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Biocarburanti: il black liquor rappresenta forse la chiave di un futuro più radioso per l'industria della pasta?

Da una fabbrica di pasta di legno a un camion Volvo la strada è lunga, ma se tutto procederà secondo i piani, per l’inizio del 2010 una piccola flotta di veicoli Volvo circolerà in Svezia con un motore alimentato da un biocarburante chiamato BioDME.

La fonte da cui si ricava questo carburante è il fango nero, o black liquor, un sottoprodotto del processo di trasformazione del legno in pasta.

Pare che il black liquor sia la forma di biomassa concentrata più abbondante e prontamente disponibile sul pianeta. Con un’estrazione più efficiente del contenuto di idrocarburo dal black liquor, le fabbriche di pasta di legno possono convertirsi in bioraffinerie capaci di produrre sia fibre per la fabbricazione della carta che gas di sintesi per carburanti. In Svezia è stato avviato un massiccio progetto collegato al BioDME e finanziato dall’Agenzia Svedese per l’Energia come pure dalla UE proprio nell’ottica di implementare tale conversione.

 

Hugh O’Brian

Questa non è una storia tradizionale per il mondo del tissue, anzi, per alcuni versi non ha niente a che fare con il processo di fabbricazione del tissue. Ma dall’altra parte è strettamente connessa ad argomenti ormai diventati di vitale importanza per le aziende del tissue: fornitura di fibre, fonti energetiche, emissioni di gas serra e, ultimo, ma non per importanza, un ritorno economico migliore degli investimenti effettuati. A dire il vero, vi sono così tanti aspetti stimolanti in questa storia che è difficile capire con cosa iniziare.

Di recente ho visitato nel nord della Svezia un sito destinato alla realizzazione di un progetto molto interessante, e cioè la produzione di carburanti per autotrazione ricavati dalla gassificazione del black liquor, che mi ha decisamente entusiasmato. Mi rendo conto che potrebbe sembrare un argomento complicato per molte persone, anche per i tecnici altamente specializzati che leggono sempre questa rivista, ma in realtà non è così.

La gassificazione del black liquor (BLG) per produrre carburanti per autotrazione è un processo che offre così tanti vantaggi che dovrebbe interessare non solo i tecnici competenti in materia, ma anche tutti gli alti dirigenti e i responsabili finanziari dell’industria della pasta e della carta che stanno cercando di ricavare nuovi e più consistenti flussi di reddito dalle loro attività operative. Ma quanti dirigenti e responsabili finanziari del settore pasta e carta sanno cos’è la gassificazione del black liquor? Non molti, immagino.

Uno dei protagonisti sulla scena della BLG è l’azienda svedese Chemrec, che detiene più di cento brevetti nell’area gassificazione, depurazione di gas e processi di integrazione nelle fabbriche di pasta di legno. Questa azienda e quelle che l’hanno preceduta lavorano alla gassificazione del black liquor da più di 20 anni.

Alcuni recenti progressi realizzati nella tecnologia di processo, insieme ai bruschi aumenti dei costi energetici legati alle fonti fossili e al problema mondiale delle emissioni di CO2, hanno ampiamente incrementato l’interesse per la BLG. Anche la scarsa redditività registrata dalla gran parte dell’industria della pasta e della carta per un lungo tempo fa senz’altro parte dell’equazione.

“Il concetto fondamentale che vogliamo trasmettere”, afferma Jonas Rudberg, Amministratore Delegato della Chemrec, “è che una fabbrica di pasta di legno può incrementare il suo cash flow dal 30% al 50% ricavando combustibili dal black liquor. Questo significa un rendimento sul capitale investito di un 5% standard in più in una fabbrica di pasta per arrivare a un 15% nella nuova bioraffineria, con un tempo di ritorno dell’investimento inferiore a quattro anni. Di conseguenza, una fabbrica che oggi produce pasta con margini di redditività contenuti, che magari sta lottando per la propria sopravvivenza, potrebbe diventare una bioraffineria autonoma ed efficiente, in grado di produrre fibre e combustibili di livello elevato ricavati da materie prime rinnovabili con una carbon footprint molto ridotta.” (fig. 1).

 

BREVE LEZIONE SULLA CHIMICA DEL LEGNO E DELLA SUA TRASFORMAZIONE IN PASTA. Prima di addentrarci nell’argomento, potrebbe essere utile accennare ai processi chimici coinvolti. Molto semplicemente, il legno è composto da fibre di cellulosa bianca, emicellulosa (zuccheri complessi) e lignina nera, che funge da collante per tenere insieme queste fibre. Tale combinazione di materiali bianchi e neri conferisce al legno quella colorazione marrone o dorata che tutti conosciamo.

La trasformazione del legno in pasta, o spappolamento, avviene attraverso un processo di separazione nel quale una soluzione chimica a elevato livello alcalino, chiamata white liquor, viene fatta bollire con i trucioli di legno a temperature elevate in un estrattore ad alta pressione. Questo porta alla frammentazione e dissoluzione della lignina nera dall’aspetto colloso. Il white liquor diventa così black liquor, ossia una soluzione di acqua, lignina, emicellulosa e sostanze chimiche di spappolamento.

Su Wikipedia la lignina viene definita come un composto chimico complesso derivato principalmente dal legno, che forma parte integrante delle pareti cellulari secondarie delle piante. Il termine viene dalla parola latina lignum, che significa appunto legno. La lignina costituisce uno dei polimeri organici maggiormente presenti sulla Terra, superata solo dalla cellulosa, che forma da un terzo a un quarto della massa secca del legno e per il 30% utilizza carbone organico non fossile.

Come biopolimero, la lignina è una sostanza piuttosto insolita a causa della sua eterogeneità e dell’assenza di una struttura primaria definita. Pertanto, non si può parlare di un solo composto per la lignina bensì di molti e diversi composti. Allo stadio naturale, si tratta di composti così complessi che nessuno di loro è stato mai completamente definito dal punto di vista chimico. Tutte le lignine sono polimeri ramificati, amorfi e tridimensionali, che hanno in comune una struttura di fenilpropano, cioè un anello di benzene con una coda di tre atomi di carbonio. Si ritiene che abbiano un peso molecolare che può arrivare a 15.000 o più, a testimonianza della loro complessità.

Considerato che il processo chimico di spappolamento fu inventato nel XIX secolo, la lignina è sempre stata vista come un suo sottoprodotto per cui nessun particolare impiego utile sia stato messo a punto. Ma questa convinzione potrebbe cambiare a breve.

 

ALLA RICERCA DI UNA MAGGIORE EFFICIENZA. Vi sono dunque due principali flussi di processo che derivano dalla fabbrica di pasta di legno: uno relativo alle fibre di cellulosa e l’altro al black liquor. Il black liquor (fig. 2), composto principalmente da lignina ed emicellulosa, è una sostanza densa e viscosa simile all’olio, ad alto contenuto di idrocarburo, tradizionalmente bruciata in una caldaia di recupero per generare energia termica ed elettrica con cui alimentare la fabbrica.

La caldaia di recupero costituisce per la verità un’operazione scarsamente efficiente dal punto di vista energetico, effettuata più per praticità d’uso e riciclo di liscivi di cottura piuttosto che per un’efficace estrazione del calore. In ogni caso, anche se il livello di efficienza è basso, ne deriva comunque un flusso di notevole valore, che produce l’energia e il calore necessari alle aziende del settore pasta e carta, tra cui molte sono così autosufficienti in termini di approvvigionamento energetico. L’eccedenza di calore prodotta negli stabilimenti viene spesso utilizzata per riscaldare abitazioni ed edifici delle comunità circostanti (fig. 3).

Nella gassificazione, (fig. 4) il black liquor viene iniettato in forma nebulizzata in un reattore a temperatura e pressione elevate, servendosi di ossigeno o aria come mezzo di combustione. Le sostanze organiche sono gassificate in gas di sintesi non depurati mentre i solidi inorganici, come il sodio e il potassio, precipitano per ritornare alla fabbrica di pasta ed essere recuperate come liscivi di cottura.

 

IL BLACK LIQUOR È PERFETTO. Il black liquor ha molti vantaggi intrinseci, che ne fanno un’eccellente fonte di biocombustibili, afferma Patrik Lownertz, Vice-Presidente Marketing alla Chemrec. “Il black liquor è una biomassa liquida con proprietà che lo rendono assolutamente idoneo alla gassificazione. In quanto liquido, è facile da alimentare in un gassificatore a pressione e può essere nebulizzato in fini goccioline per una rapida gassificazione. Il contenuto di sodio e potassio, inoltre, rende il black liquor altamente reattivo, in modo da accelerare il processo.”

“La gassificazione che ne deriva in un flusso trascinato per sospensione ad alta temperatura consente la conversione completa del carbone senza formazione di catrame e con una ridotta formazione di metano. La BLG rappresenta semplicemente la via più breve dalla biomassa al carburante per autotrazione. Inoltre, per le fabbriche di pasta di legno limitate nella produzione a causa delle caldaie di recupero, la BLG costituisce un doppio vantaggio: da un lato consente la produzione di ottimi combustibili da fonti rinnovabili, dall’altro incrementa le capacità di recupero del processo di spappolamento chimico.” (Vedi articolo nel riquadro dedicato al sistema BLG presso Weyerhaeuser a New Bern, Nord Carolina, USA, fabbrica di pasta di legno dove è stato installato un impianto BLG per incrementare le capacità di recupero.)

 

PROGETTO DA 28 MILIONI DI EURO IN QUATTRO ANNI A PITEÅ. Per avvicinare i camion Volvo e le fabbriche di pasta di legno, è ora in fase di costruzione un vero e proprio impianto di biocarburanti a Piteå, Svezia, accanto allo stabilimento Smurfit Kappa Kraftliner (SKK), come mostrato nella figura 5.

Il progetto BioDME, finanziato dal 7° programma quadro della UE (FP7) e dall’Agenzia Svedese per l’Energia, si prefigge l’obiettivo di “dimostrare la possibilità di produrre biocarburante sintetico e ottimizzato a livello ecologico a partire da biomassa lignocellulosica su scala industriale”.

Il risultato conclusivo di questa dimostrazione sarà il dimetiletere (DME) ricavato da black liquor attraverso la produzione di gas di sintesi depurato e uno step finale rappresentato da un carburante di sintesi. Al fine di verificare standard tecnici, possibilità commerciali e compatibilità con i motori, il BioDME sarà testato su una flotta di 14 camion Volvo.

Ricerca, sviluppo e dimostrazione si baseranno su sistemi migliorati di produzione dei combustibili e tecnologie di conversione per la produzione sostenibile e le catene di fornitura di DME ricavato dalla biomassa. I tempi previsti per il progetto BioDME vanno dal 2008 al 2012, anno in cui verranno valutate le modalità con cui procedere.

 

UN IMPIANTO PILOTA A PIENO REGIME PER PRODURRE GAS DI SINTESI. Presso il suo stabilimento, Chemrec sta gestendo dal 2005 un impianto sperimentale con un gassificatore ad alta pressione alimentato a ossigeno e chiamato DP1. Alla fine del 2007 ha avviato la linea DP1, che funziona 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno allo scopo di dimostrare che le attrezzature e la tecnologia possono lavorare su base continua. La materia prima di apporto è costituita da black liquor proveniente da Smurfit Kappa, pari all’1% circa del quantitativo totale di black liquor dello stabilimento o 20 tonnellate al giorno di sostanza secca.

È importante sottolineare che oggi questa linea produce solo gas di sintesi non depurato, il quale viene semplicemente bruciato in una cappa sopra l’impianto. Il processo prevede due passaggi fondamentali: il primo dal black liquor al gas di sintesi, il secondo dal gas di sintesi al DME. Per trasformare questo gas di sintesi non depurato in DME da utilizzare come carburante per autotrazione, è necessario realizzare un impianto di sintetizzazione. Questo sarà costruito da Chemrec e un’azienda danese, la Haldor Topsoe, come parte del progetto BioDME.

 

POSIZIONE UNICA PER L’INDUSTRIA DELLA PASTA. In occasione del lancio del progetto BioDME avvenuto a Piteå lo scorso settembre, l’Amministratore Delegato di Smurfit Kappa, Gary McGann, ha spiegato la posizione unica che l’industria della pasta detiene riguardo alla produzione di energia da fonti rinnovabili.

“Vi sono numerosi vantaggi per l’industria della pasta e della carta,” ha detto McGann. “Conosciamo molto bene la chimica e le proprietà della materia prima, il black liquor. Controlliamo già le forniture ai nostri grandi siti industriali vicino alle foreste e le fabbriche di pasta di legno sono molto efficienti nel processo di separazione della lignina dalla cellulosa.

Abbiamo inoltre importanti attività operative come la generazione di vapore ed energia, la preparazione chimica e il trattamento degli effluenti sul posto. Infine, siamo vicini alle arterie di comunicazione su rotaia, strada e mare. I nostri stabilimenti usano già alcuni dei sottoprodotti e oggi possono produrre combustibili da sostanze simili al tallolio.”

“Se procediamo di un passo sulla strada della bioraffineria, possiamo prendere in considerazione l’idea di trasformare il legno in combustibili, sostanze chimiche e altre sostanze attualmente derivanti dal petrolio. Stando alla situazione attuale, possiamo operare questo cambiamento attraverso fasi di sviluppo flessibili e modulari, cioè non dobbiamo farlo tutto in una volta. Riteniamo che si tratti di una possibilità molto realistica e stimolante per trasformare i nostri stabilimenti in impianti integrati per la conversione di biomassa proveniente dalle foreste per produrre energia, sostanze chimiche e carburanti per autotrazione come pure carta.”

 

COORDINAMENTO VOLVO. Il Gruppo Volvo coordina il progetto BioDME con i diversi partner coinvolti, che rappresentano tutti i settori industriali necessari alla produzione di un nuovo carburante. Oltre a Volvo e Chemrec, gli altri partner sono Delphi, ETC, Haldor Topsøe, Preem e Total.

Per quanto riguarda le funzioni assegnate ai vari partner, Chemrec e Haldor Topsøe costruiranno l’impianto DME, l’azienda petrolifera Preem implementerà la distribuzione di DME e realizzerà le stazioni di rifornimento mentre Volvo si occuperà di testare la tecnologia DME sui veicoli pesanti in una prova sul campo. A loro volta, ETC valuterà le caratteristiche prestazionali dell’impianto pilota, Delphi fornirà le attrezzature per l’iniezione del carburante nei motori dei camion e Total lavorerà sulle specifiche del combustibile e del lubrificante.

Per Salomonsson di Volvo è il coordinatore generale del progetto. Ci spiega che l’obiettivo consiste nel dimostrare l’intera catena tecnologica, dalla biomassa al camion alimentato con carburante DME, incluso distribuzione e stazioni di rifornimento. A questo punto, dice di essere ottimista riguardo al BioDME.

“La nostra analisi dimostra che il BioDME ricavato dal black liquor è il miglior combustibile se lo si considera in base a un indice complessivo “well-to-wheel” .(Fig. 6) Il black liquor è una fonte di biomassa molto concentrata e ampiamente disponibile che può essere gassificato con procedimenti ad alta efficienza. Vi sono altre fonti alternative di biomassa, ma il black liquor è sicuramente in testa. Il BioDME, inoltre, non produce fuliggine durante la combustione, e anche questo è un vantaggio.”

Sono gli stessi vertici Volvo a supportare il progetto BioDME. “Già più di un anno fa,” dice l’Amministratore Delegato del Gruppo Volvo, Leif Johansson, “la nostra azienda ha presentato sette camion che potevano essere tutti alimentati con carburanti neutri in termini di biossido di carbonio. Il progetto BioDME è un esempio di quello che potrebbe essere il prossimo passo e illustra le possibilità di produrre combustibili rinnovabili su una scala più ampia.”

“Dal punto di vista olistico, consideriamo il DME come uno dei combustibili rinnovabili più efficienti, un’alternativa che comporta emissioni di gas combusti estremamente ridotte. Se il combustibile viene prodotto da una biomassa come il black liquor dell’industria della pasta, il DME risulta neutro in termini di biossido di carbonio. Con qualche modifica, un motore diesel può essere tranquillamente alimentato con DME.”

Secondo le stime Volvo, il BioDME ha un ottimo potenziale come carburante per autotrazione, in grado di sostituire fino al 25% dei combustibili attualmente impiegati in Svezia. In Finlandia, un paese con molte fabbriche di pasta di legno ma pochi abitanti, il dato equivale a uno stupefacente 50%. Le emissioni di CO2 del BioDME sono inoltre molto più basse rispetto alla prima generazione di biocarburanti, come l’etanolo e il bio-diesel (fig. 7). Non meraviglia, dunque, che la UE, povera di risorse energetiche e consapevole dei problemi ambientali, stia sostenendo con forza l’impianto pilota del progetto BioDME a Piteå.

 

IL PROSSIMO PASSAGGIO: UN INCREMENTO DECISO.

Il progetto BioDME è dunque arrivato sin qui. Tra poco più di un anno a partire da oggi, verso l’inizio del 2010, l’impianto pilota dovrebbe essere completato e in funzione per produrre DME, a sua volta movimentato e distribuito in maniera simile al GPL per essere impiegato sui camion Volvo in varie zone della Svezia.

Ma l’impianto di dimostrazione tecnica e il progetto di Piteå sono in realtà solo l’inizio. Le prossime fasi riguarderanno il passaggio delle fabbriche di pasta di legno a bioraffinerie in piena regola. Certo, saranno necessari grossi capitali da investire, dell’ordine di 400 milioni di dollari, ma le prospettive economiche sembrano molto positive, sicuramente in funzione del prezzo del petrolio. Estraendo il contenuto di idrocarburo dalla lignina e le emicellulose, si stima che l’industria della pasta potrebbe sostituire 225 milioni di barili di petrolio l’anno.

I fattori trainanti sono decisamente forti, considerata la scarsità di risorse energetiche nel mondo nonché la minaccia ambientale rappresentata dalle maggiori emissioni di CO2. Continueremo a seguire la vicenda BioDME e vi terremo informati sui progressi. •

 

Cos’è il DME?

DME o Di-metil-etere possiede tutte le potenzialità per diventare un’alternativa rinnovabile altamente concorrenziale ai combustibili fossili attuali. Si tratta di un composto chimico semplice (fig. 8) con una catena breve di atomi di carbonio, che comporta emissioni molto contenute di particolato durante la combustione. Anche le sue emissioni di ossidi di azoto sono ridotte.

Il DME può essere prodotto a partire da fossili, come il gas naturale, ma anche da vari tipi di biomassa, che rende il combustibile neutro in termini di biossido di carbonio. Il DME è classificato come meno pericoloso per la salute e l’ambiente rispetto ai carburanti attuali come il diesel e la benzina. Si tratta di una sostanza chimica non tossica già impiegata come gas propellente nelle bombolette spray.

 

Proprietà DME: Di-Methyl-Ether

 

• Composto ossigenato, nessun legame C-C, alto rapporto H/C

• Non tossico

• Non cancerogeno

• Degradazione rapida in aria ambiente

• Emissioni di scarico molto basse (assenza di fuliggine)

• No gas serra, nessun impatto sullo strato di ozono

• Si comporta come GPL (liquido a 5 bar)

• Alta efficienza “well-to-wheel”

• Utilizzato come propellente in bombolette spray

• Disponibile per motori diesel e celle a combustibile

 

Buona prova di funzionamento per il gassificatore di New Bern

Il primo impianto commerciale di Chemrec che prevede la tecnologia di gassificazione è presso la fabbrica di pasta di legno della Weyerhaeuser, situata a New Bern, nel Nord Carolina, USA. Il nuovo gassificatore New Bern Booster, non realizzato per produrre DME ma solo per incrementare le capacità di recupero dello stabilimento, oggi può contare su più di 50.000 ore di funzionamento a pieno regime. Si tratta di un gassificatore atmosferico alimentato con aria in grado di incrementare approssimativamente la capacità di recupero di 300 tonnellate al giorno di sostanza solida del black liquor o di circa 15% della capacità di recupero totale della fabbrica. Ha svolto un ruolo molto importante nello sviluppo del sistema refrattario e di altri componenti.

Nato nel 1996, l’impianto ha richiesto diverse modifiche, specie per i materiali ceramici refrattari che circondano la vasca di contenimento dove ha luogo la reazione di gassificazione. Jonas Rudberg afferma che questo fa parte del processo di sviluppo.

“Si tratta di un processo impegnativo, che avviene a temperature di circa 1.000°C, a pressione elevata e in ambiente molto alcalino, con un pH pari a 13. Chiaro che la sua azione è molto forte sui materiali. Comunque, abbiamo lavorato per trovare la ceramica giusta e farlo funzionare a dovere e oggi possiamo dire che ha raggiunto un’ottima efficienza. A New Bern stiamo attualmente lavorando con un uptime di oltre il 94% da 12 mesi a questa parte senza nessun problema.”

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