nella favola per farle riflettere di nuovo. Volutamente ho usato le parrucche della Playmobil perché volevo provocare, suscitare delle reazioni rendendo le modelle irriconoscibili e fare in modo che le persone, gli spettatori, fossero capaci di nuovo di immaginare e giocare. Ognuno poteva creare la sua favola ed entrare nella storia. L'importante è non fermarci in superficie e andare in profondità.

 

PJL: Alcuni giornali l'hanno descritta come un poeta delle forme perché attraverso le sue creazioni genera un momento in cui la realtà è sospesa. Come definirebbe le sue creazioni?

JN: Per me è fondamentale ricordarsi sempre l'aspetto ludico della vita. La capacità di poter immaginare e sognare. Creare le condizioni perché anche le altre persone siano capaci di sognare per me è importantissimo. Dentro i sogni ci sono i collegamenti con la realtà. Nei sogni tutto è possibile.

 

PJL: La sua collezione "A costura do Invisível" è ispirata al 19 secolo,perché?

JN: Nel 19 esimo secolo tutto era fatto a mano. Tutto aveva un valore e l'emozione che stava dietro ad ogni singolo lavoro lo rendeva prezioso e creato per durare nel tempo. Oggi un Fashion Show è di 10 minuti, tutto è veloce e frenetico e diventa molto difficile trasmettere in modo organico un messaggio!

 

PJL: Qual è la relazione tra architettura e moda?

JN: La moda è qualcosa che puoi vedere dovunque. La parola abito deriva dal latino habitus, aspetto esteriore dal verbo habere, possedere, e la moda la possiamo sintetizzare con questo termine. La parola abito, è connessa anche alla parola abitudine ovvero alla pratica di fare tutti i giorni qualcosa. L'architettura invece possiamo collegarla alla parola habitaculum, habitatio dove abitano le persone nelle città. Questo per dimostrare che moda e architettura sono molto vicine tra di loro, sono connesse. Se vai dentro un appartamento di una persona è come indossare un suo abito. Sia l'abito che l'appartamento parlano molto di ognuno di noi, sono come la seconda pelle. Così come architettura e moda parlano entrambe delle nostre emozioni. La moda per me è come uno screen saver, ovvero la mia capacità di creare una relazione con la società. Credo che un buon libro, una fotografia valgono non per il loro aspetto estetico ma per il loro contenuto. Un buon libro è tale non mentre lo stai leggendo ma per il contenuto che ti lascia. Una buona immagine, è tale per le emozioni che riesce a trasmetterti. Ciò che è dentro la fotografia è più importante del suo aspetto estetico. La nostra missione deve essere protesa a vedere oltre a ciò che vediamo, per questo "A costura do Invisível" sintetizza la mia filosofia di vita e di concepire l'arte, ovvero il valore non solo estetico ma il valore intrinseco e l'etica di ciò che facciamo.

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