PJL-42

Il salvatore delle madri

I ricercatori scientifici hanno sempre avuto grande difficoltà ad affermare i risultati del loro lavoro: pur avendo salvato migliaia di vite i meriti di Ignac Semmelweis forono riconosciuti solo molti anni dopo la sua morte. Vi raccontiamo la sua storia.

Nico Zardo


A metà del 1800 per una donna indigente che doveva partorire all’Allgemeines Krankenhaus, il miglior ospedale di Vienna e probabilmente del mondo, si poneva un terribile dilemma: sarebbe stata ricoverata nella prima o nella seconda divisione della struttura sanitaria di ostetricia? Nell’ospedale viennese precise statistiche indicavano che nella prima divisione, diretta dal dottor Klein, e frequentata da medici studenti di ostetricia, le percentuali di decessi era largamente superiore al 10%, mentre quella della seconda divisione diretta dal dottor Bartch, dove le partorienti erano assistite da levatrici, arrivava al 1%.

Per le signore di borghesia agiata il problema non si poneva perché potevano permettersi di partorire in casa ma per le donne del popolo il timore di questa scelta era reale.

La Commissione Imperiale incaricata nel maggio 1846 di far luce sulla questione non era approdata a risultati significativi e, d’altra parte, la medicina era ancora in molta parte basata su principi ippocratici che guardavano al malato nel suo complesso e i metodi di analisi delle patologie che potevano collegare sintomi e organi o tessuti malati stavano muovendo i primi passi grazie all’attività di alcuni medici.

Le cause della febbre puerperale indicate a quel tempo erano piuttosto vaghe e fantasiose: veniva attribuita al deterioramento del latte materno, a miasmi velenosi, a influenze cosmo telluriche. In buona sostanza poco si sapeva dell’origine del male e, a maggior ragione, nulla si conosceva dei possibili rimedi.


La fama di eccellenza scientifica dell’Allgemeines Krankenhaus era associata alla presenza di medici come Karl von Rokitansky titolare della cattedra di anatomia patologica dal 1844: attraverso accurati esami necroscopici di tutti i pazienti deceduti nell’ospedale si era impegnato in uno studio sistematico delle malattie, a una loro classificazione, e all’organizzazione di questi dati per un loro utilizzo in fase di diagnosi; Josef Škoda, professore di clinica medica, portava avanti gli studi del medico francese René Laënnec (inventore dello stetoscopio nel 1816) perfezionando le procedure diagnostiche che si avvalevano di “palpazione” e “auscultazione” degli organi (si scoprì che battere su un dito disteso di una mano premuta sul petto forniva udibili indizi sul grado di normalità del polmone) e Ferdinand von Hebra, che contribuì in modo determinante a mettere le basi della moderna dermatologia.

Se, come detto, in molti settori della medicina l’ospedale viennese era all’avanguardia per conoscenze e qualità di prestazioni, l’ambito dell’ostetricia, tradizionalmente gestita da levatrici, solo da pochi anni aveva interessato i medici grazie alla nascita, a metà del 18° secolo di specifiche scuola negli ospedali Hôtel-de-Dieu di Parigi e al The Rotonda di Dublino.


Nel febbraio del 1846, in un contesto di grandi fermenti scientifici e sociali, Ignác Semmelweis, dottore in chirurgia e ostetricia, inizia a collaborare all’interno della prima divisione di ostetricia dell’Allgemeines Krankenhaus e, con il sostegno di Rokitansky, può farsi una preziosa esperienza dissezionando i cadaveri delle donne morte per malattie ginecologiche. Quando, nel marzo 1847, diventa assistente del dottor Joann Klein, direttore della prima divisione, Semmelweis, grazie anche a un periodo di lavoro presso la divisione di maternità dell’ospedale di Dublino, può vantare una buona conoscenza del suo lavoro e dei problemi specifici legati alla febbre puerperale.


Nato a Buda, in Ungheria, nel 1818 da una famiglia benestante di commercianti, si era laureato nel febbraio 1844 con una tesi sulla vita delle piante. Di altezza media, corporatura robusta, occhi azzurri, aveva cominciato presto a perdere i suoi capelli biondi. Simpatizzante per i secessionisti ungheresi, era conosciuto per i suoi atteggiamenti gioiosi e allegri che lo portavano a sorridere anche quando i suoi colleghi lo prendevano in giro per il suo particolare accento tedesco, motivo di scherno sia a Vienna che a Buda.

Sin dall’inizio del suo incarico Semmelweis dedicò tutte le sue energie al lavoro in corsia e agli esami necroscopici su corpi di donne decedute per febbre puerperale. Erano così tanti i casi della malattia nella prima divisione e sui tavoli dell’obitorio che i medici venivano in visita per studiarli da varie parti d’Europa.


In assenza di motivazioni evidenti erano prese in considerazione tutte le possibili cause del male, tra queste si riteneva che il suono della campanella che annunciava l’avvicinarsi del pastore che avrebbe dispensato i sacramenti alle donne ormai in fase terminale, creasse una condizione di tragica disperazione sulle altre degenti. Semmelweis, comprendendo l’effetto fortemente negativo di questo rito, chiese che fosse eseguito in modo più discreto. La diversa presenza di personale curante, medici nella prima divisione da una parte e levatrici nella seconda, aveva fatto nascere la convinzione che la semplice presenza di ostetrici maschi ferisse il pudore della madre partoriente, conducendola ai cambiamenti patologici che le avrebbero portato via la vita. Queste considerazioni cercavano di giustificare l’alta incidenza della malattia nella prima divisione, ma non potevano rendere conto del fatto che ad assistere le madri dell’alta società nei loro parti casalinghi fossero – molto spesso - ostetrici maschi, e che in questi casi gli episodi di febbre puerperale erano rari.

Per il direttore Johann Klein e i suoi collaboratori, la febbre puerperale era il risultato di una qualche influenza non specifica che aleggiava sulla prima divisione più che sulla seconda, contro cui essi si proclamavano impotenti e privi di colpa.


Semmelweis pur essendo appena agli inizi della carriera, sapeva che nessuna delle spiegazioni offerte era sostenibile. Ricoverare nei letti della prima divisione giovani donne in buona salute e poi vederle ammalarsi e morire sotto i suoi occhi nel giro di pochi giorni, era un pensiero troppo inquietante: si convinse che doveva essere trovato un modo per porre fine a quella carneficina, e che sarebbe stato lui a trovarlo.

Si ritenne personalmente responsabile del benessere delle donne assegnate alla prima divisione: andò in cerca di sapere in biblioteca, in sala settoria e al capezzale delle pazienti; confrontò le opinioni degli inglesi favorevoli alla teoria del contagio con quelle dei loro avversari; studiò le prove - o la loro assenza - su cui erano state fondate le varie teorie che potessero riferirsi all’origine del problema, sia che fossero cosmo telluriche sia basate sull’interpretazione delle autopsie.

Elaborando i dati della sua ricerca e considerando le osservazioni obbiettive e verificabili giunse a dar forma ai diversi aspetti del problema presente all’Allgemeines Krankenhaus.


I risultati di questo lavoro si articolavano in diverse osservazioni: • in ciascuna delle due divisioni di ostetricia dell’ospedale ogni anno avvenivano mediamente 3000-3500 parti. Nella prima divisione dove lavoravano dottori e studenti in medicina morivano di febbre puerperale sei/settecento madri, mentre nella seconda, dove prestavano lo loro opera ostetriche e studentesse di ostetricia i decessi erano sessanta;

• le statistiche dimostravano che non c’era relazione tra la mortalità delle donne e la stagione.

• le chiusure temporanee della prima divisione portavano a un fermo della mortalità e le donne che partorivano altrove non si ammalavano;

• il bambino nato da una donna in seguito morta per febbre puerperale frequentemente moriva a sua volta per una febbre simile a quella della madre.

Questi fatti dimostravano che, all’origine della febbre puerperale non poteva avere a che fare né con un’epidemia né con i miasmi. E che la causa dell’anomala quantità di decessi dovesse essere cercata all’interno della prima divisione dell’ospedale.


La chiave di comprensione del mistero tocca Semmelweis in modo improvviso e drammatico.

Nel marzo 1847 un suo caro amico, il medico Jakob Kolletschka, muore per una infezione in seguito a una ferita accidentale a un dito causata dal coltello di uno studente mentre conduceva un’autopsia medico-legale.

Quando il suo corpo viene dissezionato, gli organi e i tessuti presentavano anomalie identiche a quelle comuni nelle donne vittime della febbre puerperale. Dopo aver letto il risultato dell’autopsia, così descriverà lo stesso Semmelweis il momento della sua scoperta:

“immediatamente mi fu chiaro che la febbre puerperale, la fatale malattia dei neonati e la malattia del professor Kolletschka erano esattamente la stessa, perché in tutti quei casi erano riscontrabili, dal punto di vista patologico, gli stessi cambiamenti anatomici. Se, perciò, nel caso del professor Kolletschka la sepsi generale [contaminazione del sangue] era derivata dall’inoculazione di particelle del cadavere, allora la febbre puerperale doveva originarsi dalla stessa sorgente. Ora era solo necessario decidere dove, e attraverso quali mezzi, nei casi di parto venivano introdotte le particelle di un cadavere putrido. La cosa importante è che la fonte di trasmissione di quelle particelle di cadavere veniva a trovarsi sulle mani degli studenti e dei medici curanti”.1


L’origine del “morbo” era chiaro: veniva trasmesso dalle mani degli studenti e dei medici curanti che arrivavano alla prima divisione direttamente dopo aver lavorato nella sala settoria, dove avevano esaminato cadaveri di donne morte da poco di febbre puerperale. Poiché non sembrava esservi ragione per lavarsi le mani, se non superficialmente, o per cambiarsi i vestiti, prima di entrare nella prima divisione non facevano nessuna delle due cose. Portavano la materia invisibile che passava direttamente dalla sua fonte alle donne in travaglio.

Con un’unica intuizione, Semmelweis aveva identificato la natura della febbre puerperale e trovato un modo per prevenirla. Infatti, dopo che aveva disposto che il personale sanitario, entrando nella prima divisione, e prima di accostarsi a una donna in travaglio si lavasse le mani con cloruro liquido diluito, normalmente usato per eliminare l’odore dai materiali putridi, in poche settimane la mortalità scese al 3% e l’anno successivo a poco più dell’1%!


Questi risultati avrebbero dovuto suscitare il plauso e l’interesse da parte della comunità medico-scientifica, al contrario attirarono risentimento e invidia. La sua condizione di straniero ungherese (simpatizzante per i moti irredentisti della sua patria) e il suo atteggiamento fortemente risoluto nel richiedere l’applicazione delle innovative disposizioni igieniche furono considerate offensive sia dal personale che del direttore Klein che non gli fece rinnovare il contratto.

E' indubbio che la scoperta di Semmelweis era difficile da accettare da parte di tutti quei medici che con il loro comportamento, sebbene involontario, avevano causato la morte di tante donne. La dimostrazione della contaminazione batterica fu data da Pasteur solo nel 1864 e, prima di allora, le scoperte di Semmelweis vennero screditate e le morti ripresero ad essere ingenti.


Tornato in Ungheria Semmelweis applicò i risultati delle sue teorie nell’ospedale San Rocco di Pest, ottenendo risultati positivi nei casi di fabbre puerperale. I tentativi di dimostrare la qualità dei suoi risultati con scritti e conferenze non ebbero effetto sulla comunità scientifica che gli rimase in gran parte contraria. Questa situazione minò profondamente il carattere e la mente di Semmelweis che finì in manicomio dove morì nel 1865. Anni dopo, i lavori di Louis Pasteur e Joseph Lister, inventore dell’antisepsi, dimostrarono la qualità delle intuizioni di Semmelweis al quale, riconosciuti i suoi meriti, nei primi anni del 1900 la città di Budapest eresse un monumento tombale, una statua e a lui dedicò la Clinica di Ostetrica dell’Università. *


Note

1 Sherwin B. Nuland “Il morbo dei dottori. La strana storia di Ignac Semmelweis” , Codice edizioni, 2004, p. 73

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