Per i Greci l'igiene era la capacità di vivere in buon equilibrio con sé stessi, con gli altri e col proprio ambiente: evitare eccessi e mantenersi in buona salute. E oggi?
Nico Zardo
Nelle pratiche spirituali più diffuse la pulizia del corpo e quella interiore vanno di pari passo. Gli studiosi sostengono che l'igiene personale è biologicamente legata alla natura originaria degli animali e quindi dell'uomo. Allora che cos'è l'igiene?Non esiste una sola risposta. Per la donna di casa vuol dire detersivi, strofinacci, pavimenti e sanitari brillanti e puliti; e se poi ci sono bambini pannolini, bagnetti e cremine; per l'architetto sono regole da rispettare per garantire una buona vivibilità di una struttura abitativa; per l'amministrazione pubblica sono norme urbanistiche, fognature, immondizia, depuratori, controllo della qualità dell'aria e dell'acqua; per il medico significa tener lontano germi e malattie; per lo storico l'igiene è una chiave per interpretare l'evoluzione e il livello di civiltà di un popolo; per l'antropologo è la pratica comune della pulizia quotidiana della persona e l'interazione che questo comportamento può generare nel suo gruppo sociale.
Volendo sintetizzare potremmo dire che l'igiene è l'attitudine dell'uomo a tener a bada lo sporco e i rifiuti per mantenere una qualità accettabile dell'ambiente in cui vive e, quindi, della sua salute.
La relazione tra rifiuti industriali, domestici e personali è molto stretta. Infatti, l'inarrestabile processo di inurbamento, la cementificazione del territorio, l'allontanamento dalle campagne e il mefistofelico sviluppo della società dei consumi hanno alterato (rotto?) l'equilibrio tra uomo e ambiente che salvaguardava il naturale riassorbimento dei rifiuti prodotti.
La Terra sembra non essere più in grado di ricevere e trasformare ciò che l'uomo scarta.
E allora i rifiuti diventano la testimonianza scomoda di un processo non virtuoso, una cosa da allontanare, da distruggere, se si riesce, e possibilmente da dimenticare: quasi si trattasse di un comportamento che, deviando da un ciclo biologico naturale, si ritorce inevitabilmente contro noi stessi, ricordandoci limiti ed errori del nostro operare.
L'inizio del XIX° secolo è lo spartiacque storico nel modo di considerare igiene e rifiuti. Con l'affermarsi della rivoluzione industriale, la contropartita all'incremento sovra/umano della produzione, grazie alle macchine azionate da nuove potenti energie, sono stati l'inquinamento dell'aria e la produzione di scorie di sempre più difficile reinserimento nel ciclo biologico e spesso a rischio di contaminazione di luoghi, acque e persone.
Ed è sempre attorno agli inizi del XIX° secolo, con la nascita della moderna medicina e in particolare della batteriologia, che l'igiene diventa "pubblica" e può sviluppare le conoscenze per debellare le epidemie (colera, tifo, vaiolo, peste) che periodicamente falcidiavano larga parte delle popolazioni cittadine.
In quegli anni Jean Noel Hallé (1754-1822), professore di medicina di Parigi, introdusse il concetto cheil medico nel suo operare avrebbe dovuto tenere in considerazione l'individuo nei due aspetti che influenzano l'igiene: le sue caratteristiche personali quali età, sesso, temperamento, abitudini, professione, condizione sociale, e gli aspetti ambientali quali il clima, i luoghi, i costumi, le leggi.
Il passaggio dell'idea di una igiene tradizionalmente individuale ad una pubblica rifletteva un interesse generale dello Stato secondo il quale la forza e la debolezza di una popolazione e quindi di una nazione sono direttamente proporzionali alla salute dei suoi cittadini.
Secondo una ricerca condotta da Valerie Curtis, direttrice del centro di igiene della Scuola di Igiene e Mediciana Tropicale di Londra, il nostro atteggiamento verso l'igiene personale ha un'origine antica, che condividiamo con il comportamento istintivo degli animali, ed è volto a evitare il contagio di malattie, risvegliando nell'individuo (e negli animali) un senso di repulsione istintiva per ciò che suscita disgusto. Una sorta di campanello di allarme che si mette a suonare quando i nostri sensi avvertono un pericolo.
La ricerca ha preso in considerazione il comportamento di animali di diversa natura: dai polipi che espellono tossine in forma di vomito, alle aragoste che evitano contatti con altre aragoste affette da virus, dalle formiche che si puliscono da funghi patogeni, ai pipistrelli che rimuovono gli ectoparassiti; dagli scimpanzè che curano la pulizia del pene dopo l'accoppiamento; a uccelli e mammiferi che puliscono regolarmente nidi e tane dalle loro feci. Gli animali che hanno saputo tradurre in patrimonio genetico l'istinto di difesa da parrassiti e i comportamenti igienicamente virtuosi si sono conquistati la continuità nell'evoluzione della specie.
La verifica sull'uomo, fatta con interviste in diverse parti del mondo come India, Africa, Paesi Bassi e Regno Unito, nelle quali si invitava a spiegare le sensazioni che essi provavano di fronte a feci, fluidi corporei, cibo avariato ed esseri striscianti, ha messo in evidenza la difficoltà a motivare le loro reazioni limitandosi a dichiarazioni del tipo: "non riesco a spiegare, ma mi fa schifo".
Queste indicazioni sono state poi testate con un esperimento fatto sul Web chiedendo ai partecipanti di dare una valutazione sul grado di accettazione/repulsione che potevano suscitare una serie di immagini rapprentative delle stesse situazioni oggetto delle interviste. Più di 40.000 partecipanti di 165 paesi, hanno confermato le ipotesi: tutte le immagini con elementi a "rischio" di malattia hanno dato un maggior punteggio nella scala del disgusto.
Le considerazioni storiche su questo principio da un lato partono dal semplice presupposto che se l'uomo preistorico non avesse adottato corretti accorgimenti per allontanare i parassiti mantenendo pulito il suo ambiente da feci e rifiuti umidi e tenuto a distanza i compagni malati, il genere umano non avrebbe avuto futuro. Pitture rupestri che mostrano uomini senza barba e il ritrovamento di artefatti rudimentali (conchiglie e pettini) suggeriscono che la cura dell'igiene della persona ha origini remote. Riti sociali e religioni hanno fatto proprie queste esigenze fondamentali e reso socialmente rilevati operazioni quali il seppellimento o la combustione dei cadaveri la cui decomposizione costituisce una minaccia per l'uomo.
Ai Greci dobbiamo la nascita del culto di Igea attraverso il quale sono stati indicati i comportamenti virtuosi per mantenersi in buona salute. Per i Romani poi, con terme ed acquedotti, la pulizia è diventata parte integrante del loro processo di civilizzazione. Le grandi epidemie che dal Medioevo a metà ‘800 potrebbero mettere in dubbio l'idea che la difesa igienica tragga sufficiente forza dall'istinto individuale, ma se consideriamo la scienza come patrimonio comune ritroviamo attraverso il lavoro di molti scienziati come Leeuwenhoek, Pasteur, Koch, che hanno aperto la conoscenza alla microbiologia, la capacità di riconquistare un equilibrio per difenderci dalle patologie che ci possono minacciare.Istinto e conoscenze ci hanno quindi aiutato ad affinare la capacità di gestire la nostra igiene e ad allungare così le nostre prospettive di permanenza su questa Terra. Ma restano ancora diverse aree del nostro comportamento "igienico" che non sono spiegabili con questo pensiero e che costituiscono problemi di rilevante importanza sociale. Obesità, fumo, alcolismo sono comunemente riconosciute nella nostra società opulenta, tra le principali cause di disfuzioni della nostra salute e avvalorano l'idea che per conquistare stili di vita più sani il modo più efficace è sicuramente il cambiare di comportamento.
Le campagne d'informazione isituzionali per ridurre queste "pericolose abitudini" poco o nulla hanno potuto contro la potenza delle sollecitazioni al consumo e la mefistofelica martellante promozione dei nostri media che ci invitano a praticare stili di vita poco virtuosi.
"Per spingere le persone a comportarsi diversamente i ragionamenti logici non bastano: occorre far leva sulle emozioni", sostiene ancora Valerie Curtis parlando delle sue sperimentazioni: "Se tutti si lavassero le mani con il sapone dopo essere stati in bagno, si potrebbero salvare oltre tre milioni di vite umane, perché la diarrea e i patogeni respiratori - i più grandi killer dei bambini - viaggiano proprio sulle mani. Non basta insegnare cosa sono i germi. In un recente tentativo di ridurre il numero delle malattie diarroiche nei bambini in Ghana, per convincere la gente a lavarsi le mani con il sapone, abbiamo sviluppato una campagna per far provare disgusto alle persone che non si lavavano le mani con il sapone. La pubblicità televisiva, per esempio, ha mostrato una madre che dopo essere stata alla toilette aveva una strana macchia sulle mani, che è stata poi virtualmente trasferita al cibo di suo figlio. Pur non usando argomenti razionali sui germi o la malattia, la campagna ha aumentato del 41% il numero dei ghanesi che si lavano le mani col sapone."
Questo dimostra che i nostro comportamenti su questioni importanti come l'igiene oltre a far riferimento all'istinto e alla razionalità sono fortemente influenzati dalla necessità di approvazione sociale. I miglioramenti introdotti dalla scienza hanno bisogno di tempo perché possano far parte della nostra natura e della nostra esperienza.
A volte basta un gesto semplice per produrre un grande cambiamento. Laviamoci le mani.