PJL-32

Formazione alla sicurezza in cartiera e cartotecnica

La sicurezza sul lavoro resta un tema ancora molto critico nonostante tutti gli indiscutibili miglioramenti a livello di sicurezza intrinseca di macchine e impianti.

Sicuramente l’avvento della marcatura CE ha dato ai fabbricanti vincoli più stringenti, e questo ha portato a un generale miglioramento delle caratteristiche di sicurezza delle macchine da produzione e trasformazione del tissue. Parallelamente le legislazioni in materia di sicurezza sul lavoro hanno spinto le aziende a investire maggiormente sul tema della sicurezza, e in modo decisamente più razionale e ordinato.

 

Alessandro Mazzeranghi – MECQ S.r.l.

Gli infortuni sul lavoro continuano ad accadere. Come si spiega questo fatto? Sostanzialmente i fattori sono due:

 

• Qualunque macchina o impianto, per quanto curata dal punto di vista della sicurezza, presenterà comunque dei rischi residui ad oggi ineliminabili. L’entità di questi rischi è diversa da caso a caso (basta confrontare una PM con una macchina da trasformazione) ma possiamo affermare che non esistono macchine intrinsecamente sicure.

• In gran parte degli infortuni si osserva un forte contributo dell’errore umano (commesso dall’infortunato o da un altro lavoratore): mancata percezione del rischio, mancata conoscenza degli impianti, mancato rispetto delle procedure o semplice disattenzione.

 

LE REGOLE DI SICUREZZA. La risposta più semplice a questa situazione sembrerebbe: “definiamo delle regole e facciamole rispettare”. Non è una risposta sbagliata; chi scrive è convinto che in ogni azienda vadano definite chiare regole per controllare le principali situazioni di rischio. È altresì ovvio che le regole stabilite debbano essere fatte rispettare. Ma sono necessarie alcune puntualizzazioni:

 

• Prima di tutto è improbabile che si riescano davvero a regolamentare tutte le situazioni di rischio. In una cartiera/cartotecnica è possibile definire le corrette procedure per le attività di produzione o trasformazione, ma è praticamente impossibile regolamentare tutte le possibili situazioni di manutenzione. Sottolineando anche come una eccessiva fiducia nelle regole aziendali possa portare ad una decisa riduzione della attenzione rispetto alla identificazione dei rischi da parte dei singoli lavoratori.

• Secondariamente una regolamentazione molto dettagliata e puntuale finisce con imporre confini molto rigidi allo spirito di iniziativa dei lavoratori che perdono la flessibilità necessaria per affrontare le situazioni mutevoli che ogni giorno si presentano sul lavoro.

 

Sintetizzando: le regole di sicurezza sono utili, ma presentano alcune controindicazioni che devono essere gestite attentamente e non sono sufficienti. Il fattore umano svolge un ruolo predominante rispetto alla logica sostanzialmente “meccanica” dello schema “comando e controllo”.

 

LA FORMAZIONE ALLA SICUREZZA. A completamento e integrazione delle regole è quindi necessario uno sforzo di informazione, formazione e addestramento. Fra questi tre elementi il ruolo più importante è svolto dalla formazione che rappresenta il veicolo per insegnare a tutti i lavoratori a:

 

1. Tenere sempre alta l’attenzione agli aspetti di sicurezza;

2. Riconoscere le situazioni di rischio;

3. Scegliere opportune misure di controllo dei rischi rilevati;

4. Avere la capacità di interpretare/utilizzare la documentazione aziendale in materia di sicurezza;

5. Avere la conoscenza dei flussi informativi aziendali da attivare qualora emergano problemi di sicurezza.

 

Questo perché la capacità di tutelare autonomamente la propria sicurezza rappresenta una necessità oggettiva in quanto ogni lavoratore può trovarsi coinvolto in una situazione imprevista e non codificata nella quale deve prendere personalmente una qualche decisione in materia di sicurezza.

Dagli andamenti infortunistici poco rassicuranti degli ultimi anni sembra invece che, quanto meno nelle economie avanzate, la sicurezza sul lavoro sia percepita come qualcosa di dovuto (giustamente!) ma la cui attuazione spetta a terzi (cioè alle aziende), senza una partecipazione attiva dei lavoratori.

Allora cosa si può fare per rimediare? Sicuramente iniziare ad insegnare l’attenzione alla sicurezza sin dalla scuole (cosa che purtroppo accade solo in minima parte). Poi le aziende, per migliorare le performance di sicurezza, devono trovare il modo di coinvolgere tutti i lavoratori sul tema della sicurezza. Però la platea è estremamente differenziata, per età, formazione di base, esperienza lavorativa, lingua ecc.; inoltre l’esperienza insegna che è davvero difficile insegnare la attenzione alla sicurezza tramite lezioni teoriche. Quindi è necessario trovare gli strumenti formativi idonei rispetto al risultato proposto.

 

ESPERIENZE DI FORMAZIONE ALLA SICUREZZA NEL SETTORE TISSUE. Sebbene i principi di fondo siano assolutamente universali, è evidente che la loro applicazione in ogni settore industriale cambierà in funzione delle caratteristiche specifiche. In settori industriali omogenei (come il tissue) le esperienze possono ritenersi duplicabili anche in aziende diverse; questo perché saranno diverse le organizzazioni a livello manageriale, ma i problemi di sicurezza sul campo e le caratteristiche base dei lavoratori impiegati sono simili. Senza alcuna pretesa di completezza, indicheremo in questo paragrafo alcune esperienze sviluppate nel settore da diversi soggetti.

Una prima esperienza sviluppata alcuni anni orsono da un costruttore di macchine per trasformazione tissue è stata rivolta ai preposti, ai responsabili di manutenzione e agli addetti alla sicurezza. In questo caso la formazione è stata svolta in aula (16 ore comprendenti alcune piccole esercitazioni) e si è basata principalmente sulla competenza della azienda costruttrice che ha deciso di condividerla con gli utilizzatori. I partecipanti al corso erano persone con una buona/ottima esperienza in cartotecnica.

In questo caso l’azienda costruttrice ha:

 

• condiviso le evidenze emerse dalla analisi dei rischi svolta ai sensi della direttiva 98/37/CE “macchine” al fine di illustrare le ragioni che avevano portato alle principali scelte progettuali in materia di sicurezza.

• analizzato, partendo dal manuale e dal materiale formativo standard, le principali procedure operative che impattano sulla sicurezza.

 

L’ottimo esito di questa tipologia di corso è derivato dal fatto che il team di docenti, spesso presente al completo in aula, era costituito da un esperto di sicurezza sul lavoro, da un tecnico esperto di analisi dei rischi e da un collaudatore esperto, che quindi aveva personalmente applicato le diverse procedure operative. L’esito è stato anche favorito, in tutte le edizioni del corso, dal fatto che comunque i destinatari erano competenti e motivati, e che pur essendo apparentemente un corso in aula, in realtà tramite filmati, foto, disegni ecc. diventava un corso “in reparto”. Ulteriore elemento positivo è stato quello di riunire persone provenienti da più aziende, favorendo così un consistente scambio di esperienze.

I lati negativi:

 

• questa tipologia di corso è idonea per una popolazione piuttosto ristretta;

• non è assolutamente garantito che i partecipanti al corso riescano a trasmettere quanto appreso ai propri colleghi in azienda.

 

PER ENTRARE MEGLIO “IN AZIENDA” COINVOLGENDO TUTTI I LAVORATORI IN UN PROCESSO DI CRESCITA SUL TEMA DELLA SICUREZZA, uno strumento efficace può essere la formazione “on the job”.

Un primo strumento, ormai classico, per coinvolgere i lavoratori sul campo sono le safety walk, durante le quali ognuno annota le proprie osservazioni in merito ai rischi presenti e alle violazioni delle regole di sicurezza, per poi concludere con un confronto in aula, anche con un esperto di sicurezza. È un sistema interessante per promuovere il coinvolgimento attivo, ma non può risolvere del tutto il problema (questo schema non può essere ripetuto spesso con lo stesso gruppo di lavoratori, perché diventa ripetitivo).

Per fare il passo ulteriore è necessario che il docente si affianchi al lavoratore durante l’attività quotidiana. Incontri brevi, preferibilmente sotto le due ore, ripetuti nell’arco di tempo di qualche mese, coinvolgendo non più di 3/4 lavoratori per volta. Sono state fatte esperienze con durate diverse (da 6 a 10 ore per gruppetto di lavoratori). Le tipologie di intervento possono essere tre, che possono essere utilizzate anche all’interno di uno stesso corso:

 

• attività libera di identificazione dei rischi e di ricerca di soluzioni semplici per tenerli sotto controllo; questa attività, oltre a sviluppare la capacità di analisi di situazioni reali, aiuta anche a capire i flussi informativi base (a chi devo comunicare una eventuale situazione pericolosa? Come devo effettuare tale comunicazione? In quali tempi?);

• attività di illustrazione delle istruzioni aziendali di sicurezza da parte del docente (i discenti vengono coinvolti tramite quesiti generali, e facendo loro valutare la idoneità delle istruzioni; per vivacizzare il dialogo spesso si inseriscono degli errori nelle istruzioni); l’obiettivo primario è la discussione, intesa come momento di presa di coscienza da parte dei lavoratori della realtà aziendale; un beneficio indiretto è comunque la informazione sui contenuti delle istruzioni di sicurezza vigenti;

• attività di illustrazione e commento delle istruzioni di sicurezza aziendali da parte degli stessi lavoratori; in questo caso il ruolo del docente è fondamentale nella predisposizione del materiale, e poi nella guida delle fasi di discussione; questa tipologia di intervento risponde alla esigenza di fornire ad ogni lavoratore strumenti base di comunicazione in materia di sicurezza; infatti ogni lavoratore, oltre che essere chiamato a capire i rischi e a trovare le relative misure di controllo, può anche avere la necessità, più o meno a seconda del ruolo che ricopre, di comunicare ai colleghi le sue osservazioni, di informare sui rischi, di impartire ordini in materia di sicurezza.

 

NELLE ESPERIENZE NOTE A CHI SCRIVE L’APPROCCIO DI FORMAZIONE ON THE JOB HA DATO RISULTATI PIUTTOSTO SODDISFACENTI; buona parte dei lavoratori coinvolti percepisce chiaramente il messaggio di fondo e si applica a prestare maggiore attenzione alla sicurezza. Il cambiamento di mentalità si ottiene per un numero soddisfacente di lavoratori (superiore al 50% anche nei casi meno soddisfacenti). Le misure di efficacia sono state eseguite non tanto tramite banali verifiche di apprendimento, quanto piuttosto andando a monitorare il comportamento dei lavoratori “prima e dopo la cura” tramite intensi programmi di audit eseguiti sul campo.

Parallelamente la attività formativa è anche risultata essere una ottima occasione per una analisi critica delle prassi di sicurezza adottate in azienda (portando spesso a revisioni/correzioni/allineamenti con la realtà operativa).

Naturalmente questo è controbilanciato da alcuni difetti:

 

• crescono molto le ore di docenza;

• la formazione on the job (o altri interventi equivalenti) deve essere ripetuta nel tempo (per esempio con cadenza biennale) per mantenere alto il livello di attenzione; purtroppo questo ultimo aspetto emerge chiaramente, e quindi fa emergere la necessità di un investimento ripetuto nel tempo, che la azienda deve sostenere se vuole conseguire e mantenere i risultati di cui abbiamo parlato. •

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