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IKEA: "Green & Clean" è sensato e può anche generare ricchezza

La storia di IKEA è talmente incredibile da così tanti punti di vista che è difficile comprendere appieno la portata e l'impatto di questa azienda.

La società svedese è stata fondata nel 1943 da Ingvar Kamprad, figlio di un agricoltore, che da ragazzo aveva cominciato a vendere penne, cartoline natalizie e bustine di semi nello Småland, la zona boschiva che copre gran parte del territorio meridionale della Svezia. Il nome IKEA deriva molto semplicemente da I.K., le iniziali del fondatore, più le prime lettere di Elmtaryd (E) e Agunnaryd (A), la fattoria e il paese dove Kamprad è cresciuto.

 

Hugh O'Brian

Con i suoi quasi 280 negozi sparsi in tutto il mondo, nel 2008 IKEA ha registrato un fatturato di circa 22 miliardi di euro (30 miliardi di dollari). In pratica, un giro medio di affari per ogni negozio da 100 milioni di dollari! Il gruppo IKEA conta 130.000 collaboratori in 39 paesi, molti di più se si pensa alle migliaia di subfornitori con cui lavora.Dal 1982 IKEA è di proprietà della Stichting INGKA Foundation, con sede nei Paesi Bassi. Oggi Kamprad, alla bella età di 82 anni, è ancora fortemente attivo come consulente senior, e qualcuno dice che sia una delle persone più ricche del mondo.

Dal 1999 Anders Dahlvig è Presidente e Amministratore Delegato del gruppo IKEA. Sotto la sua guida, l'azienda è cresciuta enormemente, non solo in termini di fatturato e dimensioni, ma anche in ambiti come la Corporate Social Responsibility (CSR, o responsabilità sociale d'impresa) e la sostenibilità. Dahlvig ha parlato con il Perini Journal del significato di questi temi per IKEA e di come l'azienda stia mettendo in pratica idee e principi nel mondo reale.

 

COSA VUOL DIRE PARLARE DI CSR E SOSTENIBILITÀ? SONO ARGOMENTI SOVRAPPONIBILI O UNO È SUPERIORE ALL'ALTRO? Immagino si possa affermare che CSR è il titolo, ma sostenibilità è quello che stiamo facendo veramente per ridurre al minimo l'impatto negativo sul pianeta, le persone e le risorse. Si tratta di un'area costantemente in crescita che amplia il suo raggio d'azione e la sua importanza ogni giorno.

 

PERCHÉ IKEA HA UN COSÌ ALTO PROFILO IN RELAZIONE A QUESTI TEMI? Quando ho assunto la carica di Amministratore Delegato nel 1999, mi sono reso conto che dovevamo essere più attivi in questi ambiti. Naturalmente la motivazione numero uno è che non vogliamo lasciare un pianeta disastrato alla prossima generazione, un obiettivo prioritario, che però può essere suddiviso in tante singole azioni necessarie per raggiungerlo.

Un altro incentivo è costituito dal fatto che, essendo un'azienda svedese che affonda le sue radici nelle foreste dello Småland, la tutela delle risorse e l'importanza attribuita alla salute e al benessere delle persone rappresentano valori fondamentali, assolutamente importanti per noi. Per questo all'inizio, circa dieci anni fa, ci siamo dati da fare per quelli che consideravamo i due temi più importanti in termini di CSR all'interno di IKEA: lo sfruttamento dei paesi in via di sviluppo e l'approvvigionamento del legno.

La questione dello sfruttamento dei paesi in via di sviluppo da parte dei paesi occidentali, sia per quanto riguarda le condizioni di lavoro che la tutela ambientale, stava giustamente ricevendo molta attenzione. Decidemmo che dovevamo essere più attivi nel comprendere e influenzare le modalità di lavoro dei nostri subfornitori. Abbiamo cominciato a collaborare con organizzazioni come l'UNICEF e Save the Children, per ricevere i loro input e vedere come potevamo lavorare insieme per migliorare le cose.

All'epoca, anche l'argomento foreste e approvvigionamento del legno stava acquistando importanza. Ed è sicuramente un argomento molto importante per noi, considerato che il legno è di gran lunga la materia prima da noi più usata. Abbiamo così cominciato a darci da fare per cercare di garantire che il legno utilizzato provenisse da foreste gestite in maniera responsabile. Ciò ha significato riconsiderare le condizioni di lavoro non solo dei nostri subfornitori bensì anche le nostre.

Oltre agli aspetti etici e ambientali, ho capito che vi erano anche solide ragioni di business per agire rapidamente. Era evidente che i clienti si sarebbero aspettati più trasparenza e impegno su temi come lo sfruttamento dei paesi in via di sviluppo.

 

COME AVETE GESTITO QUESTO TEMA E IN PARTICOLARE LO SFRUTTAMENTO DEL LAVORO MINORILE? Abbiamo avviato numerose procedure che si spera possano assicurare l'adozione di pratiche corrette. Per esempio, nel 2000 abbiamo messo a punto il nostro Codice di Condotta, chiamato IWAY, che specifica i requisiti minimi dei nostri fornitori. Tra questi, vengono affrontati anche temi quali il lavoro minorile e/o il lavoro forzato, il pagamento di salari minimi e degli straordinari, l'igiene e la sicurezza dell'ambiente di lavoro, la responsabilità relativa a rifiuti, emissioni e manipolazione di sostanze chimiche. Certo, non è facile garantire che ogni requisito venga soddisfatto, ma è anche vero che abbiamo spiegato chiaramente quello che chiediamo nonché le conseguenze che il mancato rispetto di queste linee guida comporta.

Il lavoro minorile è sicuramente un argomento complesso e purtroppo affligge ancora alcuni paesi. Abbiamo spiegato molto chiaramente che non accettiamo nessuna forma di lavoro minorile dai nostri fornitori. Ma la questione è più complicata, non si tratta soltanto di sottrarre i bambini dal posto di lavoro, perché questo non aiuta nessuno né risolve nulla.

Si tratta piuttosto di andare alla radice del problema e adottare un approccio olistico. Collaboriamo strettamente con l'Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia, su diversi fronti. Il lavoro minorile è uno dei più importanti e siamo fieri del fatto che IKEA è attualmente il principale finanziatore non governativo dell'Unicef.

Abbiamo avviato un programma chiamato IKEA Social Initiative, lavorando sia con l'Unicef che con Save the Children. L'idea alla base è che ogni bambino ha diritto a un'infanzia vissuta in condizioni di salute e sicurezza come pure all'opportunità di ricevere un'istruzione. Per esempio, stiamo promuovendo iniziative sanitarie come i programmi di vaccinazione per proteggere sia i bambini che le madri dalle malattie più comuni. Vogliamo anche incoraggiare i genitori affinché mandino i figli a scuola piuttosto che a lavorare in giovane età. Supportiamo attivamente le scuole pubbliche in vari modi per garantire a questi bambini tale opportunità.

 

E COSA MI DICE DELL'APPROVVIGIONAMENTO DEL LEGNO? Per quanto riguarda le foreste, abbiamo lavorato per tracciare le origini del legno che usiamo, per essere sicuri che non provenga da tagli illegali o foreste naturali protette. Il legno deve provenire da tagli autorizzati e foreste controllate, condizione essenziale che poniamo ai nostri fornitori. Possiamo contare su un team di 20 esperti forestali, assunti per occuparsi del tracciamento delle fonti del legno.

In questo ambito collaboriamo attivamente con il WWF, l'organizzazione per la difesa dell'ambiente. Per esempio, lungo il confine Russia-Cina, dove avviene un trasporto intensivo di tronchi dalla Siberia alla Cina, IKEA e WWF stanno finanziando e formando degli ispettori per migliorare i controlli delle frontiere riguardo al legno tagliato illegalmente. Stiamo anche cercando di convincere la Russia a inasprire le proprie leggi per contribuire a fermare il flusso di legno illegale in uscita dal paese.

Insomma, stiamo lavorando duro su questo fronte, ma anche qui si tratta di un argomento complicato. Con centinaia di siti di produzione, è molto difficile tracciare la provenienza di ogni singolo tronco di legno. Ritengo che chiunque pensi di poter garantire al 100% la provenienza delle proprie materie prime in questa complessa catena di fornitura o è ignorante o è ingenuo.

Il nostro obiettivo a lungo termine consiste nell'approvvigionare tutto il legno da foreste certificate come aree gestite in maniera responsabile. A oggi, l'unico standard che riconosciamo è il Forest Stewardship Council (FSC).

Stiamo anche compiendo grossi sforzi nello sviluppo prodotto per ricavare più prodotti dal legno che usiamo. Il legno massello non è una risorsa abbondante ed è costosa, dunque riteniamo che il suo utilizzo per fabbricare mobili sia in declino. Per questo realizziamo sempre più mobili in tamburato con struttura a sandwich, che consente di avere una qualità ottima con meno legno.

 

È SODDISFATTO DEI RISULTATI OTTENUTI DA IKEA IN QUESTI AMBITI? Sono orgoglioso di quello che abbiamo raggiunto fin qui, ma chiaramente c'è ancora molto da fare. Da tempo ormai la sostenibilità non è più un'attività da gestire a parte, come un evento secondario, anzi: è al centro della nostra strategia di prodotto e fornitura, completamente integrata in qualunque cosa facciamo.

Quando sono diventato Amministratore Delegato, ritenevo che noi del management dovevamo davvero spingere queste iniziative per farle rientrare nell'organizzazione.

Oggi succede un po' il contrario: avverto pressioni enormi dall'organizzazione sul management per incrementare i nostri livelli di ambizione. Penso e spero che anche molte altre aziende hanno provato questa cosa.

 

COSA È CAMBIATO DAL MOMENTO IN CUI AVETE COMINCIATO A CONCENTRARVI SULLA CSR NEL 1999? Nell'ultimo decennio la sostenibilità ha ovviamente accelerato il ritmo e oggi ci troviamo ad affrontare nuovi temi mentre, contemporaneamente, continuiamo a lavorare su foreste, lavoro minorile e condizioni di lavoro. Naturalmente CO2 e cambiamenti climatici sono ai primi posti dell'ordine del giorno.

Tuttavia, valutare il nostro impatto o anche cercare di capire il nostro attuale livello di emissioni è difficile. Dove si colloca la linea di demarcazione di quelle che possono essere considerate le "nostre" emissioni? È una questione di definizioni. Abbiamo individuato tre zone secondo un ordine per noi logico. La prima è quella delle emissioni prodotte dai nostri negozi, dal trasporto delle nostre merci e dagli stabilimenti produttivi di nostra proprietà, come Swedwood, che produce il legno.

Se si prosegue lungo la linea di demarcazione, la seconda zona è quella delle emissioni legate alla produzione e al trasporto di tutte le materie prime e dei beni provenienti dai nostri fornitori. In questa zona è compreso anche l'impatto prodotto dalle operazioni di approvvigionamento e dalla catena di fornitura.

Infine, c'è una terza zona più ampia, che riguarda i clienti che si recano o tornano in auto dai negozi, le emissioni prodotte durante l'assemblaggio delle merci e l'uso in casa degli elettrodomestici per esempio.

Inizialmente intendiamo concentrarci almeno sulla prima zona, quella delle nostre attività. La nostra filosofia dice che bisogna pulire l'uscio della propria casa prima di andare a dire a un altro cosa fare. Ma naturalmente stiamo anche lavorando con i fornitori per vedere cosa si può fare. Quanto ai trasporti da e per i negozi, ci stiamo già attivando per incoraggiare clienti e dipendenti a servirsi del trasporto pubblico a basso impatto ogni volta che ciò sia possibile.

 

SECONDO LEI, LA SOSTENIBILITÀ È UN PO' COME UN BENE DI LUSSO, CHE CI SI PUÒ PERMETTERE IN TEMPI BUONI, MA CHE PUÒ ESSERE ACCANTONATO IN CONDIZIONI ECONOMICHE PIÙ DIFFICILI? E ha un senso per le piccole imprese? Sono domande che mi vengono rivolte abbastanza spesso. Credo che vi siano evidenti ragioni di business a favore della sostenibilità. Credo che CSR e costi ridotti vadano di pari passo. Infatti, utilizzando meno risorse e risparmiando energia e materiali, si risparmia denaro. Dal punto di vista del mercato, oggigiorno i clienti si aspettano che le aziende si assumano delle responsabilità, dunque bisogna farlo.

E questo vale per tutte le aziende, grandi o piccole che siano. Qualche volta penso che le piccole imprese godano del vantaggio di non stare troppo sotto i riflettori, ma anche loro possono beneficiare di una politica attiva nell'ambito della CSR. Vi sono poi altri vantaggi, come il fatto di attirare e saper tenere personale di talento che vuole lavorare per una "buona" azienda.

E poi c'è un aspetto di buona volontà connesso all'essere molto avanzati su questi temi. Può aiutare a proteggersi da eventuali reazioni eccessive o forti reazioni collettive quando qualcosa va storto. Nelle grandi aziende come IKEA, c'è sempre il rischio che qualcosa vada storto da qualche parte dell'attività. Succede. Ma se ti conoscono come un'azienda seria, attenta a temi come CSR e responsabilità, questo può aiutare ad avere un po' più di comprensione nel caso si verifichi una crisi.

Può anche succedere l'opposto, come è accaduto a Nike verso la fine degli anni 90, quando fu accusata di sfruttare il lavoro minorile per produrre le sue scarpe e i consumatori reagirono molto velocemente, provocando un brusco calo delle vendite. Si è trattato di un vero contraccolpo, che noi non vorremmo mai essere costretti a sperimentare. Oggi, le imprese moderne vogliono fare le cose correttamente e questo è un bene, sia per la società sia per l'impresa stessa.

 

COSA MI DICE DELLE ENERGIE RINNOVABILI E DELL'ENERGIA USATA NEI VOSTRI NUMEROSI NEGOZI? Stiamo mirando a migliorare l'efficienza energetica totale del 25% rispetto al 2005, di tutti i negozi, centri di distribuzione, fabbriche e uffici IKEA, l'intento è quello di alimentarli con energia rinnovabile al 100%. Questo progetto prende il nome di "IKEA Goes Renewable" ("IKEA Sceglie il Rinnovabile"). Stiamo già utilizzando 100% energia geotermica per riscaldare i nostri più recenti negozi a Karlstad, in Svezia. Per il futuro, miriamo ad avere più soluzioni di questo genere.

Tutte le strutture di nuova concezione saranno progettate per utilizzare energie rinnovabili al posto dei combustibili fossili. Le fonti dipenderanno effettivamente dall'ubicazione del negozio e da cosa è disponibile. In alcuni posti l'energia solare potrebbe rivelarsi la giusta soluzione mentre in altri potrebbero essere i biocarburanti, l'energia eolica o quella geotermica. Si sta lavorando alacremente in quest'area e riteniamo che un'energia interamente prodotta da fonti rinnovabili sia un obiettivo realistico a lungo termine.

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