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Modifiche sulle linee in produzione: quali impatti sulla sicurezza, sulla qualità e sulla efficienza?

Si chiama Gestione del Cambiamento, o Change Management, e si propone di effettuare modifiche su macchine e impianti ma anche modalità di produzione ecc., avendo il pieno controllo del processo per non incorrere in imprevisti di vario genere.

Alessandro Mazzeranghi - MECQ S.r.l. 

Il tema è delicato e stimolante ed è estremamente attuale. Infatti la congiuntura di crisi generalizzata e di sovraproduzione nel settore tissue continentale ha portato le aziende a fare una serie di considerazioni strategiche che rendono particolarmente importanti gli interventi di modifica sulle macchine a scapito dell'acquisto di macchine completamente nuove.

Le considerazioni strategiche sono elementari ma hanno un impatto importante sullo sviluppo degli investimenti: a) l'importanza del marketing, ovvero della evoluzione continua dell'immagine e delle caratteristiche del prodotto, oggi ci dice che chi si ferma sul fronte della "innovazione" di prodotto è destinato ad uscire dal mercato. Vista la generalizzata situazione di sovraproduzione uscire dal mercato oggi potrebbe volere dire non rientrare mai più; b)non ci sono risorse finanziarie disponibili per grandi piani di investimento. Quindi l'innovazione deve essere perseguita spendendo il meno possibile.

Quindi escludendo i grandi investimenti in nuovi impianti o macchine non resta che una strada: modificare le macchine e gli impianti esistenti.

Questa strategia, che ha una sua logica ben consolidata su certi tipi di macchine (PM, ribobinatrici ecc.) che sono caratterizzate da costi elevati, tempi lunghi di ammortamento e anche da una certa stabilità tecnologica, è sempre più frequente anche al settore converting dove oggi anche i grandi gruppi industriali adottano come strategia l'aggiornamento di macchine esistenti tramite l'inserimento di nuovi gruppi, la sostituzione di gruppi esistenti, o l'introduzione di modifiche minimali tali da rendere più appetibile il prodotto da parte del mercato.

 

Tutto ciò ha un senso industriale e strategico più che ragionevole, ma porta con sé anche diversi problemi ingegneristici e non. Infatti modificare una linea di trasformazione, mescolando quindi gruppi di età anagrafica diversa, spesso caratterizzati da tecnologie diverse (anche se si rimane fedeli ad un solo fabbricante) è un poco simile a mettere una pezza nuova su un vestito vecchio... Qualche problema di "accordo" sorge sempre. Questo è naturalmente vero, a maggior ragione, per macchine che sono vere e proprie macchine complesse (o se preferite linee), ha meno importanza per macchine che, invece, sono solo una di fila all'altra (pensiamo all'area confezionamento), ma svolgono fasi del processo del tutto separate fra loro.

Naturalmente l'interesse rafforzato per l'aggiornamento delle macchine esistenti in luogo dell'investimento in nuovi impianti comporta che gli stessi fabbricanti a livello di ingegneria tengano conto di questo fattore per potere presidiare al meglio un mercato importante. Quindi le questioni strettamente tecniche vengono risolte di concerto fra utilizzatore, che conosce gli obiettivi di prodotto da perseguire, e fabbricante, che ha le capacità di intervenire tenendo adeguatamente conto di tutti i vincoli tecnici.

Ma questo vale per le modifiche "maggiori"; esistono anche micro modifiche per le quali l'utilizzatore svolge un ruolo prevalente anche sotto il profilo ingegneristico, anche se poi si avvale di fornitori esterni per gli aspetti puramente esecutivi. Qui, talvolta, sorgono problemi che però, con una buona dose di pazienza, si possono risolvere.

 

Affrontando i problemi strettamente tecnici e di buon funzionamento ci siamo implicitamente posti una domanda che guida ogni progettista di una modifica: la modifica è fattibile e porta agli esiti desiderati? Evidentemente abbiamo pensato che questa domanda sia stata fatta almeno nella testa di qualcuno, e che la risposta sia risultata affermativa.

Ma è sempre così? E poi: è solo quella la domanda importante?

Procediamo con ordine: esiste una branca dell'ingegneria della sicurezza (e non solo) che si intitola Gestione del Cambiamento (Change Management), e che intende proprio dare un filo logico alla gestione delle modifiche, più o meno grandi, a macchine e impianti. L'idea di fondo è quella di considerare tutti gli aspetti prima di intraprendere la vera e propria progettazione esecutiva di una modifica, in modo da evitare ritardi, costi inattesi o addirittura fallimenti rispetto agli obiettivi ricercati.

Il flusso logico è quindi il seguente (e invitiamo chi ci legge a domandarsi se segue tutti i passaggi, almeno mentalmente):

 

1) Definire esattamente la specifica di massima di ciò che si deve realizzare: per esempio inserire una cartolina di concorso all'interno di un pacco di carta igienica; oppure passare da una stampa a 2 colori a una stampa a 4 colori. Sembra una banalità ma, specie per le modifiche minori, è tanta l'ansia di fare presto che spesso si salta direttamente alla soluzione senza prendere in esame un'altra alternativa. Aggiungiamo un'ulteriore considerazione: in tempi recenti anche nel mondo del tissue si affacciano sempre più insistentemente approcci alla qualità basati sulla logica giapponese, tipo il TPM (Total Productive Maintenence) e affini. Chi scrive non nega il potenziale di coinvolgimento di queste metodologie; si limita ad osservare che il TPM per sua natura genera moltissime proposte di micro modifiche agli impianti produttivi volti ad aumentare l'efficienza (riducendo le micro fermate) e a ridurre gli scarti (apportando migliorie che evitano o riducono i piccoli difetti). Anche queste modifiche, che talvolta si "chiudono" all'interno del reparto produttivo (dall'idea, alla autorizzazione, alla realizzazione) devono essere gestite tramite un processo controllato.

 

2) Passare dalla specifica, ad alcune idee progettuali per poi poterne valutare la fattibilità e la validità. Sarebbe sempre meglio effettuare un confronto fra alternative mentre il processo che si segue abitualmente è quello di pensare ad una soluzione, valutare solo quella, e solo se emergono problemi di qualche natura si passa alla ricerca di ulteriori possibilità.Naturalmente non è sempre così: molti progettisti più esperti valutano "nella loro testa" più alternative concorrenziali, ma non ne tengono traccia per cui già subito i colleghi, e successivamente anche i progettisti più esperti, non sanno più cosa è stato realmente considerato e i motivi per cui determinate ipotesi sono state scartate.

La mancata tracciabilità comporta che, se si deve tornare indietro nel flusso progettuale, molti ragionamenti debbano essere ripetuti.

 

3) Confrontare le alternative tenendo conto di tutti gli aspetti significativi: rispondenza alla specifica, costo, semplicità di realizzazione ecc., ma anche sicurezza e impatto ambientale.

Proprio questi ultimi aspetti sono quelli più delicati, non tanto nella sostanza quanto per il fatto che vengono spesso presi in considerazione quando l'esecuzione delle modifiche è già avviata. E questo può comportare problemi, sotto la forma di semplici rework, di extra costi non previsti nel budget o, addirittura, in termini tali da impedire il completamento del progetto di modifica.

 

4) A questo punto, scelta una soluzione e verificatane la fattibilità e la idoneità, il processo di progettazione segue l'iter classico, affiancandovi però una attività di valutazione dei rischi che sarà di diversa estensione a seconda del tipo di modifica: per piccole modifiche che non impattano sulle prestazioni generali o sulla destinazione d'uso della macchina la valutazione deve riferirsi solo a quanto direttamente impattato dalla modifica; in caso contrario deve riguardare la intera macchina.

Questa ultima considerazione è dettata, nella comunità europea, da precise disposizioni della direttiva macchine 2006/42/CE, ma tecnicamente ha valore ovunque. Infatti se una modifica riguarda una porzione limitata di una macchina evidentemente il resto della macchina stessa non è impattato e quindi non ne cambiano le condizioni di sicurezza; se invece la modifica altera un parametro progettuale fondamentale della macchina (per esempio la velocità di una macchina da trasformazione rotoli) è evidente che occorre verificare che questo intervento non introduca "problemi" sull' intera macchina. La stessa questione si replica per gli aspetti di impatto ambientale o di efficienza energetica, ove rilevanti.

 

5) I passi successivi di sviluppo e validazione del progetto sono più o meno intensi in funzione della complessità tecnica della modifica, ma non vale la pena di elencarli qui. Invece vogliamo passare direttamente all'ultimo step di questo processo che è rappresentato dal così detto collaudo. Perché "così detto" ? Perché quello che qui vogliamo descrivere non è solo il collaudo "contrattuale" fra due funzioni diverse: progettazione/fabbricazione (interna o esterna) e produzione, collaudo che andrebbe a verificare se quanto realizzato è conforme alla specifica concordata. Ma è anche una validazione delle attività di valutazione dei rischi (per le persone, per l'ambiente ecc.) che hanno accompagnato la progettazione; per validazione intendiamo non solo una verifica che tutto sia stato fatto come da progetto, ma anche che gli obiettivi di sicurezza siano stati effettivamente raggiunti.

 

Se il processo è quello sopra descritto sommariamente, dobbiamo anche considerare alcuni aspetti collaterali ma non per questo meno importanti: prima di tutto il fatto che definire un processo non significa attuarlo in quanto resta da stabilire chi prende in carico i diversi passaggi logici, con le relative scelte. Quindi al di là di sapere cosa si deve fare, è necessario definire univocamente il processo da applicare e chi deve effettuare le varie fasi, in particolare quelle inerenti la sicurezza e la tutela ambientale. Bisogna in questo tenere conto che chi segue questi aspetti si assume responsabilità tecniche e morali non da poco, quindi è importante considerare attentamente le competenze e le capacità dei possibili incaricati.

Altro aspetto da considerare sono le registrazioni: in un settore dove le modifiche (quelle piccole, in particolare) sono quasi all'ordine del giorno, è fondamentale che quello che si progetta, valuta e realizza sia registrato. Altrimenti il rischio concreto è quello di perdere memoria di ciò che si è fatto, del perché, e dei ragionamenti che sono stati sviluppati per verificare le condizioni di sicurezza.

 

Altro punto rilevante: quali riferimenti adottare per la sicurezza? Parliamo di sicurezza in particolare perché è probabilmente l'aspetto più complesso da tenere sotto controllo (adeguatamente) nel settore tissue, al momento che si fanno modifiche sulle macchine. Infatti le macchine del settore, sia in cartiera che in converting, presentano fonti di rischio anche molto significative per gli operatori e i manutentori, che storicamente hanno provocato numerosi incidenti, anche molto gravi. Quindi ogni volta che si vuole effettuare una modifica è molto probabile che si vada in qualche modo ad incidere su aspetti di sicurezza.

 

Possiamo prendere ad esempio la legislazione europea per fare un ragionamento valido in generale: il concetto di base delle direttive della UE sulla sicurezza sul lavoro e sulla certificazione di prodotto (marcatura CE) è che chi esercisce una macchina o un impianto debba, per così dire, attuare misure di miglioramento della sicurezza partendo da ciò che ha in uso. Ovvero l'utilizzatore, pur dovendo tenere in conto l'evoluzione della tecnica in materia di sicurezza, può adeguarsi solo nei limiti del possibile, e comunque senza rimettere mai in discussione la progettazione della macchina, mentre invece chi progetta, e per analogia chi esegue modifiche, deve adeguarsi allo stato dell'arte in misura assai maggiore; questo in particolare se la modifica è tanto significativa da incidere sui parametri di progetto di una macchina.

 

Questo è un concetto che può assumere valenza generale: chi, tramite modifiche, interviene di fatto sul progetto di una macchina deve assumersi anche il carico di una nuova verifica dell'idoneità del progetto. Ovviamente non si può pretendere che una macchina esistente raggiunga i livelli di sicurezza di una macchina nuova, ma a quello si dovrebbe tendere. In ogni caso non si può accettare che una modifica riduca il livello di sicurezza di una macchina.

 

Concludiamo, come sempre, provando a ricapitolare. Le modifiche devono essere gestite secondo un processo controllato per il quale siano chiaramente definite le responsabilità; tale processo deve garantire che gli aspetti di sicurezza dei lavoratori (operatori e manutentori) e di tutela ambientale siano presi in considerazione con adeguato anticipo, questo per evitare rilavorazioni, non conformità legali ecc. L'ampiezza di questa analisi dipende in modo direttamente proporzionale dall'impatto della modifica che si vuole attuare. I riferimenti tecnici per gli aspetti di sicurezza sono quelli definiti dallo stato dell'arte, anche se tali riferimenti devono essere mediati da una buona dose di buon senso tecnico/progettuale.

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