PJL-44

Il coraggio di investire oggi nei mercati maturi

Alessandro Mazzeranghi, MECQ S.r.l. 


L’industria del tissue, specie in Europa, si trovava già all’inizio della crisi in una condizione di sovra produzione che penalizzava fortemente le compagnie principalmente orientate a tale mercato. La crisi si è inserita in una situazione che globalmente già era di sofferenza; conseguenza diretta è stata la penalizzazione dei prodotti premium a favore dei prodotti a marchio del distributore o dei prodotti da hard discount.

 

LA PAURA E LE SCELTE DEGLI ULTIMI SETTE ANNI. Nelle aziende del tissue, della detergenza, del food si sono dunque manifestate delle contromisure che vedono in una parola la loro espressione: cautela, al limite della paralisi. Paura del presente ma soprattutto del futuro. Nei mercati maturi si sono avvicendate due fasi piuttosto nette:
Prima un periodo di qualche anno dove tutte le forme di investimento sono state bloccate, salvo il completamento degli investimenti già avviati in epoca ante crisi; la aziende sopravvissute hanno fermato le macchine più vecchie, ridotto il numero di addetti e così via. Successivamente, nei plant ancora operanti, si è ricominciato ad investire, ma principalmente per due finalità: ottimizzare i processi, ovvero ridurre i costi, e di nuovo ridurre il numero di addetti. Miglioramento dell’esistente quindi, non veri investimenti.
Questa seconda fase evidenzia due cose: prima di tutto il fatto che le aziende, non solo quelle del tissue, si sono convinte che il mercato europeo sia ancora appetibile, anche se è ormai chiaro che i margini sono erosi; secondariamente che le aziende non sono convinte che esista uno sviluppo del mercato europeo che vada oltre il mero mantenimento. Si continueranno a fare gli stessi prodotti combattendo la battaglia della concorrenza sul fronte del costo. Troppo poco per sperare di resistere.

 

A MENO CHE... A MENO CHE NON SI RICOMINCI AD INVESTIRE IN PROGETTI DI SVILUPPO, SPECIALMENTE DI PRODOTTO. Ma qui entrano in gioco tutta una serie di fattori legati alla struttura delle aziende e ai vincoli posti dal mercato e dalla società, tutti elementi che in Europa comportano evidenti freni allo sviluppo.
Prima la struttura delle aziende: ci sono aziende ancora molto legate ad una proprietà ristretta. Esse non hanno quella solidità economico – finanziaria indispensabile per ottenere oggi, in Europa, il sostegno del sistema bancario. Altre aziende hanno si una organizzazione multinazionale sviluppata su più continenti, ma quando vogliono investire preferiscono operare in contesti geografici dove si possono fare margini più soddisfacenti, e quindi lasciano alle fabbriche situate nel vecchio continente solo lo stretto necessario per sopravvivere.

 

POI CI SONO I VINCOLI CARATTERISTICI DEL CONTESTO POLITICO, SOCIALE E LEGISLATIVO, particolarmente “pesanti” nei paesi della unione europea e/o in quelli che aspirano a farne parte. Tutta l’unione soffre di un evidente eccesso di regole che rendono difficile e faticoso raggiungere gli obiettivi. Regole giuste si trasformano troppo spesso in vere e proprie minacce per la continuità di business aziendale.
Se sommiamo a questi fattori quanto già detto sulla situazione del mercato, si può comprendere come un eccesso di cautela che vorremmo definire paura sia diventato la linea guida del management delle aziende. Se nel contesto inseriamo anche la battaglia fra prodotti a marchio del distributore e prodotti a marchio del produttore, arriviamo a concludere che i margini dei produttori di tissue saranno sempre più erosi, e alla fine si assisterà solo allo scontro mortale fra aziende povere e in profondo declino. Guardandomi intorno con gli occhi di imprenditore non vedo davvero possibilità di salvezza, se proseguiremo su questa strada.

 

DALLA PAURA AL CORAGGIO. Cosa possiamo fare in concreto: prima di tutto i nostri manager devono ammettere in modo forte che così proprio non si può andare avanti. Fatto questo devono anche, e assolutamente, riconoscere che il ruolo del manager è quello di fare oggi un bene di cui l’azienda potrebbe concretamente usufruire fra dieci anni, quando chi ha preso la decisione potrebbe essere ad operare altrove.
Chi fa scelte coraggiose può sbagliare, a volte causare danno anche in tempi brevissimi, e il manager che sbaglia e causa danno ne paga le conseguenze. Ma chi resta fermo nelle sue piccole ottimizzazioni, nelle sue ridicole riduzioni dei costi ecc. a un certo punto non avrà più nulla da togliere e non avrà neanche generato un futuro; piuttosto sarà stato al capezzale della azienda, in attesa del triste trapasso.

 

NEL NOSTRO SETTORE QUESTO PASSA DALLA RICERCA SUL PRODOTTO, DAL RIFIUTO DI CONSIDERARE IL TISSUE SOLO UNA COMMODITY. Bisogna rendere i prodotti di alta gamma più appetibili in termini di estetica e prestazioni, creando un solco invalicabile fra il prodotto a marchio della grande distribuzione organizzata e il prodotto premium.

 

E PER FARE QUESTO SI DEVE IN PRIMO LUOGO RIPRENDERE IN CONSIDERAZIONE IL MERCATO, ipotizzando una sorta di recupero dalla crisi, e cercando di capire quali prodotti premium potrebbero meglio adattarsi agli stili di vita che verranno. Contemporaneamente sviluppare tecnologie, processi e macchine per realizzare prodotti premium al minimo costo possibile così che ci sia un margine di manovra per adattare la politica dei prezzi a seconda del contesto esistente al momento del lancio dei prodotti.
Evidentemente se qualcuno davvero avviasse un percorso come questo, sarebbe un concreto segnale che qualcuno crede che si possa uscire dalla crisi, soprattutto se ciò accadesse in uno di quei settori che, come il tissue, non hanno avuto protezioni specifiche dalla crisi. La decrescita felice è solo l’illusione che tranquillizza i pavidi, non è la filosofia di una società sana.
A mio modestissimo avviso, e contro quelle paure che sono assolutamente anche mie, dobbiamo pensare a cosa sarà il futuro di questo continente, e credere che non sia un futuro di devastante declino.
E allora crollare, forse, ma avendo combattuto al meglio, non sarà più dignitoso che aspettare inerti una fine indecorosa?

 

 

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