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Calligrafia: l’arte nata due volte

La calligrafia è l’arte di scrivere in bella forma. Il termine deriva dalle parole greche graphein (scrivere) e kallos (bello). Ma una bella scrittura o uno stile elegante non sono sufficienti a ottenere una vera calligrafia, come non è sufficiente saper disegnare o suonare uno strumento correttamente

Nico Zardo 


Nell’esercizio della calligrafie la conoscenza e il rispetto delle regole sono elementi essenziali. Occorre lungo esercizio per far sì che la mano non debba chiedere alla mente come deve muoversi ma agiscano insieme per esternare le esigenze profonde di un istinto armoniosamente coltivato. 

La calligrafia occidentale, che qui consideriamo, nasce con le esigenze organizzative di Roma Imperiale che con la regolarità, e la disciplina ha fatto della scrittura un elemento unificante e di presenza del potere nei suoi dominii. Regolarità e disciplina sono i pilastri su cui il monachesimo cristiano, sostenuto dalla fede, ha conservato e tramandato, attraverso le scritture, la cultura occidentale.

 

GLI ASPETTI FORMALI DELLA SCRITTURA si sono espressi con una calligrafia che rispecchia, di volta in volta, i mutamenti storici, le accelerazioni o i rallentamenti della storia, i gusti estetici e gli strumenti utilizzati per tradurre i pensieri in parola scritta.
Il modello di riferimento della nostra scrittura, chiamato “Capitale Romana”, è quello dell’iscrizione incisa alla base della colonna di Traiano a Roma. Il suo aspetto è determinato dal materiale su cui è incisa e dagli strumenti utilizzati: le lettere venivano dipinte sulla pietra con un pennello e poi incise con lo scalpello in modo di ottenere la caratteristica sezione a “v” del solco che facilitava un effetto di chiaroscuro in quanto uno dei lati dell’incisione rimaneva sempre in ombra.
Agli albori della civiltà cristiana, in ambito librario e amministrativo, si assiste al passaggio dal rotolo di papiro (volumen) ai fogli di pergamena legati insieme (codex), e come strumento per la scrittura, il pennello viene sostituito con il calamo, una specie di canna palustre rastremata in punta.
Dopo il III° secolo quando diventa religione di stato, il cristianesimo favorisce la nascita della “Onciale” (“carattere grande” ) che propone forme morbide e arrotondate vergate con una cannuccia o la penna d’oca su una superficie liscia come la pergamena o la carta-pecora.

 

CON IL CROLLO DELL'IMPERO ROMANO sono i monasteri, in particolare dei Benedettini, che ereditano il compito di raccogliere e tramandare la cultura e la conoscenza, grazie a un meticoloso lavoro di copiatura degli antichi codici. Gli scriptores amanuensi lavoravano in silenzio: “tre dita scrivono”, lasceranno scritto, “ma è tutto il corpo che fatica, come il marinaio sospira il porto, così lo scrivano l’ultima riga”.
Carlo Magno, salito al trono nel 771, oltre a favorire una intensa opera di alfabetizzazione, sente la necessità, come gli antichi romani, di una scrittura comune a tutto il suo Sacro Romano Impero. Affida questo compito ad Alcuino di York, monaco anglosassone di grande esperienza, che crea un sistema di scrittura di grande chiarezza e leggibilità, la “Minuscola Carolina”, che prevedeva, tra le novità, di distanziare una parola dall’altra (prima tutte unite) e l’accorgimento di usare lettere di forma diversa in una stessa pagina.

 

CON IL DIFFONDERSI DELLA PRODUZIONE LIBRARIA, che dopo l’XI° secolo non fu solo ad appannaggio dei monasteri ma si sviluppa anche attorno alle nascenti Università (Bologna, Parigi, Padova), le esigenze di risparmio di materiale e di un sistema di copiatura più semplice e veloce imposero una scrittura più stretta, angolosa, compatta; con uno sviluppo verticale e un minore spazio tra una riga e l’altra: era nata la “Gotica”, ovvero barbara. Questa conosce grande diffusione e molte varianti locali. La “Textura”, così detta per la trama fitta fu adottata da Gutenberg per stampare, nel 1455, la sua Bibbia a 42 righe, cercando di riprodurre le qualità del manoscritto. In Italia la gotica si concede delle linee più arrotondate che si riflettono sul nome, “Rotunda”. E mentre in Europa resta in uso fino agli inizi del XV° secolo, nei paesi di lingua tedesca il gotico è presente fino agli anni ‘40 del XX° secolo.

 

CON L'UMANESIMO E IL RINASCIMENTO si manifesta una rinnovamento laico basato su nuove concezioni sociali. Si pensa che con la cultura gotica si sia perso il senso della bellezza insita nel classicismo latino e greco. La ricerca nel passato di questi valori porta a documenti di scrittura Carolina, erroneamente considerata l’originale, in assenza di reperti più antichi. Ed è da questa che nasce la scrittura “Umanistica” detta anche “Littera Antiqua”, adottata da Petrarca e con la quale il calligrafo Niccolò dei Niccoli (1363-1437) trascrisse la maggior parte delle opere classiche.

 

IL DIFFONDERSI DEI SISTEMI DI STAMPA cambia sostanzialmente la figura del calligrafo. Prima legato a un lavoro quantitativo nella copiatura dei libri, ora, la sua arte viene qualificata e impiegata per scritti di pregio o documenti ufficiali dove la chiarezza di lettura e la qualità formale qualificano i contenuti e chi li emette: la nuova grafia prende il nome di “Cancelleresca” o “Italica”. Utilizzata per documenti notarili e nelle cancellerie, si caratterizza per l’eleganza dei tratti che spesso si muovono tra le parole formando svolazzi e l’ariosità della pagina che offre una vista complessiva movimentata e dinamica. Il padre di questa nuova scrittura è considerato Ludovico degli Arrighi che la illustrò nella sua “Operina” (Roma, 1522), dandole la denominazione Cancelleresca.

 

CONSIDERATO L'ULTIMO DEI CALLIGRAFI, Giovanni Francesco Cresci, scriba del Vaticano, raccoglie le esperienze dei predecessori e, nel 1570 pubblica un trattato, “Il perfetto scrittore” dove indica le regole di una nuova scrittura, detta “Bastarda”, che evolve la Cancelleresca dandole forte inclinazione a destra, legando tutte le lettere tra loro e mantenendo un tratto omogeneo, grazie all’uso anche della penna di tacchino (da poco arrivato dalle Americhe), più resistente, con punta affinabile e più flessibile di quelle fino ad allora utilizzate.
La nuova scrittura ha grande fortuna in Europa e Oltreoceano. Mentre nel 1760, in Francia, Charles Paillasson la fa conoscere con diverse tavole dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert arricchendola con svolazzi baroccheggianti, in Gran Bretagna, viene interpretata in forma di sobria eleganza e chiamata “Copperplate”, nota in Italia come “Corsivo Inglese”. In America verrà interpretata da Platt Roger Spencer prendendo il nome di “Spencerian”.
Le difficoltà pratiche di scrivere con tratti fini saranno superate a metà Ottocento con le nuove tecnologie che consentiranno di utilizzare il pennino di metallo e la carta liscia prodotti industrialmente.

 

PER REAZIONE AL PROCESSO INDUSTRIALE sviluppatosi in Inghilterra a metà ottocento, che pone la macchina al centro di un progresso senza limiti, con il conseguente decadimento del gusto della forma degli oggetti d’uso, nasce un movimento che riscopre l’importanza e il valore, anche spirituale, delle vecchie arti.
Il suo promotore è William Morris (1834-1896): produce mobili, carte da parati, stoffe, oggetti d’uso e raccoglie attorno a sè amici che condividono l’idea di privilegiare la soddisfazione personale, la dignità sociale del lavoro manuale degradato dall’industrializzazione. Intorno a Morris si sviluppa il movimento delle “Arts and Crafts” (Arti e mestieri) che attraverso l’analogo movimento Werkbund (Lega del lavoro) porterà al Bauhaus.

 

GLI INTERESSI DI MORRIS PER L'ARTE DEL LIBRO E LA CALLIGRAFIA VENGONO EREDITATI DA EDWARD JOHNSTON (1872-1944), un ex studente di medicina di Edimburgo che con grande impegno studia i monoscritti conservati al British Museum e riscopre, ricreandola, l’arte della calligrafia, dandole la dignità di arte autonoma.
Ripercorre, approfondendo e recuperando le forme e le tecniche della calligrafia, ripartendo dalle origini e riscoprendo i segreti della preparazione della penna, la sua forma e le sue inclinazioni che determinano le qualità dei tratti, della pergamena e degli inchiostri. Viene chiamato a tenere corsi prima alla scuola di arti e mestieri di Londra e poi al Royal College of Art, formando una nuova generazione di calligrafi di grande valore quali Thomas James Cobden-Sanderson (che fonderà la Doves Press) e Eric Gill (figura leggendaria nell’incisione, nella scultura, nel disegno del carattere).
Nel 1906 Johnston pubblica il suo magnifico manuale, Writing & Illuminating & Lettering (tuttora periodicamente ristampato) che costituisce la sintesi di tutti gli anni della sua ricerca. Nella prefazione egli scrive: “le qualità essenziali del disegno delle lettere sono leggibilità, bellezza, distinzione, e queste possono essere trovate in innumerevoli iscrizioni degli ultimi duemila anni. Ma da quando le tradizioni degli antichi amanuensi e stampatori e incisori sono decadute, ci siamo così abituati a forme e composizioni degradate che, a stento, ci rendiamo conto di quanto sia povera la gran parte dello scrivere moderno”.

 

GRAZIE AL LAVORO DI JOHNSTON la cui opera è stata apprezzata e sviluppata in tutti i paesi occidentali, la calligrafia oggi ha trovato nuova vita, viene praticata e approfondita da molti cultori appasionati e trova ampio impiego nelle comunicazione d’immagine che richiede una forte mediazione emozionale. Dai loghi dei prodotti alle titolazioni dei manifesti cinematografici, il calligrafo, grazie a competenza e capacità artistica, è in grado di superare la reiteratività del carattere tipografico introducendo sensazioni e ritmi che aggiungono espressività uniche ai contenuti che si desiderano trasmettere.

 

Note 1. Giovanni Lussu, “Il rinascimento calligrafico in Europa”, in “Calligrafia 1991-1995”, AA. VV., Nuovi Equilibri , 2007, p.17

 

 

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