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Creatività e innovazione

Il caso favorisce la mente preparata. Louis Pasteur (chimico e biologo) Prendi il meglio che esiste e miglioralo. Se non esiste, crealo. Henry Royce (imprenditore) Il genio è un uomo capace di dire cose profonde in modo semplice. Charles Bukowski (scrittore)

Perini Journal


“La creatività è un’intuizione che si accende al di là della consapevolezza,- scrive Annamaria Testa, esperta di comunicazione e docente all’Università Bocconi di Milano, nell’introdurre il suo libro La trama lucente, Rizzoli - ma se non è accompagnata alla conoscenza, alla competenza, alla fatica, resta un barlume senza esito. La creatività non è solo talento ma anche allenamento, non è solo natura ma anche cultura. E deve produrre qualcosa di utile, oltre che di nuovo per la collettività”. Impropriamente i termini creare e innovare sono utilizzati in modo indifferenziato, quasi fossero considerati sinonimi, per indicare lo stesso tipo di azione. Sui dizionari il termine “creare” viene indicato come l’azione attraverso cui si fa nascere qualcosa che prima non c’era o all’adozione di tecniche e comportamenti attraverso cui modificare cose, ambiente e relazioni. Per innovazione si intende la prassi attraverso cui si concretizza il risultato di un’azione creativa. Nella maggior parte dei casi il termine innovare è messo in relazione alla introduzione sul mercato di un nuovo prodotto o un nuovo servizio.

POTREMMO CONSIDERARE COME PRIMO ATTO CREATIVO la costruzione e l’utilizzo di utensili in pietra da parte dell’ Homo Habilis, circa 2 milioni di anni fa. Malgrado da allora il processo di evoluzione si sia espresso attraverso una miriade di piccoli e grandi miglioramenti fatti dall’uomo, la mitologia riservava agli Dei, Giove tra i primi, il monopolio del creare. Anche il Cristianesimo, - e con lui la maggior parte delle religioni che detenevano il monopolio della conoscenza - presuppone che non si possa fare nulla se non con l’aiuto del divino.


È LA STRAORDINARIA CAPACITÀ DI ARTISTI E ARTIGIANI DEL RINASCIMENTO che porterà dal divino all’umano la felice oppotunità di creare affermando il peso della loro intelligenza e della loro personalità attraverso la realizzazione di opere considerate, ancora oggi, di grande valore. Sono poi grandi figure come Leonardo da Vinci e Galileo Galilei che aprendo la strada a una scienza basata su prove dimostrabili, sposta la bussola della futura conoscenza dal piano di una filosofia tradizionale a quello di un sapere moderno basato sull’osservazione e la deduzione razionale.


LA CREATIVITÀ È SICURAMENTE FIGLIA DELLA CONOSCENZA ma questa da sola non è sufficiente. Il sapere ci fornisce la materia prima, ma è la capacità di analisi che ci dice quali sono le possibilità di relazione tra le cose e ci suggerisce gli obbietivi che possiamo raggiungere. Determinante poi è l’intuizione che accende l’idea giusta e illumina il percorso da seguire per ottenere il risultato voluto. Il fisico-matematico–filosofo Henri Poincaré, scrive nel 1904 “è con la logica che noi proviamo, è con l’intuizione che inventiamo”. Definisce poi la creatività come “la capacità di unire elementi esistenti - ma sparpagliati e distanti tra loro - secondo combinazioni nuove che rispondano a criteri di utilità”.

Come riconoscere l’utilità della combinazione? Poincaré dice che il risultato della combinazione deve essere armonioso, semplice ed elegante come certe formule matematiche che sintetizzano le relazioni fondamentali delle nostre conoscenze scientifiche. La qualità e l’importanza della “cosa nuova” viene stabilita in proporzione al riconoscimento attribuito dalla collettività che ne può usufruire in termini economici, estetici o etici. Per scegliere e riconoscere, tra i molti possibili, gli elementi giusti da combinare occorre essere competenti, sensibili e allenati. Come quando si deve costruire un muro di sassi e l’abile artigiano individua di volta in volta, nel mucchio confusa tra le altre, la pietra giusta da usare, grazie alla sua esperienza e ottenendo, pur nella sua apparente semplicità, un risultato efficace e armonico. Se sostituiamo alle pietre le parole che dobbiamo scegliere e collocare al posto giusto per costruire le frasi di un discorso, possiamo facilmente immaginare come nello stesso contesto si possa determinare una comunicazione noiosa o un discorso memorabile.


QUELLO CRATIVO È UN ATTEGGIAMENTO PREVALENTEMENTE PERSONALE che nasce dall’intuizione e dalla sensibilità di una singola persona. Lo si può coltivare e propiziare creando condizioni favorevoli, ma non si può ottenere a comando. Richiede un ambiente fertile e un contesto sociale favorevole per poter “sbocciare”. Se pensiamo alla Grecia del V secolo a.C., alla Cina della dinastia Tang (618-907), al Rinascimento italiano o alle più recenti performance nate nella Silicon Valley ci possiamo rendere conto come la disponibilità e le sollecitazioni di un particolare luogo e momento portino risultati che provocano forti accelerazione del progresso sociale.


L’INNOVAZIONE È COME UNA GARA DI MARATONA alla quale nessuno si è iscritto volontariamente, ma alla quale tutti coloro che partecipano al grande gioco del Mercato non possono sottrarsi. Non si può rallentare, anzi spesso bisogna aumentare l’andatura per non farsi staccare dagli avversari. Il percorso non è lineare e capita facilmente che il terreno sia accidentato a causa di frequenti cambi di tecnologia, di regole e comportamenti di consumo, di tendenze del mercato. Difficile arrivare al traguardo perché la meta viene continuamente spostata in avanti.

L’innovazione richiede grande sensibilità per stabilire modi e tempi giusti per proporre cose nuove, ma il suo successo si misura anche nell’efficacia comunicativa con cui vengono proposte e nell’efficienza organizzativa della struttura che la propone. è ancora Annamaria Testa (in op. cit.) che, citando le raccolte pubblicate dalla Harvard Businnes Essential in Managing Creativity and Innovation, definisce l’innovazione come “l’incorporare, il combinare o riutilizzare conoscenza in nuovi prodotti, processi o servizi che siano originali, appropriati e che abbiano valore”. Molto più semplicemente, secondo la definizione di Ed Roberts, docente del MIT, l’innovazione è “un’invenzione più il suo sfruttamento”.


POSSIAMO RITROVARE NELLA STORIA DEL TISSUE ESEMPI INTERESSANTI SUI MECCANISMI CHE CARATTERIZZANO L’INNOVAZIONE. La prima carta igienica messa in commercio nel 1855, in pacchi con fogli singoli, dall’uomo d’affari Joseph Gayetty non ebbe successo. A quel tempo la maggior parte degli americani non pensava di spendere dei soldi per comperare carta igienica quando i loro bagni all’aperto potevano essere riforniti con cataloghi dei grandi magazzini e giornali del giorno prima. Nel 1879, in Inghilterra l’idea di Walter Alcock di mettere sul mercato carta igienica in rotoli perforati con fogli a strappo, di nuovo non riesce ad affermarsi: questa volta per l’atteggiamento pudico di un pubblico vittoriano che non accetta un prodotto “innominabile”.

Ma ciò che in Inghilterra, negli stessi anni, non viene percepito come utile ha maggior fortuna negli Stati Uniti. Qui i fratelli Edward e Clarence Scott, sfruttando il momento che porta all’ammodernamento di bagni e servizi sanitari, in particolare nei grandi alberghi, propongono carta igienica in piccoli rotoli avvolti in carta marrone sulla quale viene stampato lo slogan “morbida come l’antico lino”, ottenendo grande successo. Diversamente dai loro predecessori utilizzano la regola del proporre la cosa giusta al momento giusto.


CREATIVITÀ E INNOVAZIONE SI UNISCONO ALLA CASUALITÀ nella “invenzione” della salviette di carta che vede ancora i fratelli Scott protagonisti. Nel 1907 la loro carta igienica, già un consolidato successo commerciale, arrivava da una grande cartiera in “rotoli d’origine” che poi venivano tagliati e ridotti al formato bagno. Una partita di rotoli che risultò eccessivamente spiegazzata stava per essere rimandata indietro quando un membro della famiglia Scott suggerì di perforarla rendendola divisibile in fogli delle dimensioni di una salvietta che poteva essere proposta come “usa e getta”. Le prime salviette messe in commercio vennero chiamate Sani-Towel e vendute soprattutto ad alberghi, ristoranti e gabinetti pubblici.

La resistenza da parte dei privati ad acquistare il nuovo prodotto era di natura economica: perché pagare una salvietta che dopo l’uso veniva gettata via quando un asciugamano di stoffa poteva essere utilizzato all’infinito? Ma col tempo, grazie alle innovazioni nella produzione, il prezzo delle loro salviette potè scendere al punto che anche i privati riconobbero la convenienza del suo impiego: nel 1931 la Sani-Towel ribattezzata ScotTowel, nella sua confezione da duecento fogli veniva venduta a un quarto di dollaro. Creatività e innovazione avevano fatto entrare carta igienica e salviette in tutte le case degli americani.



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