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Che succede in America Latina?

Dal Messico all'Argentina, per più di un decennio la regione latino-americana è stata occupata ad affermarsi come una sorta di centrale elettrica dell'economia mondiale, relegando apparentemente nel passato tanto l'alternanza tra boom e declino quanto l'instabilità politica.

Ian Bell, Responsabile Globale Ricerca Tissue e Igiene - Euromonitor International


Anche se questa visione dell’America Latina sembra essersi un po’ appannata negli ultimi tempi, con il rallentamento dell’economia brasiliana e la ricomparsa dell’instabilità in alcuni Stati, la regione continua a presentare le prospettive più dinamiche per il tissue dopo la Cina.

Detto questo, si avverte la sensazione che, nonostante un andamento economico e demografico molto favorevole, negli ultimi dieci anni l’America Latina potrebbe aver perso un’occasione per radicare l’uso di tissue tra i consumatori. Se è vero che sul piano di un confronto internazionale con l’Europa dell’Est, per esempio, la quale presenta un profilo di reddito simile, ma un rapido invecchiamento della popolazione, si ha una condizione di parità sostanziale in termini di consumo pro capite, l’America Latina, con la sua popolazione più giovane, avrebbe potuto approfittare di opportunità decisamente maggiori per il tissue durante gli anni del boom, che ora sono più difficili da cogliere con un’economia in frenata, anche se temporaneamente.


Tissue, precursore di sviluppo. Sebbene il consumo di tissue non possa essere considerato come misura scientifica di riferimento per lo sviluppo economico, esso funge comunque da indicatore dell’andamento del reddito e tende ad anticipare come e con quale successo la nuova ricchezza viene distribuita nella società. Ciò potrebbe riguardare la creazione di posti di lavoro o l’aumento del reddito personale, ma anche progetti infrastrutturali, il cui esito sia un marcato miglioramento in ambiti quali abitazioni e servizi igienico-sanitari. Mentre ci sono paesi come l’India, in cui i precetti culturali e religiosi rappresentano un autentico freno per lo sviluppo del tissue, nulla di tutto questo è particolarmente evidente in America Latina.

Se si guarda al consumo pro capite della regione latino-americana nel suo complesso, i 3,6 kg del 2013 indicano un basso rendimento, tenuto conto dei livelli di reddito. Nello stesso periodo, l’area Asia-Pacifico ha fatto registrare la cifra di 1,8 kg; considerato che circa la metà della popolazione di questa regione (concentrata in gran parte nell’Asia meridionale) consuma relativamente pochi (eventuali) prodotti tissue, il consumo pro capite di tissue dei paesi che ne fanno uso è in realtà abbastanza simile. Confrontando i giganti economici di ciascuna regione, il consumo pro capite della Cina ha superato quello del Brasile nel 2012, nonostante il Brasile avesse di gran lunga il profilo reddituale più forte e nessuna carenza di risorse per la produzione di pasta.


Prezzi e penetrazione. Mentre la domanda sembra essere forte in America Latina, una parte del problema è sicuramente rappresentato dai prezzi. I prezzi al dettaglio restano alti, sia in tutto il continente sia secondo gli standard internazionali, con prodotti tissue che costano mediamente US $ 4,40/kg. Il confronto appare negativo con la Germania, per esempio, dove lo stesso chilo di tissue si avvicina più a un prezzo di US $ 3,50; la prevalenza di marchi privati e forti catene di distribuzione è una delle ragioni principali di questa differenza inaspettata, ma è ugualmente possibile che le economie inflazionistiche di Venezuela e Argentina influenzino la media regionale verso l’alto, sebbene anche in Brasile i prezzi siano altrettanto elevati.

Il mercato latino-americano del tissue è molto polarizzato, al pari della distribuzione del reddito. Ciò influenza i modelli di acquisto, il che significa che i prezzi medi sono più alti di quanto molti consumatori dei mercati sviluppati riterrebbero accettabile. In una regione benedetta dall’abbondanza di risorse naturali, gli investimenti in nuove tecnologie di produzione - per esempio CMPC nel 2013 - possono essere una buona notizia e contribuire a ridurre l’influenza del fattore prezzo sulla frammentata struttura distributiva.


Problemi di approvvigionamento. In Venezuela, la vista degli scaffali dei supermercati vuoti, gli stessi su cui un tempo troneggiavano pile di carta igienica, è un esempio interessante di come la questione prezzi possa diventare negativa. I controlli sui prezzi esercitati dal Governo hanno reso la produzione di tissue letteralmente impraticabile per la maggior parte se non per tutti i produttori nel 2013. Quando il tissue compare sugli scaffali, raramente ci rimane a lungo, il che dimostra che la domanda è abbastanza forte, al punto da richiedere importazioni di carta igienica di emergenza e perfino l’arruolamento dell’esercito venezuelano come nuovo produttore di tissue.

Sebbene in Argentina la situazione non sia così negativa, il tissue ha subito qualche scossone nel 2013, almeno in parte a causa dei controlli sui prezzi introdotti nel corso dell’anno. Questi hanno imposto livelli massimi di prezzo a 500 marchi leader di beni di largo consumo a rotazione elevata (Fast Moving Consumer Goods o FMCG), in quello che sempre più viene visto come un vano tentativo di fermare la tendenza inflazionistica “reale”, che nel 2013 ha corso a ritmi del 30%. Questo ha nuovamente causato carenze in alcuni casi, con i produttori che hanno colto l’occasione per cambiare marchio o avviare la produzione di marchi privati, facendo in modo che i loro prodotti non fossero ricompresi nella lista di controllo dei prezzi. In entrambi i casi -Venezuela e Argentina - il tissue è diventato un argomento vagamente politicizzato, il che riporta alla mente gli anni 70 e lo choc petrolifero del Giappone o l’inverno del malcontento nel Regno Unito, quando la mancanza di prodotti tissue in generale e di carta igienica in particolare diede un chiaro segnale della gravità dei problemi affrontati in quel momento.


Avanti con l’internazionalizzazione? In America Latina sussistono evidenti disparità in termini di reddito, così come è vero che vi sono disparità anche nel più ampio contesto degli scambi internazionali; è il caso della Pacific Alliance, che promuove il libero scambio e si concentra sulle economie asiatiche a rapida crescita come alternativa alle politiche protezionistiche sostenute dai membri del Mercosur, tra cui Argentina e Venezuela. Mentre l’influenza del defunto presidente venezuelano Hugo Chavez, alfiere delle nazioni di sinistra che hanno respinto l’”imperialismo” statunitense e il libero scambio, sembra essere in declino, la combinazione tra inflazione elevata, quando non iperelevata, e scaffali vuoti potrebbe essere sufficiente per favorire una svolta politica.

Se i cambiamenti nel gruppo Mercosur possono avvenire solo lentamente, la Pacific Alliance potrebbe portare alcuni interessanti cambiamenti sul mercato del tissue. Nel corso degli ultimi cinque anni, i produttori cinesi si sono buttati a capofitto in una sorta di corsa agli armamenti per incrementare nuova capacità di produzione, che oggi ha portato a una certa internazionalizzazione dell’industria del tissue. Mentre il trasporto di tissue una volta era quasi sconosciuto, i transiti di bobine madri (jumbo) e anche prodotti trasformati in tutta l’area del Pacifico sono in fase di rapida crescita. I legami più stretti con l’Asia potrebbero aprire anche il versante pacifico dell’America Latina a questa internazionalizzazione, con il risultato che, al traino di prezzi più elevati, si potrebbe infine assistere a un cambiamento fondamentale per il settore in tutta l’America Latina. *


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