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LPC pronta a entrare nella storia del tissue con la nuova pm 2 e la linea XXL

Il gruppo inglese LPC sta investendo 50 milioni di sterline in un importante programma d'espansione che prevede l'installazione della prima PM Tissueflex al mondo e della prima linea di trasformazione Perini XXL fuori dal territorio italiano. L'investimento punta a consolidare definitivamente la posizione sul mercato di questo gruppo che è, ad oggi, il maggior produttore indipendente di tissue del regno unito.

Hugh O'Brian


Nel settore del tissue in U.K. il gruppo LPC di Leicester è ben noto come produttore di tissue di alta qualità destinato principalmente al segmento private label, ma per chi non opera direttamente sul mercato inglese il nome di quest'azienda non suona altrettanto familiare. Questo perché LPC, invece di farsi pubblicità, ha preferito costruire il proprio sviluppo ed oggi, dopo gli umili inizi dei primi anni '80, è il principale produttore indipendente di tissue del Regno Unito. Non stupisce quindi che il Direttore Generale Amin Tejani, un gentleman dai toni dolci e gentili, dichiari la sua ritrosia ad essere al centro dell'attenzione in un articolo sull'azienda. "I dipendenti, gli impianti, la comunità: questi sono gli aspetti importanti della nostra storia", ci ha detto. Ma lo stesso Tejani è suo malgrado costretto ad ammettere che il progetto di espansione in corso susciterà una grande curiosità ed è pertanto arrivato il momento di presentare il profilo del gruppo. LPC è infatti nel bel mezzo di un progetto di investimento da 50 milioni di sterline (75 milioni di dollari) che amplierà drasticamente la capacità produttiva e di trasformazione dell'azienda. Secondo i programmi la produzione di tissue aumenterà del 200%, passando da 24.000 a 74.000 tonnellate annue, mentre le tonnellate di prodotto trasformato all'anno balzeranno da 30.000 a 100.000. Il progetto vanta una serie di contenuti tecnologici che non mancheranno di attirare gli sguardi di tutti gli addetti ai lavori. Innanzitutto sarà installato, in anteprima mondiale, il primo esemplare di PM TissueFlex della Andritz. Questa macchina di nuova concezione, prevista in avviamento per il mese di Settembre, ha un formato di 5,2 metri ed è configurata con una Shoe-Press (pressa-scarpa) che, installata contro il cilindro monolucido, effettua la pressatura del velo in modo tale da aumentarne la voluminosità (vedi PJL n. 15). La PM 2 avrà una capacità produttiva annua pari a 50.000 tonnellate ed una velocità che raggiunge i 1800 metri al minuto, caratteristiche che ne fanno uno degli impianti di produzione tissue più veloci e moderni del mondo. L'altra grande novità è l'acquisto di una linea di trasformazione Perini Sincro XXL, il primo impianto di tissue converting da 5,4 metri di formato ad essere installato fuori d'Italia. L'XXL sarà posizionata in linea con la PM 2, riducendo così i problemi di movimentazione e rifilo delle bobine prodotte dalla continua. Secondo le previsioni la linea extra-large trasformerà circa 30.000 delle tonnellate annue prodotte dalla PM2, la restante parte alimenterà gli altri impianti di trasformazione.


TUTTO HA AVUTO INIZIO DA UN PICCOLO SUPERMERCATO. Il Gruppo LPC è di proprietà dei Tejani, una famiglia d'origine indiana proveniente dall'Uganda e attiva nel ramo del caffé. Negli anni '70 i Tejani si trasferirono in Inghilterra, nella regione di Leicester, dove iniziarono a gestire un piccolo supermercato. Nei primi anni '80 la ditta ebbe alcune difficoltà nell'approvvigionamento dei prodotti tissue e fu così che Shiraz Dharamshi, oggi presidente del gruppo, studiò il mercato e decise che la penuria di tissue poteva in realtà costituire una buona opportunità per entrare nel settore del tissue converting. "Non riuscivamo a trovare in alcun modo tissue da acquistare. Fu una strana situazione quella che si verificò all'inizio degli anni '80. Ma ci spinse a pensare che forse era meglio produrre per conto nostro invece di contare su terzi per rifornire il supermercato di rotoli di carta igienica e asciugatutto" - ci racconta Shiraz Dharamshi - "Per cui comprammo una macchina Hobema usata da un'azienda norvegese, trovammo alcune bobine ed entrammo così in questo business". Era il 1980 e da quel giorno l'azienda ha riportato profitti ogni anno. Negli anni '80 LPC si lanciò anche nel business dei pannolini per bambini ed anche questa scelta si è rivelata redditizia. Il volume d'affari crebbe e i fratelli Tejani (sono 6 e rappresentano gli azionisti di maggioranza del gruppo, con 3 di loro seduti nel Consiglio di Amministrazione) decisero che per soddisfare la domanda del mercato avrebbero dovuto fare investimenti più consistenti. Nel 1982 quella che fu battezzata Leicester Paper Converting divenne, per la prima volta, cliente della Fabio Perini da cui acquistò due ribobinatrici. Questo acquisto permise ad LPC di ampliare il suo raggio d'azione ed il grado di penetrazione del mercato. Nel 1992 l'azienda era talmente cresciuta da dover cambiare stabilimento, fu allora che si trasferì in quella che è ancora l'attuale sede: 35 acri di terreno in Waterside Road, nella zona Industriale di Hamilton alla periferia di Leicester. Qui fu costruito il capannone dedicato agli impianti di trasformazione e furono acquistate altre linee Perini. Oggi questo modernissimo comparto di tissue converting vanta una capacità produttiva di circa 70.000 tonnellate annue (cui si aggiungeranno le 30.000 della linea XXL,)


NEL 1998 INIZIA A PRODURRE CARTA. Alla metà degli anni '90 l'azienda arrivò alla decisione di costruire una propria cartiera. Con una mossa che per certi aspetti ricorda quella operata nei primi anni '80 per entrare nel settore della trasformazione, LPC stabilì che era più sicuro in prospettiva produrre direttamente la carta invece di continuare a dipendere da fornitori esterni. Ci racconta Mr. Tejani: "Quattro o cinque anni fa assistemmo a un considerevole aumento dei prezzi delle bobine tissue, cosa che ci obbligò a riconsiderare attentamente la nostra posizione. Fu allora che decidemmo di costruire la nostra prima continua. Ma non avendo alcuna esperienza nel papermaking dovemmo prima costruirci le necessarie competenze". Invece di assumere tout-court un intero reparto di provetti tecnici cartari, LPC optò per un piccolo gruppo direzionale composto da alcuni elementi- chiave cui spettava il compito di istruire la forza lavoro assunta localmente. La cartiera fu quindi un progetto veramente "greenfield", a partire dal personale. Per non rendere le cose più complicate di quanto già non lo fossero, LPC preferì acquistare una macchina tissue tradizionale e semplice ed il fornitore della PM, Beloit, offrì un valido aiuto con programmi di training. Altri corsi di formazione furono organizzati assieme a 2 produttori di tissue con cui l'azienda intratteneva ottimi rapporti: la Celtech in U.K. e la Duni in Svezia. Anche il College Bury fu coinvolto nei programmi di formazione professionale. Continua Tejani: "Ammettevamo la nostra ignoranza in materia e capivamo che era necessario procedere nella maniera più semplice possibile. Ritengo che questa strategia abbia dato buoni frutti ed infatti la macchina iniziò a girare molto velocemente. A tutt'oggi stiamo lavorando a velocità piena, addirittura sopra quella progettuale". La PM1 è una Beloit Crescent Former di 2,7 metri di formato con una configurazione molto standard. L'avviamento avvenne nell'Ottobre del 1998 all'interno di un capannone costruito dalla parte opposta della strada rispetto agli impianti di trasformazione. Il responsabile della cartiera è Steve Lawe, uno degli elementi-chiave del team direzionale di cui abbiamo parlato in precedenza. Lawe ci racconta che l'avviamento della prima continua andò molto bene e furono pochi i problemi iniziali: "All'inizio fu il monolucido a darci qualche noia e ciò rallentò la nostra curva d'apprendimento. Ma in seguito abbiamo recuperato velocemente ed ora giriamo a più di 1500 metri al minuto su una macchina progettata per funzionare a 1400". Poco dopo l'avviamento Beloit dichiarò fallimento e questa non fu propriamente una bella notizia per LPC che, comunque, assicura di aver risolto tutte le questioni in sospeso con questo fornitore.

Ricordando come fu creata la squadra della PM1 Steve Lawe ci dice: "Per tutti noi fu un vero e proprio processo di apprendimento. Inizialmente furono assunti alcuni responsabili con esperienza nelle macchine continue e costoro hanno poi creato un team con la manodopera assunta localmente. L'intera squadra ha dimostrato un entusiasmo, una dedizione e una voglia di imparare veramente impressionanti. Chiaramente ci sono stati anche uno o due elementi che non si sono integrati e se ne sono andati, ma in generale abbiamo avuto uno scarsissimo ricambio di personale. Credo che ciascuno si renda conto che LPC sta investendo molti soldi nei macchinari più moderni e veda in ciò una buona opportunità di far parte di un progetto stimolante. Bisogna ammettere che una continua è una macchina che fa una certa impressione". La PM1 lavora con un mix di fibra vergine acquistata sul mercato internazionale e di fibra disinchiostrata (DIP) acquistata in U.K. Le balle di cellulosa alimentano i due spappolatori, poi il processo continua nell'impianto di preparazione stock che è progettato per la massima flessibilità in modo da ottimizzare le caratteristiche di morbidezza e resistenza richieste dal tipo di tissue che si vuole produrre. La continua monta una cassa d'afflusso doppio strato utilizzata principalmente per produrre tissue ultra-soft e, per accentuare ulteriormente il grado di morbidezza, si distribuiscono sulla faccia del velo che viene a diretto contatto col monolucido fibre di eucalipto. Così com'è configurata la pianta attuale dello stabilimento, le bobine in uscita dalla PM1 sono avvolte nella plastica e quindi trasportate con un camion nel capannone della trasformazione che si trova dall'altra parte della strada. Per semplificare questa procedura il progetto PM2 prevede una serie di rulli di trasporto che semplificheranno tutto il processo di movimentazione.


TEST A TUTTO TONDO PER IL SISTEMA TISSUEFLEX. Anche se alcune presse-scarpa TissueFlex sono state usate in alcune ristrutturazioni di macchine continue tissue, la PM di LPC sarà in assoluto la prima macchina al mondo totalmente configurata con questo sistema, sviluppato recentemente da Andritz per produrre tissue più morbido e voluminoso su continue tradizionali. Il TissueFlex si propone come alternativa al concetto through-air-dried (TAD) e approfondite ricerche condotte sulla linea pilota della Andritz e sulle macchine ricostruite con pressa-scarpa hanno dimostrato che questa configurazione, in effetti, è una valida via di mezzo tra il Crescent Former tradizionale con pressa aspirante ed il TAD. Il TissueFlex è progettato per consentire un aumento del 20-30% nel volume finale della bobina rispetto ad una configurazione tradizionale, a parità del livello del grado di secco. Oppure consente, a pari voluminosità, di raggiungere un maggior grado di secco, con minori consumi energetici durante il processo d'essiccamento. La PM2 di LPC sarà un test importante per il concetto sviluppato dalla Andritz e non mancherà di suscitare una grande curiosità sia fuori che dentro l'azienda. Dichiara Steve Lawe: "L'avviamento della PM2 sarà una vera sfida. Anche se in linea di principio la macchina è piuttosto simile alla PM1 ci sono tuttavia alcune differenze una sostanziale ed altre più marginali. Ad ogni modo ogni avviamento cela una serie di incognite che dipendono da una cosa o dall'altra". La peculiarità del TissueFlex sta nella posizione del rullo aspirante e della pressa-scarpa. La PM2 è sostanzialmente configurata come un Crescent Former tradizionale in cui il velo di tissue, formatosi tra feltro e tela, è trascinato dalla faccia inferiore del feltro verso il monolucido. La differenza è che, in questo caso, il velo non passa tra pressa aspirante e monolucido, in quanto il rullo aspirante è in posizione arretrata e non agisce contro alcun altro rullo. In tale configurazione, quindi, il rullo aspirante non ha nessuna funzione di pressatura, limitandosi ad asciugare il velo per aspirazione. Una volta superata la sezione di aspirazione, feltro e velo procedono fino alla zona di contatto tra pressa-scarpa e monolucido. In questa zona il velo subisce una pressione più delicata in quanto distribuita su una superficie più estesa, la press-scarpa ha infatti una superficie di contatto più lunga rispetto ad una tradizionale pressa-aspirante. È così possibile preservare maggiormente la voluminosità della carta. Da qui il velo di tissue passa attorno al monolucido per essere poi avvolto in bobine dalla bobinatrice.


IL PROGETTO PREVEDE ANCHE UNA NUOVA LINEA DI DISINCHIOSTRAZIONE (DIP). Anche la PM2, così come la PM1, lavorerà con un mix di fibra vergine e fibra disinchiostrata in proporzione relativa al tipo di tissue in produzione. LPC ha in programma di impiantare anche una nuova linea di de-ink con un investimento previsto attorno ai 12 milioni di sterline. Come primo step il gruppo ha già acquistato 6 acri di terreno adiacenti ai 35 acri dell'attuale stabilimento che ospita cartiera, trasformazione e magazzino. Non è stata ancora stabilita una data d'avviamento precisa, ma è probabile che la nuova linea DIP entri in funzione tra il 2003 e il 2004. Si prevede che questo impianto consumi 100.000 tonnellate l'anno di carta da macero per fornirne 60.000 di fibra utilizzabile dalle continue tissue. LPC sta già lavorando assieme all'amministrazione cittadina di Leicester per istituire un sistema di raccolta della carta da macero. Ci conferma il Sig. Tejani: "Abbiamo sempre avuto ottimi rapporti con le autorità locali che ora supportano attivamente il progetto della nuova linea di disinchiostrazione. Ci siamo sempre sforzati di operare per il bene della comunità e siamo molto orgogliosi di aver creato nuovi posti di lavoro. Per noi è molto importante essere sicuri di aver ridotto al minimo l'impatto ambientale delle nostre attività. Le porterò un esempio. Nelle vicinanze della cartiera c'è un quartiere residenziale e per non creare inquinamento acustico abbiamo cercato di mantenere il livello di rumorosità sotto i 34 decibel. Abbiamo usato diversi accorgimenti come, ad esempio, l'utilizzo di motori super-silenziosi sulle nostre macchine o i doppi muri in alcuni capannoni".


UNA SEZIONE CONVERTING "MADE IN PERINI". Per l'ampliamento del comparto di trasformazione LPC, dopo aver vagliato diverse alternative, ha infine scelto un linea Sincro XXL Perini perché questa tecnologia vanta un prezzo migliore e consente un risparmio in termini di materie prime e costi di lavoro. Con una larghezza di 5,4 metri, l'XXL trasformerà circa 30.000 tonnellate l'anno di tissue in rotoli igienici a due veli. Fino ad oggi Perini ha venduto 4 linee extra-extra-large: 2 al gruppo italiano Cartoinvest (cui appartiene la prima linea XXL, in funzione dal '97), 1 ad un cliente che preferisce mantenere il riserbo ed 1 a LPC. Il gruppo vanta un'impressionante dotazione di linee "made in Perini". Dai primi modelli 348 ed 813 acquistati negli anni'80 alle linee Alfetta ed Alfina dei primi anni'90. Dal 1994 al 2000 sono state installate ben 7 linee Sincro cui si aggiungerà, nell'autunno di quest'anno, la gigantesca XXL. "È dal 1983 che acquistiamo macchinari Perini e abbiamo rapporti molto stretti con questa azienda" - ci spiega Tejani - "La nostra filosofia aziendale è quella di stringere solidi e leali rapporti con un numero limitato di fornitori-chiave. La tecnologia Perini sembra sempre un passo avanti ed anche noi abbiamo beneficiato di questi sviluppi tecnici. In realtà le aziende italiane in generale ci sembrano un passo avanti rispetto alle altre aziende che forniscono macchinari per la lavorazione della carta tissue ed è per questo che ci siamo rivolti alla TMC per il packaging e alla Ocme per i sistemi di movimentazione e gli impianti robotizzati". "Continuiamo ad acquistare linee Perini con regolarità e siamo molto soddisfatti della qualità e della produttività di queste macchine", ribadisce Robert Natzel, responsabile di produzione del converting. Come Steve Lawe, Robert Natzel appartiene all'originario nucleo di manager chiamati a formare la squadra della PM1. Assieme a loro: Dave Mulligan, oggi responsabile di produzione della cartiera, e George Mudd, ingegnere capo.


NEL 2000/2001 LE ENTRATE SONO AUMENTATE DEL 60%. Negli ultimi anni la capacità produttiva tissue di LPC ha avuto una crescita impressionante. Per il biennio 2000/2001 le entrate previste sono attorno ai 76 milioni di sterline, ovvero ben il 60% in più rispetto al periodo 1999/2000, con un volume d'affari totale di 100 milioni di sterline. In un momento in cui le fusioni e acquisizioni nel settore del tissue hanno ridotto il numero dei fornitori disponibili per la catene di distribuzione, LPC ha saputo proporsi come una valida alternativa in fatto di qualità. Spiega il sig. Tejani: "Le catene di distribuzione non amano trovarsi di fronte solo uno o due fornitori. Nel mercato delle private label noi siamo la terza opzione dopo SCA e Georgia Pacific (neo-proprietaria di FortJames). I retailer hanno riconosciuto che noi siamo una valida alternativa e questo ha avuto un evidente riflesso nella crescita registrata dal nostro gruppo durante il 2000. Inoltre il fatto che noi produciamo direttamente la carta ci dà credibilità e rispetto perché i nostri clienti sanno che, oltre ad un alto livello di flessibilità e Servizi, siamo anche in grado di esercitare un completo controllo sulla qualità. Controllando direttamente buona parte dei vari processi di produzione, non siamo diversi dalle grandi multinazionali". Per quello che riguarda il futuro, Mr. Tejani dice chiaramente che l'azienda punta a consolidare il proprio ruolo sul mercato inglese. "Per ora ci terremo occupati con il grande progetto di investimento che stiamo portando avanti. Abbiamo anche alcune idee riguardo ad altre aree di espansione, ma al momento vogliamo concentrarci sulla crescita che la nuova PM e la nuova linea di trasformazione ci consentiranno di fare". E da tutto quello che abbiamo visto, non sembra che LPC avrà troppe difficoltà a restare proficuamente occupata nell'immediato futuro.

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