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Diverse sfumature di Verde

Il mondo sta finalmente cambiando. Ora stiamo seriamente parlando di proteggere la Terra e le generazioni future. Verde sarà il colore dei prossimi decenni e speriamo che qualcosa venga davvero fatto per proteggere il futuro dei nostri figli e dell'umanità intera.

Guy Goldstein

Sto scrivendo queste poche righe prima del Summit di Copenhagen, dunque prima - si spera - che arri-vino decisioni importanti per il futuro delle prossime generazioni. Per un paio di secoli a partire dalla Rivoluzione Industriale, nessuno si è veramente curato dell'ambiente e l'industria dal canto suo si è sviluppata senza comprendere, per ignoranza, la necessità di proteggerlo. L'allarme è partito più di dieci anni fa, riempiendo quotidiani, radio e TV. I mezzi disponibili per valutare la situazione hanno tutti contribuito a creare il disastro che ora ci troviamo ad affrontare. Dallo spazio abbiamo potuto misurare la portata di questa catastrofe. Siamo in ritardo, molti paesi usano ancora combustibili fossili, generando tonnellate di CO2, e non sono certo tra i paesi più piccoli della Terra!

 

Ma cosa sta facendo la nostra industria del tissue nel frattempo? In realtà, l'industria della carta è stata in primo piano nella battaglia per l'ambiente - non sempre apprezzata dai vari movimenti ecologisti, è vero, ma... Il riciclaggio è stato uno degli argomenti di punta, la riforestazione uno degli obiettivi principali per preservare il futuro e il benessere economico. L'energia ha avuto un forte impatto con il progressivo esaurimento delle riserve di petrolio, l'uso del carbone sembra ancora l'unica scelta possibile di paesi importanti come gli USA, la Cina, l'India e qualche Stato europeo.

La pasta di cui abbiamo bisogno è spesso autosufficiente in termini di energia grazie alla combustione della corteccia e del black liquor; siamo passati all'imbianchimento con ossigeno senza troppi problemi; abbiamo quasi del tutto abbandonato il processo al solfito e tutti i suoi problemi.

 

In tempi piuttosto precoci, nel 1992 per l'esattezza, in Europa venne adottato l'Ecolabel quale segno di riconoscimento per coloro che avevano a cuore l'ambiente. Sono anche stati creati dei loghi competitivi: Blue Angel, White Swan, ecc. ... Per alcune aziende sono diventati un elemento del marketing, ma anche la prova evidente che ci sentivamo coinvolti. È abbastanza singolare che l'Ecolabel non sia stato facilmente adottato dalle "Quattro Grandi" dell'industria cartaria, piuttosto da aziende più piccole che guardavano al futuro, come la Lucart italiana, ma anche da produttori di marchi del distributore e prodotti AFH, dove i costi in uso rappresentano la voce essenziale. Credo che quello che allora sembrava una trovata pubblicitaria, oggi costituisce la prova evidente che queste aziende erano già coinvolte nella svolta ecologica e anche se potevano avervi visto un vantaggio a breve termine, in realtà stavano già guardando avanti.

 

Naturalmente il movimento non si è limitato all'Europa. In Nordamerica, aziende come Marcal, Cascades e Fort Howard sono andate avanti su questa strada per tutta una serie di ragioni: le risorse limitate a loro disposizione per acquistare pasta vergine, il loro passato di produttori di carta riciclata, l'ambiente politico locale e il vantaggio commerciale che potevano ricavare da una parte del pubblico. Queste aziende sono cresciute e oggi occupano un posto importante nella nostra industria. Hanno avuto ragione loro, il vantaggio economico non è sempre a favore del riciclaggio e anche se sono convinto che erano davvero dei bravi e coscienziosi cittadini, hanno lavorato costantemente nella direzione giusta e ora meritano un applauso.

 

L'industria ha optato per paste più pulite, metodi di imbianchimento privi di cloro, meno solfito, gestione responsabile delle foreste, combustibili più puliti, ecc. ... Ma è abbastanza? Le leggi che tutelano le foreste risalgono addirittura all'epoca di Carlo Magno (800 d.C.), ma le normative più recenti sono state introdotte a metà degli anni ‘40 sia per gli USA sia per le foreste tropicali di Africa e Sudamerica. No, di sicuro non è abbastanza. Però, per mantenere una sana e leale concorrenza, sono tutte regole che vanno implementate ovunque nello stesso modo.

 

L'industria della carta/del tissue non dovrebbe essere sola sul banco degli imputati. Certamente si devono compiere degli sforzi per ridurre le emissioni di CO2 legate ai trasporti. Abbiamo creduto che gli alti costi del petrolio avrebbero spinto le aziende a produrre più vicino ai centri di consumo, ma l'illusione è stata breve, dal momento che il prezzo del petrolio è tornato a scendere. Buone idee, nessuna implementazione! Il tema sarà sicuramente ripreso a breve, in quanto le riserve di petrolio scarseggiano e i prezzi sono legati alla domanda, non vi sono fondate ragioni per pensare a una stabilità di lungo periodo.

 

Ma cosa possiamo fare? Semplice: dobbiamo rivedere tutte le fasi della produzione. Si può risparmiare ovunque: oggi una migliore gestione dei processi consente un risparmio energetico del 30% o più, un minore consumo di acqua, sostanze chimiche, insomma migliaia e migliaia di dollari da risparmiare e minore quantità di gas serra da produrre. Sono necessari degli investimenti, è vero, ma il loro ritorno è rapido e notevole: se li possono permettere tutte le aziende? La nostra industria ha davvero dimostrato un atteggiamento responsabile sin dal principio, forse non siamo stati tra i primi della classe, ma almeno tra quelli coinvolti e disponibili. È probabile che saranno messi in campo degli incentivi per aiutare a risolvere i vari problemi, ma ancora una volta tutto dipende dalla politica. Riusciranno gli USA a costringere le loro industrie a investire? E la Cina farà lo stesso? Non bisognerebbe consentire alcuno squilibrio in termini di concorrenza, tutti con gli stessi obblighi e gli stessi risultati garantiti, da verificare mediante audit indipendenti.

 

In termini di energia: più verdi ma non a svantaggio delle forniture di cibo, più parchi eolici, più energia idraulica, magari più centrali atomiche che, è risaputo, hanno poco o nessun impatto sull'ambiente, a condizione di applicare opportune normative di sicurezza. Molte centrali atomiche sono in funzione da oltre 30 anni senza che si siano verificati problemi di sicurezza e la nuova generazione garantisce procedure di manutenzione ancora più facili e sicure. Ma è certo che alcuni paesi europei hanno deciso di farne a meno, che potrebbe essere una scelta politica più che una scelta ragionata. Abbiamo bisogno anche di soluzioni a medio termine per ripulire l'atmosfera dall'anidride carbonica generata di recente; alberi e vegetazione aiutano certamente, ma si tratta di un processo lento.

 

Sono state avanzate delle idee per impiegare giacimenti vuoti di gas, dove iniettare anidride carbonica compressa. La UE ritiene che lo stoccaggio di carbonio potrebbe ridurre le emissioni globali del 10% entro il 2030 e del 20% per il 2050. L'Unione Europea ha già impegnato più di 1 miliardo di euro per il finanziamento iniziale e raccoglierà altri 4,5 miliardi di euro dalla vendita di permessi per l'emissione di gas serra secondo il sistema del cap and trade, che obbliga le aziende a pagare nel momento in cui superano il tetto di emissioni consentite. Si tratta di un sistema particolarmente interessante per paesi ricchi di carbone, come gli Stati Uniti e la Cina. Potrebbero ridurre le emissioni, utilizzando il loro combustibile a buon mercato invece di importare petrolio.

 

Royal Dutch Shell, Total, i cui giacimenti di gas sono esauriti, stanno esperimentando con l'aiuto dei rispettivi governi. Il Carbon Capture and Storage (CCS, confinamento geologico dell'anidride carbonica) si caratterizza per un argomento di grande impatto locale.

Si tratta della sindrome "Non nel mio giardino...", che potrebbe influenzare i prezzi immobiliari. Questo farebbe aumentare il prezzo dell'energia, ma potrebbe costituire una soluzione. La popolazione locale ricorda l'incidente del 1986, quando 1700 persone morirono in Camerun a causa di una nube di biossido di carbonio fuoriuscita da un lago vulcanico. Ma l'anidride carbonica non è poi così pericolosa: non dimentichiamo che assicura le bollicine di tutte le nostre bibite ed è naturalmente presente nell'atmosfera! Gli spazi confinati che hanno contenuto gas per milioni di anni sono sicuri e sarebbero anche abbastanza facili da monitorare, considerato che il gas immesso probabilmente sarebbe costituito da gas prodotti, modificati. Occorre una grossa opera di convincimento per rendere il progetto accettabile per la collettività. Andando avanti, ci troveremo a sperimentare varie sfumature di Verde... ma non sarebbe bello vedere un po' di Blu alla fine del tunnel?

 

La Conferenza di Copenhagen

"Non è stato raggiunto nessun accordo effettivo, i paesi responsabili del maggiore inquinamento, gli Stati Uniti, la Cina e l'India, hanno rifiutato qualsiasi impegno a ridurre le proprie emissioni di CO2. Dovremo attendere la Conferenza del Messico, che si terrà tra un anno. Che inganno, anche se comprensibile in tempi di crisi. Nessuno vuole mettere a rischio le proprie industrie, ma nessuno si preoccupa del resto del mondo. Il vincitore del Nobel per la Pace del 2009 non si è spostato dalle proprie posizioni, nonostante le promesse da lui ripetute in varie occasioni, la lobby industriale è all'opera. A nessuno interessano veramente i paesi poveri, che saranno quelli più colpiti dal riscaldamento globale. Il cibo scarseggerà e non riusciremo a dar da mangiare a tutto il mondo. Già in Africa il tasso di mortalità infantile è quasi al 50% e quelli che riescono a malapena a sopravvivere non hanno un vero futuro davanti a sé. Soltanto per partecipare alla Conferenza, con i loro voli i delegati hanno creato emissioni di CO2 equivalenti alla produzione annua di CO2 ... di una città di 60.000 abitanti!"

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