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Antonio Canova, il ritratto dell’anima

Le sue opere erano richieste da papi, regnanti, artisti e collezionisti, per la loro purezza classica e la capacità di superare le barriere del tempo. E ancora oggi ci lasciano... a bocca aperta!

Nico Zardo

Tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800 Antonio Canova raggiunge una fama grandissima tanto da essere considerato il nuovo Fidia. Le maggiori corti europee se lo contendono offrendogli cariche e commissioni, rifiuta il vitalizio offerto da Francesco II d’Austria in cambio della residenza veneziana e, ritornato a Roma nel 1802 (l’aveva lasciata nel 1798), accetta da Papa Pio VII la carica di Ispettore generale delle Antichità e Belle Arti dello Stato della Chiesa. L’avvento di Napoleone (incoronato nel 1804) coincide per l’artista veneto con un periodo di grande produzione: dal Napoleone di Apsley House, ai busti dei Napoleonici, dalla statua di Letizia Ramolino alla celebre Paolina di villa Borghese. Nel contempo resiste alle proposte francesi di diventare Direttore generale del nuovo Museo Napoleonico.

 

QUESTI ASPETTI DI NITIDA SOLIDITÀ CARATTERIALE PER CUI L’ARTISTA ACCETTA COMMISSIONI E RICONOSCIMENTI MA NON SI LASCIA TENTARE DALLE CARICHE che, probabilmente, lo allontanerebbero dal lavoro quotidiano cui si sente molto legato, emergono sia dai suoi autoritratti – presenti alla Gipsoteca di Possagno (TV) per mostra ”La mano e il volto di Antonio Canova”- sia dai suoi scritti. Scrive infatti in una lettera del 1806 all’amico Quatrèmere de Quincy: “Quando non si faccia meglio di quello che attualmente si fa, la mia reputazione non à apparenza di volersi oscurare per ora. Vi vuol altro che rubare qua e là de’ pezzi antichi e raccozzarli assieme senza giudizio per darsi valore di grande artista! Conviene sudare dì e notte su’ Greci esemplari, investirsi del loro stile, mandarselo in sangue, farsene uno proprio coll’aver sempre sott’occhio la bella natura, col leggervi le stesse massime”.

 

OLTRE A UNA STRAORDINARIA CAPACITÀ DI PRODUZIONE, la sua abilità, innovativa per il periodo, stava nel saper cogliere, attraverso pittura e scultura, non solo l’apparenza della figura ma lo stato d’animo della persona ritratta, instaurando con chi osserva un dialogo surreale che fissa il momento e lo trasmette nel tempo. Il confronto tra gli autoritratti e i ritratti eseguiti da amici e ammiratori (fra i tanti, F.X.Fabre, T. Lawrence, R. Suhrland, F. Gerard, J. Jackson) consente una interessante lettura dell’immagine dell’artista. Nei primi prevale la sincerità dello specchio nella rappresentazione dell’aspetto fisico e il suo grande desiderio di essere riconosciuto, attraverso gli strumenti che si mette in mano (a volte pennelli, altre martello e scalpello), come artista completo. Nei secondi ha il sopravvento la fama dell’artista che i pittori-amici e ammiratori, rappresentano con un’immagine eroica e mitizzante. Canova poi, compie una comprensibile deroga nel ritrarre se stesso quando dalla pittura passa alla scultura e, come scrive Marco Guderzo, uno dei curatori della mostra di Possagno, “...come può uno scultore di tal fama non cedere alla tentazione di creare un’opera in marmo che lo rappresenti? Così scolpisce un busto che lo raffigura. Questa volta Canova riesce a dire di sé tutto quello che si può affidare all’eternità grazie ad un sembiante desunto dai canoni della tradizione. Il coinvolgimento dello spettatore in un’atmosfera di partecipazione totale fa così “vivere” un ritratto”.

 

LA GRANDE POPOLARITÀ E L’ALTA CONSIDERAZIONE goduta presso gli ambienti artistici e le corti europee furono il frutto non solo delle qualità artistiche del Canova ma anche dalle sue iniziative in favore del patrimonio artistico e degli artisti italiani.

Nel 1815, infatti, subito dopo la disfatta di Waterloo, Canova è a Parigi, con il fratellastro Giovanni Battista Sartori: grazie a una abile azione diplomatica riesce a riportare in Italia numerose e preziose opere artistiche trafugate da Napoleone in Francia. Pio VII, per questa sua grande opera in difesa dell’arte italiana, gli conferì il titolo di Marchese d’Ischia, con un vitalizio di tremila scudi che egli volle elargire a sostegno delle accademie d’arte.

 

ANTONIO CANOVA ERA NATO A POSSAGNO (piccolo paese tra Vicenza e Treviso) nel 1757. Dopo la morte del padre Pietro e il secondo matrimonio della madre, Angela Zardo, viene affidato al nonno Pasino Canova, tagliapietre, che lo avvia all’arte della scultura. Nel 1769, dopo un tirocinio nello studio di scultura dei Torretti, a Pagnano d’Asolo, frequenta la scuola di nudo all’Accademia di Venezia. Apre quindi una bottega in proprio ed esegue le prime opere che lo rendono famoso a Venezia e nel Veneto: Orfeo e Euridice (1776), Dedalo e Icaro (1779).

 

NEL 1779, CANOVA COMPIE IL SUO PRIMO VIAGGIO A ROMA. Grazie alla protezione dell’ambasciatore veneto Girolamo Zulian -che gli ordinò Teseo sul Minotauro (1781) e Psiche (1793) - inizierà una strepitosa carriera producendo le sue opere più belle (dalle Grazie ad Amore e Psiche, dai Monumenti funebri dei Papi Clemente XIII e XIV e a Maria Cristina d’Austria ai numerosi soggetti mitologici, come Venere e Marte, Perseo vincitore della Medusa, Ettore e Aiace) e lavorerà per sovrani, principi, papi ed imperatori di tutto il mondo.

 

CANOVA RESTÒ SEMPRE LEGATO ALLA SUA CASA NATALE A POSSAGNO - oggi sede della Pinacoteca e della Gipsoteca che raccoglie i gessi dell’artista – dove decise di far erigere, nel 1819, il Tempio che volle donare alla sua comunità come chiesa parrocchiale. Nel maestoso edificio, completato solo dieci anni dopo la sua morte, avvenuta a Venezia, il 13 ottobre 1822, sono conservate le sue spoglie. •

 

CANOVA IN MOSTRA

Le manifestazioni per i 250 anni dalla nascita di Antonio Canova (1757-1822) sono iniziate nel 2003/2004 con l’esposizione del Museo Civico di Bassano del Grappa e della Gipsoteca di Possagno, dove, il patrimonio canoviano già presente è stato integrato con importanti pezzi provenienti dall’Ermitage di San Pietroburgo; sono continuate a Roma, villa Borghese (ottobre 2007 / febbraio 2008) con opere che ripercorrono il rapporto tra l’artista, le famiglie Borghese e Bonaparte. Al Palazzo Reale di Milano (febbraio / giugno 2008) con “Canova alla corte degli Zar” sono state esposti, tra gli altri, capolavori quali Le Grazie, la Danzatrice con le mani sui fianchi, l’Amorino alato e la Maddalena penitente. A Possagno, paese natale del Canova, da ottobre 2008 a gennaio 2009 con la mostra “La mano e il volto di Antonio Canova“ sono stati esposti i ritratti dell’artista eseguiti dai maggiori pittori dell’epoca. A Forlì, dal 25 gennaio al 21 giugno 2009, ai Musei San Domenico è in corso una grande mostra, “Canova. L’ideale classico tra scultura e pittura“, dove l’opera dell’artista viene messa in relazione con il neoclassicismo internazionale.

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